Vedo la nonna arrivare, si fa strada tra la coltre di neve.
“Dovremmo provvedere a spalarne un po’, ha nevicato molto nei giorni scorsi!” dice mentre cerca con una pala di levare la neve lungo il piccolo viale lastricato che dal frutteto conduce al casolare.
“Ci penso io, nonna, non ti preoccupare!”, le rispondo.
“Tu? Ma sei troppo piccola, è un lavoro pesante, non voglio che ti affatichi” dice la nonna mentre si sta chiedendo cosa stia facendo da sola, in mezzo a quegli alberi dai rami piegati dalla neve.
Poi capisce, capisce che sto pensando al nonno perché ho deciso di indossare i suoi vecchi stivali di gomma che si trovano ancora nel magazzino degli attrezzi.
E’ un gesto, questo, che ho sempre fatto, dal momento in cui il nonno se n’è andato.
E ogni volta che lo compio è un modo per chiedere che qualcuno venga in mio aiuto, per dirmi che il nonno c’è ancora, nonostante la sua assenza su questa terra.
La nonna ripone la pala che aveva preso per sgombrare il vialetto dalla neve e, stringendosi, nel suo scialle di lana, si dirige verso me.
Cammina a fatica nella neve troppo alta, poi tira fuori dal magazzino due sedie pieghevoli in legno, le stesse sulla quali ci mettevano seduti il nonno ed io d’estate, quando chiedevamo alle fronde e alle foglie degli alberi di darci refrigerio.
Sono anni che non le usiamo più, infatti, la nonna fa un po’di fatica nell’aprirle.
M’invita a mettermi vicino a lei e carezzandomi i capelli, capisce che sono triste e allora ecco che in mio aiuto arriva la signora Mila nella quale lei si trasforma.