Per uno assurdo scherzo del destino, nonno, anche questa volta eri nascosto alla mia vista, essendo il tuo letto proprio quello dietro la porta, ma non mi feci bloccare dai miei timori e dalle mie paure: entrai spavalda, sicura di farcela. Entrai, dunque, salutai i tuoi compagni di stanza, passai in rassegna, con una rapida occhiata i loro volti, e poi poggiai gli occhi su di te: anche quella volta ebbi la sensazione di scappare codardamente, ma riuscii a mantenere la promessa di non fuggire più via davanti alla realtà seppur dolorosa.
Ma non fui io a darmi il coraggio sufficiente a rimanere vicino a te quanto te, nonno, perché riconoscesti la mia voce mentre stavo parlando con la mamma, apristi gli occhi, nei quali si potevano ancora ammirare quelle pagliuzze dorate, e con un gesto dolcissimo del braccio mi facesti cenno con la mano di avvicinarmi. Il desiderio di parlare con me ti diede persino la forza di dire : “ Bella bambina, vieni qua” e mi indicasti il posto del tuo letto dove mi sarei dovuta sedere. Ora eri lì, e mi chiedesti di voler andare via perché…perché sapevi ormai non c’era più salvezza per te, lo sapevamo entrambi, l’avevano capito già da Natale quando non lo celebrammo con il tradizionale cenone ma con il pranzo, trovammo conferma di ciò nei mesi successivi, nella stanchezza di quel carnevale, in quella Pasqua senza la visita ai Sepolcri, in quel 1° maggio, in quel tuo onomastico. Allora mi invitasti a prelevare dal tuo armadietto di ferro la piccola valigia di pelle color nocciola, i tuoi sandali di cuoio, in modo da poter andar via subito da quell’ospedale, senza attendere un minuto di più. Io esaudii le tue richieste e presi i tuoi sandali di cuoio e li posizionai ai piedi del letto.
Tu li guardasti amorevolmente, e tentasti così, di muovere le gambe, di buttarle fuori dal letto e di calzarli, ma non riuscisti a fare nulla di tutto ciò.
Tu non ti scomponesti, non dicesti nulla, perché oramai sapevi… sapevi che non ci sarebbe stata per noi un’altra estate, un’altra vendemmia, un altro ottobre con le castagne, un altro Natale. Rimanesti immobile nel letto e mi invitasti a riporre nell’armadietto i tuoi sandali di cuoio.
Li presi e li posizionai vicino a quella valigetta che tante volte avevo preso alla stazione quando, di ritorno da un viaggio, sempre molto breve, venivamo a prendervi con la macchina. La tua meta preferita era Padova con la Basilica del Santo… ricordi, nonno, i frati ti inviavano sempre la rivista curata e diretta da loro, il calendario all’inizio dell’anno e tu rispondevi sempre con tanta generosità ai loro appelli.
Non amavi molto Venezia ma eri affascinato da Verona che tu pronunciavi con la o molto aperta.
Ti piaceva viaggiare, vedere, conoscere, camminare, farti abbagliare da una bellezza naturale e commuovere da un dipinto, ma più di tutto amavi il tuo giardino, i vialetti con gli arbusti, la tua casa…quella stessa casa dove volevi tornare.