“Le conservo ancora tutte, sai Ludovica?”
Mi dice questo la nonna, mentre è intenta a passare nella pastella morbida e filante i filetti di alice perfettamente diliscati.
“Che cosa conservi, nonna?”
“Le tue lettere, e ogni tuo scritto, compresi quei foglietti di carta stropicciata che tu amavi tanto mettermi di nascosto nelle tasche del mio grembiule da lavoro”.
“Davvero, nonna? E dove sono, sono curiosa di vederle anch’io, quasi me ne ero dimenticata!”
Sono in trepida attesa nell’istante stesso in cui la nonna apre un cassetto della vecchia credenza in noce.
Eccole, sì, le riconosco, sono proprie loro, sono le mie letterine scritte in occasione del Natale, di un compleanno, di un onomastico, sono quei minuscoli quadratini di carta a quadretti, strappata via da qualche quaderno di scuola e sui quali amavo disegnare un cuore con sotto scritto, semplicemente, “TI VOGLIO BENE”.
La nonna toglie il coperchio a quelle scatole di latta di biscotti inglesi, portati da quella vecchia zia che si era trasferita a Londra, e tutto ciò che è passato, sembra diventare vivo, palpitante.
Mi metto a frugare tra vecchie lettere ingiallite tra le quali, spuntano, però, anche quelle più recenti, quelle che ho scritto alla nonna da Chicago nell’anno appena trascorso.
“Nonna, sappi che per me è stato difficile scriverle, sai noi ragazzi non siamo più abituati a usare carta e penna, per noi un messaggio sul computer va più che bene”.
“Lo so, lo so, Ludovica ma vedi le lettere le puoi conservare, le puoi rileggere quando hai nostalgia di una persona, assaporandone anche la grafia” dice la nonna, mentre un velo di lacrime appanna i suoi bellissimi occhi verdi.
“Sai, nonna ti devo confessare una cosa: conservo ancora tra le mie cose più preziose una lettera che il nonno mi fece trovare sopra il cuscino il primo giorno di scuola alle elementari. L’ho letta, specie dopo la sua morte, tante di quelle volte che la carta è diventata fine, quasi trasparente. Leggo quelle parole perché riesco a trovarci dentro la forza di cui spesso ho bisogno, quando, nelle sere lontana da te, mi affaccio dalla mia camera e non vedo i nostri alberi ma solo una selva di grattacieli. E quanto mi piacerebbe riuscire a poter scrivere come ha fatto quel giorno il nonno”.