Il fascino discreto di Udine, perfettamente immersa tra  tradizioni friulane e architetture venete

Udine è il suo castello, che sorge su un colle dal quale si vedono i tetti della città e, in lontananza, le Alpi.

Udine  è Piazza Libertà, che sembra abbracciarti con la Loggia del Lionello, di spiccato gusto veneto.

Udine è la sua gente, dal cuore gentile.

Udine è anche “frico”, il piatto tradizionale friulano a base di patate e formaggio, accompagnato spesso da un’ottima polenta.

Udine è lo stupore che ti fa suo, quando cammini per le vie centrali e ti fermi ad ammirarne i palazzi.

Udine è sorpresa.

Udine è la città che non ti aspetti, perché se capiti in Friuli Venezia Giulia, la prima cosa che pensi di andare a visitare è la pure straordinaria e mitteleuropea Trieste, con le sue piazze e il Castello Miramare.

Invece Udine è lì, non ti dice “Vienimi a trovare” perché è pudica ed orgogliosa allo stesso tempo, eppure se la vai a visitare lei ti prende subito e la ricorderai per sempre.

Piazza Libertà ne è il cuore, non solo sotto il profilo toponomastico, ma anche per le ricchezze che lì si affacciano, primo tra tutte l’Arco Bollani, sul quale spicca il Leone di San Marco. Il legame che Udine ha con il confinante Veneto è molto forte da un punto di vista architettonico, non è un caso che lo stesso Arco sia frutto del grande estro creativo di Andrea Palladio, il quale ha realizzato le famose ville attorno  Vicenza.

L’Arco Bollani, dal quale si accede alla salita verso il Castello (Foto di Lorenza Fiorilli)

Superato l’Arco Bollani ci si incammina per la salita che, costeggiata dalla loggia del Lippomano,  conduce al Castello, posto sul punto più alto della città. Ma prima di arrivare allo spiazzale e di passare sotto un altro arco, l’Arco Grimani, si può ammirare la chiesa di Santa Maria di Castello, la più antica di Udine,  e il suo campanile alto 43 metri,  sul quale spicca l’Arcangelo Gabriele, in rame dorato, il quale non solo ha il compito di proteggere la città, ma anche di indicare  la direzione dei venti. 

Il Campanile della chiesa di Santa Maria di Castello, con l’Arcangelo Gabriele che svetta dall’alto dei 43 metri (foto di Lorenza Fiorilli)
La Loggia del Lippomano che costeggia la salita verso il Castello (Foto di Lorenza Fiorilli)
Un altro particolare della salita che conduce al castello (foto di Lorenza Fiorilli)

Tra i Musei Civici  ospitati proprio all’interno del Castello, spicca l’interessantissimo Museo del Risorgimento ma, nel corso dell’anno, sono allestite anche mostre temporanee.

Il castello che si intravede lungo la salita (foto di Lorenza Fiorilli)

Nonostante il nome ufficiale sia, appunto,  “Castello di Udine”,  l’edificio ha più le fattezze di un palazzo che quelle di una costruzione di difesa ed anche qui risiede il suo fascino particolare, che lo si assapora e lo si gusta durante la visita, terminata la quale, si  viene ammaliati dal panorama che si gode da lassù, dove sono ben visibili le Alpi.

La Casa della Contadinanza e, sullo sfondo, le Alpi (foto di Lorenza Fiorilli)

Sul prato posteriore al Castello, spicca la Casa della Contadinanza, che prende il nome proprio dal fatto che fu sede dell’assemblea dei contadini friulani i quali volevano tutelare, nel XVI secolo, i loro interessi di classe lavoratrice.

Una volta percorsa la strada in senso contrario, si può ammirare, alla sinistra dell’Arco Bollani, la Loggia di San Giovanni con la torre dell’Orologio e i due Mori, anche questi di spiccato gusto veneziano.

La Loggia San Giovanni e, in lontananza, il campanile del Duomo di Udine ( foto di Lorenza Fiorilli)
La torre del’Orologio con i due mori (foto di Lorenza Fiorilli)

Volgendo le spalle alla Loggia, eccone un’altra, la più famosa, quella vista tante volte quando sui libri di geografia delle elementari quando  si studiava Udine: la Loggia del Lionello.

La Loggia del Lionello (foto di Lorenza Fiorilli)

 

La sua facciata, in marmo rosa e bianco, il suo porticato, con il suo gioco di luci ed ombre ti avvolge, così come la bellezza della pavimentazione a scacchiera.

E quando ti addentri per le vie e le piazze di Udine capisci che il suo fascino discreto ti ha conquistato…ormai per sempre.

Uno scorcio del centro storico di Udine (foto di Lorenza Fiorilli)
Un altro scorcio (foto di Lorenza Fiorilli)

Alessandra Fiorilli

 

Positano: tra miti e leggende, una bellezza che incanta il mondo intero

Quando ci si trova davanti ad una bellezza che sembra sfuggire ad ogni umana definizione, tanto  che nessuna parola è in grado degnamente di circoscriverla, allora, in nostro aiuto, giungono le leggende, dove spesso, il sacro e il profano  si intrecciano e  convivono felicemente.

Lo splendido panorama in avvicinamento a Positano (foto di Lorenza Fiorilli)

E’ il caso di Positano, uno tra i più caratteristici paesi che imperlano la meravigliosa costiera sorrentina ed amalfitana.

L’inconfondibile profilo d Positano (foto di Lorenza Fiorilli)

Il legame che la cultura italica ha con quella della Magna Grecia, lo ritroviamo in molte leggende che vedono come protagonisti paesi e città costiere del sud Italia, e anche Positano ne è una testimonianza: pare che il nome di questo centro marino,  arroccato sulle pendici dei Monti Lattari che si protendono verso il mare, sia legato al nome del dio del mare, Poseidone, il quale lo fondò in nome dell’amore da lui nutrito per la ninfa Pasitea.

L’Italia, però,  non è solo cultura classica ma anche cristiana, e la seconda leggenda sul nome di Positano è proprio legata all’effige della Madonna che si trovava su una nave, la quale fu colta da una tempesta proprio nei pressi della costa dell’attuale Positano e la leggenda vuole che i marinai sentirono la voce della Madonna dire loro: “Posa, Posa”, e la interpretarono come la volontà dell’effige di rimanere per sempre su quel tratto di costa.

Non è un caso che a Positano la chiesa più importante e anche quella universalmente conosciuta ed immortalata nelle foto, sia proprio quella dedicata a Santa Maria Assunta, la cui cupola è rivestita con le tipiche maioliche della zona. I colori sono il giallo e il verde, che ricordano il colore di un sole, il quale,  difficilmente, anche d’inverno, si scorda di baciare  Positano e il verde, che incornicia questo paese magicamente arroccato sulla roccia.

E i miti classici e le leggende avvolgono anche i tre isolotti ben visibili da Positano, noti con il nome di Isole Li Galli, o Le Sireneuse, per via della storia mitica che le vede protagoniste.

Le Isole Li Galli ben visibili mentre ci si avvicina a Positano (foto di Lorenza Fiorilli)
In lontananza, Le Isole Li Galli (foto di Lorenza Fiorilli)

Si narra, infatti, che proprio su quest’arcipelago formato da tre isolotti, Gallo Lungo, La Rotonda e La Castelluccia, vivessero delle Sirene, pronte ad ammaliare, con i loro canti, i marinai che transitavano  con le loro imbarcazioni. Sembra che di lì passò anche Ulisse, il quale riuscì a resistere alla soave bellezza di quel canto, facendosi legare all’albero della sua nave, evitando così il naufragio certo.

Di nuovo le Isole Li Galli (foto di Lorenza Fiorilli)

 

Le case bianche, i rampicanti, la spiaggia di Marina Grande, il colore di un mare che ti accoglie come in un abbraccio: tutto rende Positano un luogo magico, e non è un caso che il cartello di benvenuto reciti “Positano città romantica”.

La spiaggia di Marina Grande (foto di Lorenza Fiorilli)
Il cartello di benvenuto a Positano (foto di Lorenza Fiorilli)

A Positano sembra che l’estate non vada mai via: le foto che corredano questo mio articolo sono state scattate un fine novembre: chi potrebbe affermare, tranne che per la spiaggia priva di ombrelloni e di bagnanti, che mancasse solo  qualche settimana a Natale?

Alessandra Fiorilli

Venzone: il simbolo di una rinascita, della forza, della collaborazione cittadino- istituzioni

 

Corre l’anno 1976: sono le 21 di giovedì 6 maggio.

La terra trema: una prima scossa pari al grado 6,5 della Scala Richter sconquassa il Friuli Venezia Giulia.

Dalle televisioni giungono immagini di devastazioni, distruzioni, strade squartate a metà, case  sbriciolate e delle quali non rimangono che macerie e ricordi sepolti.

Occhi gonfi di lacrime, mamme piegate a metà dal dolore, uomini impolverati che si danno da fare per tornare alla vita, o a quella che resta.

Da tutta Italia giungono aiuti e in molti si chiedono cosa ne sarà di Gemona, Osoppo, Venzone e degli altri centinaia di centri devastati dal sisma.

Invece, proprio da questi luoghi arriverà una grande lezione di buona amministrazione e di una volontà ferrea che farà di questi paesi, specie di Venzone, il simbolo di una ricostruzione che non conoscerà lentezze burocratiche, né intoppi, né freni.

2100 abitanti circa, Venzone, in provincia di Udine, sorge a 230 metri d’altitudine, tra due valli che lì vi confluiscono.

Il cartello di benvenuto a Venzone (foto di Lorenza Fiorilli)

Conosciuto sin dall’epoca dei Celti e divenuto con i Romani un punto strategico per i commerci, nel XIII secolo il centro storico viene munito di una doppia fila di mura attorno alle quali corre un sentiero di impronta celtica.

Il camminamento intorno alle Mura (foto di Lorenza Fiorilli)
L’ingresso del Duomo  (foto di Lorenza Fiorilli)
Particolare del Duomo (foto di Lorenza Fiorilli)
Il campanile
Il Duomo di Sant’Andrea Apostolo (foto di Lorenza Fiorilli)
La piazza dove si affaccia il Palazzo Comunale (foto di Lorenza Fiorilli)
Bifore del Palazzo Comunale (foto di Lorenza Fiorilli)

 

Nel 1965 Venzone è dichiarato “Monumento nazionale di grande interesse storico ed artistico” ma quando arriva il terremoto del 1976 tutto cade giù, si sbriciola, si disgregano vite e case, chiese e strade.

Ma i friulani vogliono che Venzone sia ricostruito “Dov’era e com’era”: seguiranno anni di sacrifici, abnegazione, e una proficua e strettissima collaborazione tra gli abitanti e le amministrazioni pubbliche.

Ce la fanno.

Venzone rinasce…rinasce con le sue case, le sue strade, la sua chiesa, della quale, dopo il terremoto, si riescono a salvare 9000 pezzi che verranno poi usati per la ricostruzione fedele, il più possibile, al pre-sisma.

Visitare Venzone è un’esperienza che ti accompagnerà per sempre, anche dopo aver lasciato alle spalle il cartello che dice:” Benvenuti a Venzone”.

Tra il Duomo e Via Albero Del Colle,  c’è una piccola area giochi perfettamente tenuta, pulita ed ordinata, proseguendo lungo Via Glizoio Di Mels si giunge al Palazzo Comunale e proseguendo per Via Mistruzzi si può visitare, presso il Palazzo Orgnani-Martina una mostra permanente sul terremoto del 1976, con video, filmati originali, foto d’epoca, a testimonianza che più forte della morte, della distruzione e della disperazione, fu la volontà di rinascita.

Un particolare dell’area giochi (foto di Lorenza Fiorilli)
Il Palazzo Comunale (foto di Lorenza Fiorilli)
Il porticato  sotto il  Palazzo Comunale (foto di Lorenza Fiorilli)
Porta  San Genesio (foto di Lorenza Fiorilli)
Mura di cinta (foto di Lorenza Fiorilli)

Una rinascita che è sotto gli occhi di tutti e che si chiama Venzone, dichiarata nel 1991 dalla Comunità Europea “Villaggio ideale dove vivere”  e che nel 2017 è stato incoronato il “Borgo più bello d’Italia” dalla trasmissione trasmessa dai Rai 3 “Alle falde del Kilimangiaro”.

Alessandra Fiorilli

Inno a Venezia: in una singolare lettera a lei indirizzata, un ringraziamento speciale per le emozioni che regala.

Cara Venezia,

città osannata e amata, celebrata da grandi scrittori e immortalata da eccelsi pittori.

Sai…mi sembra di conoscerti da sempre, sarà per quelle foto in bianco e nero dei miei nonni in Piazza San Marco con i piccioni, che ho consumato a forza di vedere.

Perché anni fa ogni viaggio di nozze che si rispettasse non poteva non contemplarti.

E tu sembravi aspettare queste coppie di giovani sposi, estasiati dalla tua bellezza che cominciavano a pregustare già dall’uscita della stazione ferroviaria di Santa Lucia.

Il giro in gondola era più costoso del traghetto, ma per la luna di miele si poteva fare questo ed altro.

E pensare che sei nata quasi per caso, perché, nonostante i primi insediamenti  risalgano al periodo pre-romano, il grande sviluppo lo conoscesti nel V secolo, quando le popolazioni della terraferma, per paura delle invasioni barbariche degli Unni, pensarono bene di lasciare le loro case e di stabilirsi in laguna, dove tu le accogliesti con amore.

I palazzi di Venezia (Foto di Lorenza Fiorilli)

La storia ti ha fatto conoscere periodi di grande splendore, come l’epoca della Repubblica Marinara, ma anche la delusione del Trattato di  Campoformio, con il quale la Francia ti cedette all’Austria.

Scorcio di un altro palazzo veneziano (Foto di Lorenza Fiorilli)

Snodo principale e nevralgico per il commercio con l’Est, dopo la scoperta dell’America la tua importanza cominciò a declinare, ma eri sempre tu, splendida ed unica al mondo.

E non c’è turista straniero che non ti abbini, nel suo tour italiano, a Roma e Firenze, tre città-simbolo della nostra penisola.

…ci si avvicina a Piazza San Marco (Foto di Lorenza Fiorilli)

Hai ammaliato e continuerai ad ammaliare milioni di persone, che si perdono nella maestosità di Piazza San Marco dove svetta la Basilica, con all’interno gli splendidi mosaici che ripercorrono la tua storia, il Palazzo Ducale  con la facciata in marmi d’Istria, e il campanile che un tempo serviva come faro per i naviganti.

Il Palazzo Ducale con la sua facciata in marmo d’Istria (Foto di Lorenza Fiorilli)
Il Campanile e il Palazzo Ducale visto dalla laguna (Foto di Lorenza Fiorilli)
Arrivederci Venezia… (Foto di Lorenza Fiorilli)

E tu faro lo sei ancora, per la straordinaria bellezza e l’atmosfera magica, quasi surreale.

E un po’, quando ti veniamo e trovare, ci sentiamo come il grande scrittore Wolfgang Goethe il quale, nel suo libro “Viaggio in Italia”, scrisse a proposito di te: ” E Venezia, grazie a Dio, non è più per me una parola vana, un nome vuoto, il quale mi ha tormentato le tante volte col suo suono fatale”.

Sei sempre più lontana da noi ma vicinissima, per sempre, al cuore  (Foto di Lorenza Fiorilli)

Grazie Venezia, grazie per le emozioni che sai regalare al mondo intero.

Alessandra Fiorilli

Castel dell’Ovo: tra storia e leggenda, la bellezza di una fortezza che rapisce il cuore

 

Lungo via Partenope, scendendo dal quartiere San Ferdinando, o dopo aver percorso il lungomare Caracciolo, non si può fare  a meno di notarlo:  lui spicca sulla distesa di acqua salata, in tutta la sua elegante maestosità e già il nome serba in sé elementi di una leggenda antica. “Castel dell’Ovo”, difatti, si chiamerebbe così per quell’uovo che  il poeta Virgilio avrebbe nascosto nei sotterranei dell’edificio e al quale avrebbe consegnato non solo il destino dell’intera fortezza, ma di tutta la città di Napoli.

Il Castel dell’Ovo al tramonto (Foto di Lorenza Fiorilli)

L’isolotto di tufo, il cui nome è  Megaride, e sul quale svetta il castello,  è unito alla terraferma da un delizioso ponte illuminato, al momento del crepuscolo,  da une serie di lampioni che donano alla fortezza quel senso di magica ebbrezza che ti cattura e ti fa provare quasi un senso di smarrimento.

La magia dell’antica fortezza in uno scatto di Lorenza Fiorilli

Castel dell’Ovo visse poi alterne vicende nel corso dei secoli: complesso conventuale dei monaci benedettini, sede della corte di Ruggiero il Normanno, avamposto militare all’epoca dei Borbone, che procedettero a fortificarlo ulteriormente.

Il tramonto dalla terrazza di Castel dell’Ovo (Foto di Lorenza Fiorilli)

Attualmente Castel Dell’Ovo è visitabile e, dopo aver superato la scalinata d’ingresso, si sale fino alla terrazza dell’ultimo piano che ospita ancora, intatti, i cannoni, terrazza dalla quale il panorama è mozzafiato, specie al tramonto, quando il cielo si trasforma in una tavolozza di colori che vanno dal giallo intenso all’arancione, a quel rosso che incanta i sensi.

Un volo di uccelli salutano il sole che sta lasciando Napoli (Foto di Lorenza Fiorilli)

E quando si scende di nuovo  e si supera il ponte, non si può andar via senza vistare il delizioso Borgo dei Marinari proprio ai piedi della fortezza che vorrai rivedere ogni volta che tornerai a Napoli.

 

Alessandra Fiorilli

 

Il Lago di Carezza…semplicemente lui…

 

 

Il percorso che, per 25 chilometri, conduce da Bolzano al Lago di Carezza, ti fa già assaporare lo spettacolo che ti attende proprio lì, ai piedi del massiccio del Latimar che ogni mattino saluta il nuovo giorno specchiandosi nelle acque del lago, a 1534 metri di altitudine.

Il Lago di Carezza (Foto di Lorenza Fiorilli)

Giunti sullo spiazzale dove è allestito il parcheggio delle auto, si transita per un passaggio, usciti dal quale non puoi fare a meno di chiederti se sei diventata, senza nemmeno accorgertene, Alice nel Paese delle Meraviglie.

Gli alberi che incorniciano lo specchio d’acqua (Foto di Lorenza Fiorilli)

Eccolo…è lì, sembra attenderti e tu, ammaliata come Ulisse dal canto delle Sirene, ti spingi il più possibile vicino a lui per ammirarlo, per farti rapire da cotanta bellezza: le acque che passano dal verde smeraldo al blu intenso, il Catinaccio e il Latimar che scorgi in lontananza, ma che sembrano così vicini, quegli abeti che fanno da corona a questo lago incastonato tra gli alberi e i monti…

Rimani immobile per decine di minuti,  sino a quando non ti incammini per il sentiero che abbraccia l’intera circonferenza del lago.

Un particolare delle acque del lago (Foto di Lorenza Fiorilli)

Ma poi…poi ti fermi nuovamente e allora cominci a credere che le leggende non siano poi tali…e, così, ripensi alle storia che hai letto sul lago di Carezza: la bellissima Ninfa Ondina che abitava le acque e della quale lo stregone Latimar era perdutamente innamorato. Un giorno, per attirarla a sé, fece comparire sul lago uno straordinario arcobaleno che rapì l’attenzione di Ondina, la quale, dopo essersi accorta della presenza di Latinar, fuggì via impaurita. E così, lo stregone, in preda alla disperazione, prese l’arcobaleno, lo fece in mille pezzi e lo gettò nelle acque del lago che, da allora, riflettono i colori trasformandoli in un magico incanto, non solo per gli occhi, ma anche per l’animo.

Uno scorcio del sentiero che corre lungo il lago (Foto di Lorenza Fiorilli)

No…non vorresti andar più via… ti allontani, ma poi ti volti nuovamente verso il lago, poi ti incammini, ma non puoi fare a meno  di ammirarlo ancora e ancora…e quando sei ormai in macchina e lasci il parcheggio, quello spicchio di lago che puoi ancora scorgere, già strugge il cuore di malinconia…

Lo spicchio di lago che ti saluta mentre si va via (Foto di Lorenza Fiorilli)

Alessandra Fiorilli

A spasso per Vipiteno…

 

Annoverato tra i più bei borghi d’italia, Vipiteno-Sterzing, in provincia di Bolzano e nel fantastico e magico Sudtirol, ha un fascino che ti cattura appena cominci ad incamminarti verso il Corso principale, tutto inghirlandato di palazzi dipinti con colori pastello e di finestre tipiche della zona.

I tipici palazzi color pastello che danno il benvenuto ai turisti (Foto di Lorenza Fiorilli)
Uno scorcio dell’architettura tipica del Sudtirol  (Foto di Lorenza Fiorilli)
Particolare della facciata di un palazzo (Foto di Lorenza Fiorilli)

E quando sei lì, con lo sguardo che non sa dove posarsi,  e che volge ora verso i monti, ora verso gli abbaini, sembra di essere in uno di quei paesi descritti nelle favole per bambini.

Particolare delle finestre (Foto di Lorenza Fiorilli)
…come in un modo fiabesco…(Foto di Lorenza Fiorilli)

Lungo il Corso, dove si aprono i caratteristici portici,  svetta il simbolo del paese: la Torre dei Dodici, che divide la città vecchia dalla città nuova.

I tipici portici (Foto di Lorenza Fiorilli)
La Torre dei Dodici, simbolo di Vipiteno (Foto di Lorenza Fiorilli)

La catena delle Dolomiti che abbraccia Vipiteno, regala ai turisti un’aria cristallina, pura.

Scorcio dei monti che circondano Vipiteno (Foto di Lorenza Fiorilli)
Scorcio (Foto di Lorenza Fiorilli)

E quando sei lì non puoi fare a meno di pensare a quanto possa essere affascinante d’inverno, specie durante il periodo natalizio, quando vengono allestiti i tradizionali Mercatini di Natale nel Sudtirol, che si trovano anche a Bolzano, Merano, Bressanone, Brunico. E ti immagini anche la neve quando poi percorri la strada nel senso contrario, e prometti a te stessa che il saluto tributato a Vipiteno, è solo un “Arrivederci”

Alessandra Fiorilli

 

Bolzano- Bozen: il fascino della città altoatesina

 

Piazza Walther e, a destra, il Duomo (Foto di Lorenza Fiorilli)

 

 

Bolzano: pregusti una realtà diversa dalle altre già al momento della prenotazione del biglietto ferroviario, quando, tra le varie stazioni, quella di Bolzano balza fuori dalla lista anche con il suo nome in lingua tedesca “Bozen”. Hai imparato sin dalle scuole elementari che il Trentino Alto Adige è una regione a Statuto Speciale dove vige il bilinguismo (italiano e tedesco) e ti accorgi di quanto sia bella questa multicultura in terra italica, appena solo scendi dalla stazione e ti incammini, a piedi, sino a Piazza Walther, cuore e salotto della città altoatesina.

La piazza al crepuscolo (Foto di Lorenza Fiorilli)

Ti giri più volte su te stessa per ammirare la particolarità dei palazzi con quegli abbaini che fanno capolino dai tetti e noti come l’architettura abbia l’inconfondibile gusto austriaco che ritrovi anche  quando volgi lo sguardo  verso il Duomo in stile gotico , che con il suo tetto smaltato verde-oro, somiglia molto a quello di Vienna.

Scorcio delle Dolomiti dai palazzi più alti (Foto di Lorenza Fiorilli)

E saranno le campane della chiesa a darti il buongiorno… ed è un suono al tempo stesso dolce e potente: dolce come quel monte verdissimo che guarda verso la statua del poeta Walther von der Vogelweide,  e potente come il profilo delle Dolomiti che si scorge dai piani più alti dei palazzi che si affacciano sulla piazza, bellissima di giorno e di e incantevole, indimenticabile di sera.

Alessandra Fiorilli

Ravello, Villa Cimbrone: laddove ci si fonde con l’infinito…

Uno scorcio del panorama dalla Terrazza dell’Infinito di Villa Cimbrone (Foto di Lorenza Fiorilli)

 

Ravello: quella che sembra essere una semplice indicazione stradale, lungo il percorso mozzafiato che regala la costiera amalfitana, diventa, una volta arrivati in cima, il luogo dove il respiro sembra spezzarsi dall’emozione, dove il cuore comincia a battere più forte e dove i sensi sono esalati da cotanta bellezza.

Giunti nel centro di Ravello, si arriva a Villa Cimbrone attraverso una serie di viuzze in salita: lo spettacolo che attende i visitatori vale la pena di tutto il percorso da fare a piedi.

L’entrata di Villa Cimbrone (Foto di Lorenza Fiorilli)

Arrivati in cima, si entra accolti dai resti dell’antica villa, mentre la natura ti abbraccia con tutto quanto di bello possa regalare: l’incanto del monte che si protende sin verso il mare.

Varcata la soglia dell’entrata, a sinistra un chiostro in stile arabo-siculo normanno, conduce verso la maestosa cripta con massicci archi portanti dal gusto cistercense: qui già lo sguardo è rapito ora dal monte, ora dal mare, in un connubio di maestosa pace.

Particolare del chiostro (Foto di Lorenza Fiorilli)
Altro scorcio del chiostro (Foto di Lorenza Fiorilli)
Lo spettacolo della natura da un’arcata del chiostro (Foto di Lorenza Fiorilli)
Uno scorcio dal Viale dell’ Immenso (Foto di Lorenza Fiorilli)

Usciti dal chiostro, il turista s’incammina lungo il Viale dell’Immenso che conduce alla Terrazza dell’Infinito: capisci che non c’è nome più adatto di questo, solo quando ti affacci, e lo sguardo spazia su una distesa di mare blu la cui vista ti travolge, ti stordisce.

La Terrazza dell’Infinito…(Foto di Lorenza Fiorilli)
Uno scorcio del panorama dalla Terrazza dell’Infinito (Foto di Lorenza Fiorilli)
L’infinito è davvero qui…(foto di Lorenza Fiorilli)

 

Non riesci proprio ad andar via, e quando devi salutare questo spettacolo naturale dal sapore paradisiaco, ti volti indietro più volte e sai che quella Terrazza dell’Infinito ti ha stretto a sé in un abbraccio che sentirai sulla pelle ogni volta che penserai a Ravello, a Villa Cimbrone al suo belvedere.

 

Alessandra Fiorilli

 

 

L’incanto delle Alpe di Siusi…

L’emozione si siede già accanto a te nell’istante stesso in cui prendi posto nella cabinovia che da Siusi ti conduce, in circa 20 minuti, sull’Altopiano.

A valle sei già a quota 1000 e sai che arriverai fino a quasi 1900 metri, eppure non riesci nemmeno ad immaginare cosa ti aspetta in cima, dove si estende l’altopiano più grande d’Europa: 56 chilometri quadrati.

Nella cabinovia… (foto di Lorenza Fiorilli)
Il tratto che percorreremo…(foto di Lorenza Fiorilli)

 

E mentre t’incanti nel guardare il panorama che inizia lentamente ad abbracciarti,  vedi gli altri che passano dal lato opposto al tuo e li saluti, quasi come li conoscessi da tempo, da sempre, perché il condividere emozioni così forti ti fa sentire parte di un tutto.

Si diventa “amici” nel percorso e si saluta chi è dal  lato opposto al nostro…(foto di Lorenza Fiorilli)

Arrivare alle Alpe di Siusi è giungere in una dimensione che sta tra l’onirico e il surreale, perché sembra di essere protagonisti di un sogno e parte di un paesaggio che credevi esistesse solo nella favole.

La terrazza panoramica che ti dà il benvenuto, appena scesi dalla cabinovia (foto di Lorenza Fiorilli)

Appena scesi dalla cabinovia che quasi ti aspetti che da un momento all’altro sbuchi fuori il coniglio di Alice( la bambina del Paese delle Meraviglie)  e ti chieda di seguirlo…e tu gli dici di sì, lo segui quel coniglio immaginario, tanta è la magia che avvolge tutto il paesaggio circostante.

Lo spettacolo delle Dolomiti (foto di Lorenza Fiorilli)

E mentre ti incammini sui sentieri, non puoi fare a meno di pensare ad Heidi, la famosa protagonista dell’omonimo cartone animato…lei viveva con il nonno sulle Alpi svizzere e qui siamo in provincia di Bolzano, nella cornice dolomitica, ma le montagne si somigliano e quando ti entrano dentro non conoscono confini.

Allora comprendi così facilmente il motivo per cui la piccola Heidi piangeva a Francoforte, lontana dal nonno, dalle sue montagne, dai prati che si perdono a vista d’occhio, proprio come avviene alle Alpe di Suisi. Cartelli in legno  ti indicano i vari sentieri nei quali ti puoi addentrare, mentre baite sono sparse qua a là per poter rifocillarti.

L’aria è cristallina, non si sente altro che l’odore dell’erba e non  c’è altro suono che il fruscio del vento.

Prendiamo il sole su una sdraio, ma non riusciamo a tenere gli occhi chiusi  davanti a tanta bellezza del panorama dolomitico.

Il cielo che sembra spennellato da un pittore…(foto di Lorenza Fiorilli)

E quando vai via, non vorresti farlo e quel coniglio che credevi di aver incontrato, appena scesi dalla cabinovia,  sembra ti voglia trattenere… saliamo, alla fine, sulla cabinovia e ci voltiamo indietro fino a quando dietro di noi quell’alpeggio sconfinato scompare dalla vista,  pur se resterà per sempre impresso negli occhi, nell’anima, nel cuore…

Si sta per scendere a Siusi…(foto di Lorenza Fiorilli)

Alessandra Fiorilli