E fu così che la nonna andò avanti per l’intero pomeriggio a tagliuzzare le melanzane, ad affettare la mozzarella per preparare la sua famosa parmigiana. Ricordi, nonno, il ferragosto trascorso sempre insieme, attorno al grande tavolo della cucina?
Noi eravamo in pantaloncini e magliette e tu sempre impeccabile, con i pantaloni lunghi, la camicia di lino chiara a mezze maniche ed i sandali di cuoio intrecciato ai piedi… quante volte ho invidiato la tua eleganza nel vestire anche tra le quattro mura domestiche, il tuo bon-ton perfetto a tavola, anche se eravamo tra di noi! Il ferragosto rappresentava la cornicetta che ciascuno di noi pitturava attorno all’estate, era una sorta di consuntivo e di resoconto dei mesi caldi che stavano per lasciarci. Sino a quando siamo stati tutti insieme, le nostre estati sono state sempre delle bellissime ed indimenticabili, con le lunghe nuotate, con il portabagagli della tua adorata macchina carico di secchielli di plastica, formine, carriole, rastrelli, palette, salvagente e braccioli, con gli onomastici festeggiati sino a notte tarda in veranda, con la bisnonna che rallegrava le nostre giornate, con i frutti della tua campagna, con gli zii che venivano ogni sabato da noi, ma anche con il desiderio fortissimo di avventurarci dentro un altro inverno, con il camino da accendere, il Natale con tante portate, la Pasqua con la benedizione prima del pranzo, con me che speravo sempre ci fosse il posto a sedere a tuo fianco, alla tua destra.
Quell’estate del 2001, invece, si sarebbe conclusa senza di te, di lì a qualche giorno avremmo dovuto salutarti per sempre, tu non ci saresti stato più per noi, non avresti più riempito le nostre giornate con i tuoi sorrisi, i tuoi consigli, non ci sarebbe stata più la consapevolezza che qualsiasi ostacolo che avremmo potuto incontrate, tu saresti riuscito, con il tuo acume e la tua intelligenza, a farcelo superare. L’aveva capito bene la nonna, ecco perché stava affogando il suo immenso dolore tra quelle melanzane, in quel sugo denso, in quella mozzarella che appena tagliata faceva fuoriuscire dal prezioso involucro tanto buon latte. Continuò per tutto il pomeriggio a preparare una cena degna di un re che però, alle otto di sera, non l’avrebbe consumata nessuno, né lei, avvilita e prostrata, né noi, ammutolite, annichilite da un dolore che già allora ci stava sommergendo. Quella famosa parmigiana della nonna, quella compattezza unita alla morbidezza inimitabile degli strati, tutto, proprio tutto sarebbe rimasto lì nel forno, coperto da un foglio di carta d’alluminio, aspettando inutilmente che qualcuno lo aprisse per prelevare quella delizia e portarla in tavola, attorno alla quale, quella sera, non si sedette nessuno.