Ieri, dopo pranzo, com’è consuetudine nella nostra famiglia, quando la tavola viene spogliata della bellissima tovaglia di lino ricamata a mano, e quando le pentole sono messe a scolare, abbiamo scartato i regali.
La nonna mi ha regalato un set per la scrittura: un diario, una penna stilografica, della carta da lettere, delle buste colorate, degli stampini.
Un modo, questo, per farmi capire che a lei piacerebbe ricevere qualche lettera in più, ed anche un modo per spronarmi a mettere nero su bianco le emozioni che provo, e sono tante.
Io, invece, il regalo che le ho dato, l’ho comprato e Chicago e non nascondo di avere avuto delle difficoltà nel far capire alla commessa quale potesse essere la giusta taglia della nonna: in America non c’è la 42, la 44, la 46 e così via, ma un altro sistema di misurazione.
Allora sono stata lì, per non so quanto tempo, davanti alla commessa per farle capire com’era fatta mia nonna.
Al termine di un’infruttuosa conversazione, mi sono affidata al caso.
Il regalo che ieri la nonna ha scartato davanti al camino l’ha fatta rimanere senza parole: una tutona di flanella rosa e fucsia con sopra, in rilievo, i personaggi dei più famosi cartoni animati.
Non so se riuscirà a metterla mai, so bene che lei preferisce le camice da notte ma nei negozi in cui sono entrata, non ce n’era neanche l’ombra.
Il pomeriggio del 25 è trascorso così, con attimi di silenzio accompagnati solo dal crepitio della legna nel camino
Ma ora, silenzio: il vecchio orologio a cucù ci ha detto che sono arrivate le cinque