Sembrava già essere un’altra vita quella che stavo vivendo in quelle prime ore con la tua assenza che pesava come un macigno e tutto appariva così lontano e sbiadito senza di te, nonno.
Nulla sembrava poter consolarmi quel giorno che sarebbe stato segnato nei registri dello stato civile e sulla tua bara lucida. Una data qualsiasi per gli altri, per gli impiegati del comune e dei vari uffici che avrebbero poi chiesto a noi quando eri nato e quando eri morto.
Era solo questo per tutti gli altri, il 3 luglio 2001, mentre il dolore di quelle prime ore vissute nella tua assenza, fu solo il nostro. La gente che ti aveva conosciuto, cominciò mestamente ad arrivare e ancor più mestamente usciva da quella casa. Io, invece, non venni da te, nonno, non entrai nella tua camera da letto al mattino, appena l’infermiera ti ebbe vestito, non entrai di pomeriggio, quando appena cominciò il mesto sfilare di volti conosciuti e familiari, non entrai di sera, quando dalle imposte della mia finestra si poteva vedere il chiarore di quella luce che nella tua stanza rimase accesa per tutta la notte.
Non riuscii, durante l’intera giornata del 3 luglio, nemmeno ad affacciarmi dalla finestra della cucina e vedere quelle imposte ora chiuse, ora socchiuse: non potevo sopportare l’idea di te disteso sul letto, il corpo immobile, le mani incrociate all’altezza del petto, le gambe distese con ai piedi le tue scarpe lucide che ormai non indossavi più da mesi, il tuo abito elegante divenuto troppo grande, il tuo volto rasato perché qualcuno, dato che non avrebbe più incontrato la tua opposizione netta ed il tuo rifiuto a farti radere, aveva preso la schiuma da barba, un’anonima lametta, facendola scorrere lentamente sul tuo viso dagli occhi ormai chiusi.
Non mi fu possibile nemmeno transitare sotto la tua finestra, tanto che una volta scesa in giardino ed arrivata sino all’albero di limone tornavo indietro, ripercorrendo la stessa strada, ma in senso contrario, proprio per evitare di passare sotto quelle persiane che tante volte, dall’alto, ti avevo visto afferrare con le tue mani e tirarle verso di te per chiuderle. Intanto la notte stava per arrivare… l’ultima notte che avresti trascorso nella tua amata casa.