Fu un istante e acciuffai la sciarpa di mio padre che era rimasta appesa all’appendiabiti dell’ingresso perché, uscendo come sempre di fretta, l’aveva dimenticata, poi mi precipitai nella camera della mamma e presi dei mocassini marroni con la fibbia dorata e, scendendo festosamente le scale, m’impalai davanti alla nonna e stetti al gioco:
“Signora Mila, mi scusi per prima ma proprio non l’avevo riconosciuta. Sarà per il nuovo taglio di capelli? Comunque, sì, ha ragione io sono la signora Pila. Ma mettiamoci a sedere e mi racconti qualcosa di suo marito, dei suoi figli, dei suoi nipoti”.
Erano nate Mila e Pila, e sarebbero diventate parte di noi, delle nostre giornate, dei nostri pomeriggi, delle nostre serate trascorse davanti al caminetto.
Né mia madre, né mio padre seppero mai dell’esistenza di queste due signore un po’ strampalate che vestivano in modo un po’ strano ma alle quali piaceva tanto chiacchierare tra loro.
Mila e Pila uscivano solo quando a casa non c’era nessuno, e ora già m’immagino la faccia che faranno i miei genitori quando leggeranno questa storia.
I miei genitori…se ci penso a quando mi comunicarono la notizia che avremmo dovuto lasciare l’Italia per andare a Chicago, mi viene ancora da piangere.
La casa madre dell’azienda farmaceutica per la quale lavoravano, offrì loro l’incarico che avevano sempre sognato e questo, se per i miei genitori significò l’inizio di un sogno, per me fu la fine della mia vita trascorsa con nonna Angela.
“E Mila e Pila che fine faranno?”
Chiesi singhiozzando a nonna Angela mentre anche il vento aveva smesso di soffiare nella canna del camino perché stupito da questa notizia improvvisa quanto inaspettata.
“Mila e Pila esisteranno sempre e non moriranno mai perché loro abitano nella nostra fantasia”.
“Non voglio partire nonna, non voglio andar via”, dissi queste parole mentre abbracciai la nonna, anche lei in lacrime.
Però dovetti farlo.