Oggi scendiamo giù in paese.
Sono emozionata, perché passerò davanti alla mia scuola, quella che frequentavo quando stavo qui con la nonna.
Mi manca molto la vita di qui, mi manca che a Chicago nessuno mi chiami più per nome mentre transito per la strada affollata e sempre troppo trafficata.
E poi sento la nostalgia delle mie amiche, con le quali facevamo la passeggiata domenicale sotto l’occhio vigile di qualche mamma che camminava a 20 metri da noi.
Ma ci sentivamo ugualmente importanti perché ci telefonavamo, dopo pranzo, mettendoci d’accordo su quale vestito avremmo indossato.
Poi ci fermavamo al bar centrale del paese e se era autunno e inverno sorseggiavamo una buonissima tazza di cioccolata calda, se estate e primavera, ci sedevamo fuori, sotto gli ombrelloni bianchi e gustavamo un bicchiere di fragole alla panna o l’insuperabile gelato artigianale, gusto nocciola e cioccolato.
Sono cose, queste, che mi mancano terribilmente e che a Chicago non c’è verso di poter fare.
Siamo pronte.
Oggi tira un forte vento di tramontana che sembra tagliarci la faccia, tanto è pungente.
Ma usciamo ugualmente, ho troppo voglia di rivedere quella piazza sulla quale si affacciano ancora le vecchie botteghe artigianali.
C’è la panetteria della signora Anna, che ogni mattina regala il profumo invitante del pane cotto a legna, della pizza bianca, delle ciambelle al vino, e poi c’è il negozio di generi alimentari della signora Luigia, dove trovi del prosciutto crudo che non chiede altro che di sposarsi con una bella fetta di pane appena sfornato, e poi c’è la frutteria di Beppe, dal quale trovi solo i frutti di stagione e tutti rigorosamente del luogo.