Dalla necessità di un popolo è nato il simbolo dello strett food napoletano: il cuoppo, o per dirla in dialetto, o’ cuopp.
Si narra, infatti, che il popolo partenopeo acquistasse dai pescatori di ritorno dall’uscita in mare, del pesce di piccole dimensioni che non avrebbe trovato spazio sul mercato ittico. Proprio questo pesce di piccolo o piccolissimo taglio, andava a finire nelle padelle delle famiglie più povere che provvedevano, per dargli più gusto, a friggerlo.
La preparazione di alimenti fritti, in primis il semplice impasto della tradizionale pizza, divenne persino un’attività lavorativa per molte donne che , fuori dalle loro case, vendevano le famose e caldissime pizze fritte, celebrate dalla grande Sofia Loren nel film “L’oro di Napoli”.
Soldi ce ne erano sempre pochi e così il piazzaiolo vendeva la pizza e segnava su un quadernino i nomi di coloro che si impegnavo e saldare il debito contratto al massimo entro otto giorni.
Ecco il motivo per il quale il famoso cuoppo napoletano è conosciuto anche con il suo secondo nome di “oggi a otto”.
Il turista che si inoltra per le vie di Napoli, non può fare a meno di notare come in ogni angolo ci siano pizzerie che vendono le pizze a portafoglio, ovvero una classica pizza napoletana di dimensioni minori e che essendo poi piegata a portafoglio, appunto, può essere mangiata anche in strada. Ma immancabili sono anche le friggitorie che offrono i famosi cuoppi, i quali possono essere di due tipi: di mare, con gamberetti, alici, calamari, e di terra, con pastecresciute, Montanare, verdure pastellate (melanzane, zucchine, cavolfiori, peperoni, carote), arancini di riso, crocchette e frittatine di maccheroni.
L’abito del cuoppo è la carta paglia che viene avvolta a forma di cono dal quale l’acquirente, come un abile prestigiatore, tira fuori, talvolta aiutandosi con un lungo spiedino di legno, tutte queste prelibatezze, figlie della migliore tradizione gastronomica napoletana.
Le protagoniste indiscusse del cuoppo sono soprattutto le frittatine di pasta, le pizzette fritte chiamate Montanare e le crocchette di patate, il famoso crocchè.
Le prime sono la versione monoporzione della famosa frittata di maccheroni: si presentano come dei dischetti di pasta, di solto bucatini tagliati, arricchiti con besciamella, dadini di prosciutto e pisellini. Le Montanare, invece, sono le classiche pizzette fritte che devono il loro nome ai montanari, i quali, scendendo dalle colline, arrivavano a Napoli con il questo gustosissimo cibo da asporto.
A differenza della pizza cresciuta, che viene fritta, alle Montanare viene aggiunta, sopra, la salsa di pomodoro, il pecorino in scaglie e una foglia di basilico.
Le crocchette di patate, noti anche con il nome di panzarotti ma che a Napoli sono chiamati con il loro diminutivo “crocché”, sono invece un impasto a base di patate, uova, formaggio e pepe.
E quando anche l’ultima verdura pastellata scomparirà dal cono di carta paglia si avrà la certezza non solo di avere gustato un trionfo di sapori, ma anche di aver mangiato un pezzetto di storia partenopea.
Alessandra Fiorilli