Fu quello l’ultimo nostro Natale, io ti regalai quel piccolo cuscino di lana grigia e bianca che profuma ancora di te.
Fu lo stesso cuscino che portasti con te in ospedale, perché, come dicesti ritornando a casa: “In quell’ambiente freddo, che sollievo poggiare il capo sul cuscino che mi hai regalato tu, mi sembrava di stare nella nostra stanza, vicino alla mia bella bambina”.
Non portasti con te solo il mio regalo ma anche un libro di lettura delle elementari, con tutte quelle storie che toccavano il cuore, che parlavano di difficoltà e di gioie, di giorni tristi e d’estati al mare, io ti dissi che mi sarebbe piaciuto tanto riuscire a scrivere come quegli autori, semplicemente ma tenacemente, tanto da rapire la gente nell’anima e tu mi rispondesti che avrei scritto anch’io così, ci sarei riuscita se solo avessi ascoltato il cuore mentre mi dettava, con la forza dell’amore e la tenacia del ricordo, parole emozionanti, forti e dolci allo stesso momento.
È quello che sto facendo ora, non so se il risultato sarà quello sperato, so soltanto che è il mio cuore a parlare di te, è la mia anima a tirar fuori, come da un vecchio baule pieno di cose care, i ricordi che ho vivi di te, nonno.
Dopo Natale arrivò il 50° anniversario di matrimonio, regalammo a te e alla nonna quel vaso di cristallo e d’argento che tanto ti piacque, mai, però, come il biglietto d’auguri che ti scrissi io di mio pugno e che gelosamente conservasti tra le carte più importanti. Ti piaceva tanto circondarti d’oggetti belli, ricordo, in modo particolare, quel giorno in cui, al rientro dalla passeggiata pomeridiana con la nonna, ci invitasti a scendere giù da te per ammirare la scultura che ritraeva due innamorati scampati ad un naufragio, i quali erano riusciti a togliere in salvo solo se stessi: in mare avevano perso tutto, ed ora erano impauriti ma quell’abbraccio era più forte di qualsiasi privazione da sopportare, quello sguardo che si scambiavano vicendevolmente regalava più calore del fuoco, quelle mani unite e strette l’una nell’altra davano loro il coraggio necessario ad affrontare quella situazione d’emergenza.
Mi sono sentita come un naufrago, nonno, dopo la tua morte, non avevo più nulla con cui coprirmi, i miei piedi erano scalzi, attorno a me disperazione e dolore, poi, però, mi è venuta in mente quella scultura dei due innamorati che ho messo sul tavolo del mio soggiorno, in modo da poterla ammirare sempre e, all’improvviso, mi sono sentita ritornare le forze perché, anche se non potevo stringerti, abbracciarti, percepivo quell’amore che non mi faceva poi sentire tanto sola. Furono un traguardo importante, per te e la nonna quelle nozze d’oro, dicesti che eravamo noi, il miglior regalo che la vita ti avesse fatto, non ci sarebbero stati altresì festeggiamenti o bomboniere con i confetti d’oro, nessuna celebrazione, dunque, ti dichiarasti felice alla sola idea di avere costruito qualcosa e di aver rinsaldato gli affetti più cari, lasciando ad un ognuno di noi una parte di te.