Intanto erano iniziate le giornate nelle quelli l’infermiera avrebbe avuto cura di te, facendo quei gesti, quei medicamenti che noi non eravamo capaci di compiere con le dovute cautele e le necessarie accortezze. La vena del tuo braccio sinistro ospitava già un ago sottilissimo, la flebo scivolava nel tuo corpo lentamente, goccia a goccia, e mi sembrò, assistendo a quella scena che avevo già visto in ospedale, di annegare dentro quella soluzione cristallina, di scomparire, come quel contenuto liquido medicamentoso. ù
Anche le mie giornate stavano scivolando via lentamente ed inesorabilmente verso la tua fine, e mi sembrò di svenire. L’infermiera dovette accorgersi del mio stato, tanto che mi invitò a sedermi in cucina per sorseggiare un po’ di acqua e zucchero. Ma non riuscii a berla, quel sapore dolciastro mi nauseò, ma il motivo di ciò non era in quella bevanda zuccherina ma in quell’aria greve che si stava respirando il mattino del 29 giugno 2001, nella bella casa del Cavaliere.
Le finestre erano aperte ma nemmeno il vento sembrava voler più entrare in quella camera da letto. Di solito la brezza estiva amava far capolino nella camera con i marmi rosa per far vibrare le tende di lino e per passare poi sul letto appena fatto, sulla coperta bordeaux con le frange blu, ma quel mattino anche il vento sembrò rifuggire da quella scena, anche lui sembrò incapace di accettare che saresti morto, che non ci saresti stato più in quella casa impreziosita dai quadri che avevi scelto personalmente, dai mobili lucidi, dalla vecchia radio, dai tuoi libri esposti nello studio, dalla tua presenza, dalla tua figura, dalla tua voce che ricordo ancora così chiaramente, nonno.
Io ero ancora in cucina, laddove la mia incapacità di accettare l’ineluttabile mi aveva confinata, tenevo in mano quel bicchiere di vetro infrangibile dalla forma allungata, la nonna entrava ed usciva in continuazione, sembrava una trottola impazzita. Dalla tua camera da letto l’unica voce che arrivava chiaramente in tutta casa era quella dell’infermiera che chiedeva asciugamani puliti, bacinelle colme d’acqua tiepida, spugne morbide, salviettine profumate, lenzuola candide.