Tipica della città di Caserta e della sua provincia, la Pigna di Tarallo è l’altro dolce simbolo, accanto alla Pastiera, della festività pasquale in terra campana.
Può essere considerata la sorella dell’altro immancabile protagonista della tavola di Pasqua, il tortano o casatiello: non a caso, la Pigna è anche conosciuta con il nome di “casatiello dolce”.
Grande manualità ed esperienza, quella che viene richiesta per la preparazione della Pigna, il cui impasto dovrà essere senza grumi e soffice.
Una Pigna di tarallo nella fase di lievitazione (Foto per gentile concessione di Rosa Umili)
E’ un dolce che racchiude in sé una profonda simbologia, come quella che si cela dietro la durata richiesta per la lievitazione: 72 ore, proprio il tempo che va dalla morte di Gesù alla sua Resurrezione.
Al suo interno nessuna farcitura, e questa sua peculiarità, sino alla prima metà del secolo scorso, significava avere la colazione garantita per i più piccoli almeno per una paio di settimane: con il passar dei giorni, il dolce, infatti, induriva e questo lo rendeva ideale per inzupparne una fetta nel latte.
Quello che invece, migliorava, era l’aroma sprigionato: un misto di vanillina e di limone in grado di regalare al palato un trionfo di sapori.
Qualche curiosità sul nome: sembra che derivi da “pignata”, un recipiente di coccio usato per la cottura dei fagioli, e la cui forma era proprio ricalcata da questo dolce pasquale.
Il secondo appellativo, “tarallo”, è legato, invece, alla consistenza, alquanto simile a quella dei rustici pugliesi, che assume dopo qualche giorno dalla preparazione.
Una Pigna di Tarallo ricoperta di glassa bianca, ovetti e conigli di cioccolata (Foto per gentile concessione di Rita Umili)
Solitamente è ricoperto da una glassa bianca, ma c’è chi lo preferisce senza glassatura per godere della vista delle “fresature”, ovvero aperture che ricordano le crepe sui fianchi di un vulcano e che non sono delle imperfezioni, quanto piuttosto un effetto della crescita della Pigna stessa.
UNa Pigna senza glassatura e, con ben visibili, le “fresature” (Foto per gentile concessione di Maria Umili)
E con la storia di questo dolce tipico pasquale, la rivista EmozionAmici augura a tutti i suoi lettori una Serena Pasqua, nonostante il difficile periodo che stiamo vivendo.
Ce la faremo, distanti fisicamente ma vicinissimi nel cuore.
Alessandra Fiorilli