L’arte, nel momento stesso in cui entra in una casa d’aste, inevitabilmente muore.
Che cos’è l’arte poi
se non l’insieme delle personali emozioni davanti ad un qualcosa.
Una lettura introspettiva,
un testo che parla tutte le lingue del mondo,
nessuna esclusa.
Forse l’arte non è neanche questo…
L’arte è… Denuncia sociale!
La rabbia graffiante e sanguinaria
schizzata sui mattoni di chissà chi
quando la grande S non guarda,
non capisce,
Non può farlo.
L’arte è denaro sonante,
opinioni costruite e studiate sulla base
cartacea di chi si infarcisce la mente di etichette.
Snobbismo da pseudointellettuali con le tasche bucate dal commercio che tende a classificare ogni cosa nell’avidità casalinga! Si!
Per la casa! Collezione! Mura ripiene di firme note!
Siamo sicuri che l’arte esista veramente?
Oppure trattasi semplicemente di un qualcosa di puramente umano e libero.
Di sinceramente sentito, provato dagli occhi fin nelle vene
quando sotto la pelle
quell’energia
vibra
fremente
Strappando ogni altra cosa…
Leggi per credere
di essere
quelle parole
che volano,
ti prendono da terra e
il mondo si fa piccolo,
distante anni luce mentre
il profumo della carta
si espande tutt’intorno.
Tu sei lì.
In quei posti,
nell’azione che trascina
alla prossima riga
scritta con l’anima di
chi vuole parlare… Parlarti.
È sottile questa mia anima di carta
che stringi fra le mani,
pagata e studiata.
Cerca di colpirti,
urla qualcosa esponendosi
leggiadra…
L’hai raccolta da terra,
e ripulita dalle tracce del mondo.
La fissi,
guardi la forma,
il colore,
senti la consistenza e non capisci…
Non capisci quanto sia delicata.
L’emozione si siede già accanto a te nell’istante stesso in cui prendi posto nella cabinovia che da Siusi ti conduce, in circa 20 minuti, sull’Altopiano.
A valle sei già a quota 1000 e sai che arriverai fino a quasi 1900 metri, eppure non riesci nemmeno ad immaginare cosa ti aspetta in cima, dove si estende l’altopiano più grande d’Europa: 56 chilometri quadrati.
E mentre t’incanti nel guardare il panorama che inizia lentamente ad abbracciarti, vedi gli altri che passano dal lato opposto al tuo e li saluti, quasi come li conoscessi da tempo, da sempre, perché il condividere emozioni così forti ti fa sentire parte di un tutto.
Arrivare alle Alpe di Siusi è giungere in una dimensione che sta tra l’onirico e il surreale, perché sembra di essere protagonisti di un sogno e parte di un paesaggio che credevi esistesse solo nella favole.
Appena scesi dalla cabinovia che quasi ti aspetti che da un momento all’altro sbuchi fuori il coniglio di Alice( la bambina del Paese delle Meraviglie) e ti chieda di seguirlo…e tu gli dici di sì, lo segui quel coniglio immaginario, tanta è la magia che avvolge tutto il paesaggio circostante.
E mentre ti incammini sui sentieri, non puoi fare a meno di pensare ad Heidi, la famosa protagonista dell’omonimo cartone animato…lei viveva con il nonno sulle Alpi svizzere e qui siamo in provincia di Bolzano, nella cornice dolomitica, ma le montagne si somigliano e quando ti entrano dentro non conoscono confini.
Allora comprendi così facilmente il motivo per cui la piccola Heidi piangeva a Francoforte, lontana dal nonno, dalle sue montagne, dai prati che si perdono a vista d’occhio, proprio come avviene alle Alpe di Suisi. Cartelli in legno ti indicano i vari sentieri nei quali ti puoi addentrare, mentre baite sono sparse qua a là per poter rifocillarti.
L’aria è cristallina, non si sente altro che l’odore dell’erba e non c’è altro suono che il fruscio del vento.
Prendiamo il sole su una sdraio, ma non riusciamo a tenere gli occhi chiusi davanti a tanta bellezza del panorama dolomitico.
E quando vai via, non vorresti farlo e quel coniglio che credevi di aver incontrato, appena scesi dalla cabinovia, sembra ti voglia trattenere… saliamo, alla fine, sulla cabinovia e ci voltiamo indietro fino a quando dietro di noi quell’alpeggio sconfinato scompare dalla vista, pur se resterà per sempre impresso negli occhi, nell’anima, nel cuore…
Cari lettori, eccomi tornato alla “normalità” con una ricetta povera di grassi saturi ma gustosissima!
É classificato come un antipasto…perché l’ho chiamato consistenze?!
Bene, ogni volta che cucino voglio trasmettere delle emozioni alle persone che mangiano il mio piatto attraverso,in questo caso, varie consistenze preparate con la stessa materia prima e poi, parliamoci chiaro…se non si mette un pizzico di sana follia e tanta passione in quello che si fa, si sta semplicemente preparando del cibo, quindi ho deciso di prendere due elementi, in questo caso, delle zucchine romanesche a “kilometro 0” direttamente dal mio orto e del merluzzo.
Ho preparato la zucchina in vari modi:
1) una cotta al vapore aggiungendo solo del sale grosso e del pepe a fine cottura (poiché se la zucchina é di alta qualità non ha bisogno di condimenti extra)
2) un altra,l’ho fatta stracuocere per creare una salsa bella liscia e setosa.
3)l’ho saltata in padella per 2 minuti a fiamma alta
4)infine con un’ altra zucchina ho ricavato dei veli per realizzare l’involucro del mio “cannolo vegetale”
Dopo aver eseguito tutti questi passaggi, ci dedichiamo al merluzzo. Semplicemente si fa bollire in una pentola con latte,sedano,carota,cipolla,chiodi di garofano e noce moscata. Dopo averlo cotto si mette in una planetaria e si “monta” aggiungendo a filo un po’ di liquido di cottura e del buonissimo olio extravergine d’oliva e otterremo una farcia bella “areosa”. Disponiamo su un foglio di pellicola i veli di zucchina e mettiamo su di essi la farcia, arrotoliamo così da ottenere il cannolo vegetale.
Disponiamo gli ingredienti in base al nostro estro. Avremo un trionfo di verde in tutte le sue forme,consistenze e sfumature. Mi raccomando, in cucina non ci sono limiti: sbizzarritevi e sperimentate.
C’è confusione tra prevenzione primaria e diagnosi precoce, è per questo che oggi proveremo a fare chiarezza parlandone con il Dottor Raffaele Leuzzi, Specialista in Oncologia Chirurgica e Senologia Diagnostica, il quale, in una precedente intervista, ci ha già chiarito la stretta correlazione tra alimentazione e progressione del cancro.
“Tra gli strumenti della prevenzione c’è prima di tutto il cibo e lo stile di vita, che dovrebbero essere visti con tutta la loro valenza preventiva. La prevenzione può, infatti, ridurre l’incidenza del cancro, mentre la diagnosi precocelimita i danni del tumore riducendo la mortalità. E qui la differenza è grande, come si può ben capire”.
Lo strumento della diagnosi precoce per eccellenza è la mammografia digitale diretta o la 3D e anche qui occorre fare chiarezza sulla fascia d’età nella quale deve essere effettuata: “Lo screening mammografico andrebbe effettuato dai 40 anni in su e non c’è un massimo d’età, quindi quando si leggono di fasce d’età diverse da quelle ora citate, è perché il Servizio Sanitario Nazionale offre uno screening che è un LEA, ovvero un livello essenziale di assistenza, dettato dall’interesse sociale e si basa sul rapporto costi/benefici. Il SSN effettua screening su una popolazione femminile apparentemente sana e asintomatica per ridurne la mortalità nella fascia di età 50-69 anni. Ma le donne devono sapere che la diagnosi precoce è un bisogno che comincia prima strettamente personale e quindi volontario. Lo screening non prevede nulla a 40-49 anni e dopo i 69 anni, solo di recente alcune regioni praticano lo screening da 45 a 74 anni. Non c’è un tetto massimo per il rischio di cancro al seno, se consideriamo poi che l’età maggiormente a rischio è dopo i 40 anni, con picchi sui 55, mentre la mortalità più alta la si registra dopo i 64 anni, vediamo quindi come ci sono fasce di popolazione ad alto rischio non coperte dallo screening.”
Fattori di rischio per l’insorgenza di un tumore alla mammella sono essenzialmente tre, ma sono fattori di rischio immodificabili: l’età, dopo i 40 anni, la familiarità e la struttura mammaria, struttura che si è profondamente modificata negli anni, come dichiara il Dottor Leuzzi: ” L’aspetto radiografico della mammella deriva dalle caratteristiche delle sue componenti: tessuto adiposo ( radiotrasparente), tessuto ghiandolare e stroma ( radio-opachi, densi ). Attualmente i seni densi si aggirano intorno al 50% e questo tipo ha una prevalenza della struttura ghiandolare, quindi è più a rischio e maschera il cancro ostacolando la diagnosi precoce. I seni, invece, delle nostre nonne erano adiposi e grandi, mentre oggi i seni sono medio/ piccoli perché l’adipe è diminuito ed è aumentata la componente ghiandolare. Per questo la diagnostica strumentale sta cercando di andare incontro a questi cambiamenti del seno, prevedendo sempre l’ecografia dopo la mammografia e in casi selezionati alle mammografie con mezzo di contrasto iodato che consente di visualizzare la neoangiogenesi, la vascolarizzazione del tumore. “
La modifica della struttura del seno, prima adiposo e grande, ora più piccolo e denso, è da collegarsi ad alcuni aspetti, quali il tipo di dieta: “Il seno grande è più facile da analizzare perché risulta essere radiotrasparente, a differenza di quello piccolo che è radioopaco. Le nostre nonne, che seguivano la classica dieta mediterranea con legumi, frutta, verdura, olio Evo, pesce azzurro, vino rosso con moderazione, pochissima carne e cereali non raffinati, praticavano, senza saperlo, una dieta che le salvaguardava dal tumore. La dieta mediterranea, oggi ridotta a brand commerciale, dovrebbe essere il modello alimentare del futuro e non è un caso che nel 2010 è stata proclamata patrimonio immateriale dell’Unesco, capace altresì, di contrastare le cosiddette malattie del benessere quali, oltre ai tumori, anche diabete, obesità e patologie cardiovascolari. La dieta non è privazione ma è regola e questa regola ci dice che dobbiamo prediligere frutta e verdura con filiera corta, a km zero, come si suol dire. La dieta mediterranea è biodiversità, è tutela del paesaggio, è cibo locale, del territorio in cui si svolge l’intero ciclo di filiera. Dovrebbe instaurarsi un’alleanza tra consumatori e piccoli produttori per assicurare che sulle nostre tavole arrivino prodotti coltivati negli stessi luoghi dove poi vengono consumati. Via libera, dunque, alla dieta mediterranea con cereali non raffinati (che contengono sali minerali, vitamine e fibre) olio E.V.O (extra vergine d’oliva), verdure, legumi, frutta secca, vino rosso con moderazione e pesce azzurro da consumare due volte la settimana. Concessa anche la carne, con un massimo di una volta la settimana ma che non provenga da allevamenti intensivi, da evitare gli zuccheri e grassi saturi, calorie vuote” dichiara il Dottor Leuzzi, il quale pone l’accento sulla differenza tra :”Cibo vero, quello naturale, stagionale, fresco, locale da agricoltura sana e da cucinare, con uso esclusivo di olio extravergine di oliva come grasso di condimento e cottura; cibo non vero, quello imballato, pronto, ultra-processato, che è insostenibile per l’ambiente e per la salute”.
Per quanto attiene al fattore familiarità, i tumori eredo famigliari sono tra il 5 e il 10% del totale dei tumori al seno, cosa fare, dunque? “ La donna, che in seguito a test genetici che mostrano modificazioni scopre l’alto rischio può prendere due decisioni: vivere con questa spada di Damocle, conducendo una vita da malata, anche se ancora non lo è, o decidere di sottoporsi a mastectomia e ovariectomia, ovvero la rimozione delle ovaie, perché i due rischi sono strettamente correlati. Due trattamenti, questi, ancora più devastanti della possibilità, in futuro, di ammalarsi di tumore alla mammella”.
Quali sono altri campi di applicazione dei test di espressione genica? “La chemioterapia adiuvante, quella precauzionale dopo l’intervento non è necessaria per una grande proporzione di donne con carcinoma mammario allo stadio iniziale.
I risultati provengono da uno studio, che ha coinvolto più di 10.000 pazienti e testato il test di espressione genica che esamina l’attività per 21 geni.
L’applicazione di questo test nella pratica clinica risparmierà la chemioterapia nel 70% delle pazienti, con carcinoma mammario ormonosensibile, linfonodi ascellari negativi e profilo genetico HER2 negativo. ll test si chiama Oncotype Dx , ed esamina l’attività di 21 geni in grado di dire qual è la terapia migliore e a chi potrebbe essere risparmiata la chemioterapia e trarre giovamento dalla sola ormonoterapia. I risultati sono stati presentati durante la sessione plenaria dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) in corso a Chicago.
Per concludere, la scelta di uno stile di vita più sano consentirebbe di prevenire più malattie di quanto non potrà fare la medicina tecnologica e di prevenire la medicalizzazione massiva delle persone. Il cibo consapevole ha valenza preventiva e terapeutica, in attesa di terapie sempre più personalizzate”.
Cari lettori sono tornato questa volta senza un piatto o una ricetta, ma con alcune tecniche di impiattamento…Come tutti sappiamo, la cucina contemporanea si basa sopratutto sul mangiare prima con gli “occhi” e, proprio per questo, oggi vi fornisco qualche idea su come impiattare con una salsa di zucchine. Buona visione e… largo alla fantasia!❤