Nella precedente intervista, la Dottoressa Francesca Sagnella, Specialista in Ginecologia e Ostetricia, Dottore di Ricerca in Fisiopatologia della Riproduzione Umana, ci ha parlato dell’infertilità e di quanto possa essere devastante, per una coppia, una tale diagnosi. Fortunatamente, la medicina può molto in questa campo. Oggi vediamo, infatti, quali sono i metodi per consentire ad una coppia la realizzazione del sogno di diventare genitori.
“ Lo studio approfondito della coppia e la comprensione delle possibili cause di infertilità rappresentano la fase più delicata. Il successo del trattamento, infatti, dipende moltissimo dalla personalizzazione delle cure ” dichiara la Dottoressa Sagnella, la quale continua: “Ad esempio, qualora il problema fosse di tipo ormonale con ripercussioni sulla presenza e/o sulla qualità dell’ovulazione, il primo approccio sarebbe quello farmacologico : ovvero si prescrivono farmaci (in compresse o iniezioni sottocutanee) per indurre l’ovulazione. Qualora l’aiuto farmacologico dovesse rivelarsi infruttuoso , oppure in caso di problematiche maschili lievi, o in caso di infertilità inspiegata (ovvero senza cause tangibili), il passo successivo sarebbe quello della inseminazione intrauterina. Questa tecnica consiste nell’introdurre nella cavità uterina, nel giorno di massima fertilità della donna, il seme del partner opportunamente trattato in laboratorio, al fine di selezionare, dal campione raccolto, gli spermatozoi dotati di maggiore motilità. La tecnica avviene in ambulatorio utilizzando un sottile catetere che viene introdotto nella cavità uterina. Non è invasiva e, una volta preparato il seme, richiede pochi minuti per l’esecuzione. Il tasso di successo di questa tecnica si aggira intorno al 18-20% di gravidanza per singolo tentativo”.
Una tecnica più complessa è quella della fecondazione in vitro (FIVET/ICSI), tecnica che ci viene illustrata dalla Dottoressa Sagnella: “Si ricorre a queste tecniche in diversi casi: ad esempio, quando le tube della donna risultino chiuse, perché è proprio nelle tube che avviene il concepimento; quando il fattore maschile risulti particolarmente alterato, oppure in caso di fallimento delle tecniche più semplici. La prima fase di un trattamento di fecondazione assistita prevede una terapia ormonale che ha lo scopo di indurre una ovulazione multipla nella donna (ossia di stimolare le ovaie a produrre più follicoli contemporaneamente). Gli attuali protocolli farmacologici sono molto più sostenibili di una volta: durano circa 10 giorni e sono generalmente ben tollerati dalle donne. Durante questa terapia è fondamentale eseguire diverse ecografie e prelievi del sangue, al fine di fornire al medico le informazioni necessarie a modulare le dosi dei farmaci. Quando si raggiungono dimensioni follicolari adeguate, si procede al prelievo degli ovuli e alla fecondazione in vitro (ossia in ogni ovulo che si vuole fecondare viene introdotto, al microscopio elettronico, uno spermatozoo). Se questa fase va a buon fine, l’ovulo fecondato si dividerà e formerà l’embrione, che verrà poi trasferito nell’utero della donna attraverso un sottile catetere”.
Chiedo alla Dottoressa Sagnella quali siano le tecniche attraverso le quali si prelevano gli ovuli:
“Gli ovuli vengono aspirati dalle ovaie sotto guida ecografica, mediante un ago che viene montato sulla sonda ecografica transvaginale. Si tratta di una tecnica che può essere praticata sia in anestesia locale che generale. Io, personalmente, eseguo molti interventi in anestesia locale. In questa fase il rilassamento è molto importante, per cui cerchiamo di mettere a proprio agio la paziente anche facendole ascoltare della musica. La fecondazione in vitro può raggiungere tassi più elevati di successo, intorno al 35-40% per singolo tentativo.
Un’altra tecnica, sempre più diffusa, è la fecondazione eterologa : “Si usano gameti femminili o maschili prelevati da donatori sani e fertili. Tale tipo di fecondazione è indicata in caso di azoospermia (assenza di spermatozoi nel testicolo), oppure in assenza di riserva ovarica (quando le ovaie hanno esaurito il loro patrimonio ovocitario). Questa condizione è sempre più frequente, per ragioni sociali (età avanzata della donna), farmacologiche (ad es. alcuni chemioterapici) oppure genetiche e ambientali (menopausa precoce). La fecondazione eterologa può raggiungere tassi molto elevati di successo, intorno al 60-65%. Tutte le tecniche, più o meno complesse, andrebbero eseguite sempre tenendo conto della fragilità emotiva di ogni donna in un contesto così delicato. Si tratta infatti di percorsi molto più difficili sul piano emotivo e psicologico di quanto non lo sia l’impatto con i farmaci e con le procedure stesse. Per questa ragione – conclude la Dottoressa Francesca Sagnella– potrebbe essere consigliabile un sostegno psicologico da parte di operatori esperti del settore che, nel centro presso il quale opero, sono sempre a disposizione dei nostri pazienti”.
Alessandra Fiorilli