Non rispondo, lo abbraccio soltanto e anche lui mi abbraccia.
Non glielo dico né glielo dirò mai, ma a voi posso svelarlo, avevo scritto:
“Mila e Pila: tra quattro giorni di nuovo insieme”.
Mio padre mi sta accarezzando i capelli, ha quella ruga in mezzo alla fronte che sembra essere diventata profondissima, si vede che è molto stanco.
“Papà sei emozionato all’idea di rivedere la nonna?”
“Ci sentiamo tute le sere” e lascia cadere lì il discorso.
“Sì, ma poter stringere una persona, abbracciarla, stringerle le mani è tutta un’altra cosa!”
“Sì, sì…”
Com’è diverso papà dalla nonna, da sua madre.
Io ho preso tutto da nonna Angela e sono proprio contenta di somigliarle così tanto perché è bello nella vita lasciarsi trasportare dalle emozioni, senza vergognarsi.
“Siamo arrivati. Vi fermo qui o volete che vi porti fino sopra il casolare?” ci chiede il tassista-pasticciere.
“Ci porti fino sopra, grazie”, dice papà.
“Ci fermi qui, grazie” dico io.
“A chi devo dare retta?” chiede il tassista.
“A lei” risponde papà che si affretta a dire al tassista di non andare via, di aspettarlo dieci minuti, il tempo di salutare la nonna e poi dovrà ricondurlo nuovamente in aeroporto, dove lo aspetta il volo di ritorno per Chicago.
Corro lungo la stradina sterrata che mi sta portando dalla nonna, la quale è lì: la vedo, proprio sull’uscio del casolare.
E’ ferma, non mi sta venendo incontro, sono io che lo sto facendo, come quando tornavo da scuola e la abbracciavo con tutta la forza di cui ero capace