La sindrome dell’ovaio policistico, con un’incidenza tra il 10 e il 15%, è di tipo: “Endocrino- metabolica e presenta i seguenti elementi: caratteristiche ecografiche di ovaio micropolicistico, irregolarità mestruali ed eccesso di ormoni androgeni, ovvero maschili, (proprio per questo motivo le donne che soffrono di tale sindrome possono soffrire di alopecia, quindi perdita di capelli nella parte centrale del capo), acne, irsutismo (ossia presenza di peluria in zone tipicamente maschili quali il volto, il collo, l’addome, la schiena). Tra questi, il sintomo che maggiormente preoccupa le donne, in quanto influisce sulla sfera della fertilità, è rappresentato dalle irregolarità mestruali causate da un difetto ovulatorio che può comportare cicli mestruali sporadici (oligoamenorrea) o assenti (amenorrea)”.
A parlare è la Dottoressa Francesca Sagnella, Specialista in Ginecologia e Ostetricia, Dottore di Ricerca in Fisiopatologia della Riproduzione Umana, la quale ci tiene a sottolineare una differenza di fondamentale importanza: ”Si parla spesso di ovaio policistico, termine questo con il quale si indica un ovaio che, all’esame ecografico, appare con un numero aumentato di follicoli rispetto alla norma (oltre 12 per ovaio). Tali follicoli, con un diametro che va dai 2 agli 8 millimetri, sono tipicamente disposti a corona di rosario, quindi verso la superficie esterna delle ovaie, mentre la superficie interna dell’ovaio (stroma) rimane compatta. L’ovaio con tali caratteristiche non sempre si associa alla vera e propria “sindrome dell’ovaio policistico” (PCOS), condizione ben più complessa dal punto di vista clinico”.
La definizione di “sindrome dell’ovaio policistico”: “ Fu introdotta nel 1935 dai dottori Stein e Leventhal ed è stata oggetto di studi per decenni; trattandosi, infatti, di una sindrome con caratteristiche eterogenee e non sempre coesistenti, è stato difficile trovare un accordo in ambito scientifico per delinearne i criteri diagnostici. Oggi la definizione viene posta in base ai criteri proposti nel 2003 a Rotterdam, in base ai quali si parla di PCOS se coesistono almeno due dei tre elementi che la caratterizzano, ovvero: ovaie con aspetto policistico, iperandrogenismo clinico o biochimico, irregolarità mestruali). Proprio perché si tende a parlare di sindrome anche quando la donna presenta soltanto le caratteristiche ecografiche dell’ovaio policistico, la percentuale di chi ne è veramente affetta è sovrastimata. Un aspetto non meno importante della sindrome è rappresentato dall’ obesità centrale, anche se quest’ultimo non rientra, a rigor scientifico, negli elementi diagnostici. L’obesità centrale si associa ad un’alterazione del metabolismo glucidico ( insulinoresistenza/ iperinsulinemia) presente nel 70% circa delle pazienti con PCOS”.
Tale sindrome, come abbiamo già detto, si accompagna spesso a segni quali acne, alopecia, irsutismo e sovrappeso pertanto: “Può creare un disagio psicologico particolarmente forte nelle adolescenti”.
L’inquadramento corretto della donna affetta da tale sindrome: “Richiede l’esecuzione di esami sia metabolici che ormonali. Tra quelli metabolici è fondamentale la curva glicemica e insulinemica dopo carico glucidico, ovvero il test che va a misurare la concentrazione della glicemia e dell’insulina nel sangue, a seguito di un carico standard (75g) di glucosio. Il pancreas, infatti, in presenza di insulinoresistenza, produce quantità eccessive di insulina che favorisce l’accumulo di grasso, responsabile di sovrappeso e obesità centrale, tipica degli uomini. La presenza di grasso viscerale, inoltre, rappresenta un fattore di rischio cardiovascolare e si associa a livelli elevati di colesterolo e trigliceridi e, talvolta ad alterazioni del fegato (steatoepatite)”.
Alla luce di ciò: “La perdita di peso dell’8/10%, coadiuvata da una regolare attività fisica unita alla dieta, può alleviare la sintomatologia, inducendo un miglioramento non soltanto metabolico, ma anche della funzionalità ovarica e pertanto della fertilità”.
Per tale sindrome: “Non esiste una terapia unica e definitiva ma molteplici strategie terapeutiche per gestire i sintomi e le esigenze della paziente. Mi spiego meglio. La ragazza che ha il ciclo irregolare e problemi di acne e/o irsutismo, ad esempio, può beneficiare di una terapia estroprogestinica specifica (pillola) per qualche anno; va però sottolineato che, una volta sospesa l’assunzione della pillola, nel giro di qualche mese i sintomi tendono a ripresentarsi. Talvolta, invece, invece, va gestito farmacologicamente il disordine metabolico, anche attraverso la prescrizione di farmaci per controllare l’insulinoresistenza. Nella donna desiderosa di prole, invece, possono essere di aiuto farmaci che inducano l’ovulazione, per superare il problema dell’infertilità. Ribadisco però che lo stile di vita sano, quindi una corretta alimentazione e un’adeguata attività fisica, rappresentano la terapia di prima linea per queste donne”.
Per chi soffre di tale sindrome la menopausa non significa la cessazione delle problematiche ad esse connesse: “Le donne con PCOS hanno un aumentato rischio di sviluppare un diabete di tipo 2, patologie cardiovascolari ed endometriali (ispessimento della mucosa che riveste la cavità uterina e rischio di tumori più elevato a causa proprio dell’iperplasia)”.
La sindrome dell’ovaio policistico è: “Una malattia multifattoriale, esiste quindi una predisposizione a svilupparla ma intervengono, su questa, molteplici fattori ambientali”.
Ringrazio la Dottoressa Francesca Sagnella per la grande chiarezza che mostra nel parlare di temi comunque complessi.
E sempre la Dottoressa ci tiene a sottolineare come: “Oltre all’ovaio policistico, esiste un quadro ecografico simile, ma clinicamente differente e meno complesso, che è l’ovaio multifollicolare. Dal punto di vista funzionale rappresenta un ovaio per certi aspetti “immaturo”, che spesso si associa a irregolarità mestruali ma, a differenza del policistico, si caratterizza per un numero inferiore di follicoli che non hanno la tipica disposizione “a coroncina”. L’ovaio con aspetto multifollicolare è molto comune nelle adolescenti, ma lo si può riscontrare anche in donne adulte che praticano un’eccessiva attività fisica, che soffrono di anoressia nervosa o in periodi di forte stress”.
Alessandra Fiorilli