Ma torniamo a quel giorno, a me che tornavo dal mercato con le piantine sistemate nel polistirolo, ben attenta a non farle cadere e con la gioia di ritrovarti lì, in giardino, seduto sulla panchina dalle minuscole mattonelle blu.
Sulla strada del mercato, gremita di gente, il mio sguardo si posò su diversi uomini anziani che trascinavano dietro di loro pesanti carrelli, seguiti a ruota dalle proprie mogli. Non erano felici, avevano il volto scuro e non si lasciavano sfuggire l’occasione per litigare con qualche passante distratto che intralciava il passaggio del loro carrello.
Pensai, però, che nonostante tutto, loro erano lì, in mezzo alla strada, a scegliere il banco di frutta più conveniente, a controllare la taglia di quel pantalone blu dato a pochi soldi, a misurarsi le ciabatte di plastica, a chiedere il prezzo di quella pentola, proprio mentre tu stavi con la testa reclina e le spalle incurvate, con il respiro affannoso e soprattutto con la consapevolezza che non saresti mai più andato al mercato settimanale con me o con la nonna, nonostante ti fosse sempre piaciuto farlo.
Tu non avresti più camminato per la città, nessuno più ti avrebbe incontrato in piazza, togliendosi il cappello in segno di rispetto per salutarti, non saresti più andato a scegliere i quadri e gli oggetti d’argento, non saresti andato più a comprare il pane e quel formaggio che serbava ancora il ricordo dell’infanzia. Non ci sarebbe stato più niente di questo e più riflettevo su quanto dura da accettare fosse la verità, più provavo un malcelato senso di rabbia verso quelle persone che al mercato erano persino arrivate a lamentarsi del tiepido sole primaverile che tu tanto amavi.
Era la prima volta che mi succedeva ciò, non mi ero mai soffermata più di tanto sugli altri perché io avevo te. Fu un attimo, poi dissi a me stessa che non avrei dovuto più pensare a ciò.
Tu, nonno, eri così unico e speciale proprio perché la vita ti aveva regalato tante gioie, gratificazioni e soddisfazioni ma anche tanti dolori, a te piaceva il sole e la libertà proprio perché per tanti anni non avevi potuto decidere quando andar fuori a giocare o quanto tempo studiare, amavi la tua casa perché serbavi gelosamente dentro te il senso sacrale della dimora domestica, eri gentile e rispettoso perché troppi non lo erano stati con te. Allora pensai che ciascuno riesce a raggiungere un grado di godimento della vita e questo dipende strettamente dal passato, dal modo di affrontare il presente e dal modo di guardare al futuro.