Era la mattina del 5 maggio, e tu, affacciandoti dalla finestra della camera mi chiamasti, pregandomi di scendere giù da te. Mi precipitai per le scale e mille pensieri affollarono la mia mente, le mani erano tremanti e sudate, la testa sembrava di piombo, nulla faceva presagire che quel tuo invito mattutino potesse essere, nonostante la tua malattia ormai avanzata, così straordinariamente piacevole.
La prima, inaspettata, sorpresa l’ebbi quando ti vidi seduto sulla poltroncina di pelle marrone del corridoio e non sdraiato nel tuo letto. Mi regalasti un’immagine serena di te, impaziente com’eri di iniziare un altro giorno con me. La porta-finestra era già aperta e proprio nel momento in cui la spalancai, mi accogliesti con un sorriso, invitandomi a prendere posto sull’altra poltroncina di pelle, felice ed orgogliosa testimone di tante nostre chiacchierate.
Dunque era il 5 maggio, possibile mai che questa data non mi suggerisse niente? Passai rapidamente in rassegna tutti i compleanni, tutti gli onomastici, tutti gli anniversari, tutte le date più importanti e rilevanti per la nostra famiglia, ma nessun evento particolare era datato 5 maggio.
Tu intanto, di fronte al mio imbarazzo crescente, sorridevi bonariamente fino a quando, dopo l’infruttuosa attesa, pronunciasti il nome di Alessandro Manzoni. Ma certo, Manzoni, Il Cinque Maggio, la poesia che parlava di Napoleone! Come non pensarci prima! Mi sorprendesti una volta di più quel giorno perché, nonostante la tua malattia avesse reso insicuri i passi e il respiro affannoso, la tua mente era ancora lì, con me, tra i libri che tanto amavi ancora sfogliare, con le date storiche, con gli avvenimenti più importanti della storia dell’uomo, con la voglia di ricordare, di recitare a memoria la famosa poesia del Manzoni, di essere vivo e presente con la mente, con l’anima, nonostante il tuo corpo affermasse il contrario.
Tu eri ancora qui, con me, la tua voce meno stentorea ma vibrante, in grado ancora di dare un significato alle parole dell’ode, regalandogli un’intonazione diversa a seconda del contenuto. Avvenne un fatto straordinario: la forza travolgente della cultura, la bellezza incomparabile del sapere vinsero, quel mattino, sulla tua malattia.
Non c’era più nulla della tua sofferenza: la cosa che avrei ricordato per sempre, di quel 5 maggio 2001, sarebbe stata quella poesia recitata all’unisono e quella lezione di vita che ne scaturì. Credo che lo facesti anche tu, quel giorno, il gioco di annullare una dimensione spaziale fatta di dolore e sofferenza, perché la pelle del tuo viso era tornata distesa, il tuo sorriso pieno e schietto, i tuoi occhi con le pagliuzze d’oro.