I Racconti di Mila e Pila- 23 Dicembre: scarpone e scarpina- 4° Parte

“Verità per verità- disse la scarpina- se tu hai aiutato il tuo padrone a mandare avanti la famiglia io, quella stessa famiglia di cui vai parlando, ho contribuito a crearla”.

Lo scarpone, incuriosito, le chiese di raccontargli la storia.

“Ecco, vedi, io sono la scarpina che la signora qui davanti a noi ha indossato al ballo del paese. Oh, la ricordo ancora chiaramente com’era bella, con quel vestito a fiori bianchi e gialli, i capelli raccolti e due orecchini di perle ed io ai piedi. Era la più bella di tutte e i ragazzi presenti al ballo fecero a gara per invitarla. Ma lei no, lei aspettava l’uomo che l’avrebbe fatto battere il cuore forte forte. E lui arrivò, non era il più bello, né il più simpatico, ma era lui, e la signora lo riconobbe subito perché le sembrò di conoscerlo da sempre. Ballarono per tutta la serata e poi, accompagnandola a casa, le fece i complimenti per come aveva ballato e lei rispose che era stato tutto merito delle scarpine che indossava, avvolgenti comode, morbide e leggere. Quindi, come vedi, caro scarpone, non sono stata poi così tanto inutile nella mia vita”.

Lo scarpone si asciugò le lacrime e chiedendole scusa per il suo atteggiamento, le disse queste parole:

“Io, vedendoti così, credevo che non ero servita proprio a nulla e mi sono chiesto tante volte perché eri stata conservata insieme a me, a me che ho lavorato anche quattordici ore di seguito in campagna. La mia vita è stata dura, eppure non rimpiango nulla perché sono fiero di quello che sono riuscito a fare. Quante zolle di terra ho calpestato, quanti chilometri ho marciato, giù e su, su e giù per il podere e solo per aiutare il mio padrone a portare a casa ceste e ceste di prelibata frutta e verdura che poi venivano anche vendute al mercato. La mia vita è stata faticosa e forse la stanchezza mi ha fatto diventare insensibile, incapace di vedere di là delle apparenze. Ti ho giudicato, scarpina, vuota e senza valori solo perché non avevi sotto la suola la terra di campagna invece, anche tu sei stata importante per la vita di questa famiglia . Ti chiedo scusa”.

I Racconti di Mila e Pila- 23 Dicembre: scarpone e scarpina- 3° Parte

“Si può sapere cosa mai è successo? Perché adesso, dopo aver trascorso in quest’armadio a muro tanti anni vicini, vi siete messi a bisticciare?” chiesi io e la scarpina mi rispose così.

“E’ impensabile che una scarpina di classe come me debba stare vicino a questo scarpone incrostato di terra che ogni volta che si muove mi dà dei calci che mi rigano tutto il tacco!”

E così dicendo mi mostra delle rigature sottili che in realtà la volta precedente non c’erano.

“Scarpone, un po’ d’attenzione, non essere così rude, te ne prego”, dissi io.

Lo scarpone con il suo vocione grosso cominciò a lagnarsi della scarpina, della sua fanaticheria e confessò che non la sopportava più, ecco perché di notte le lanciava dei calci.

“Signora Mila- disse lo scarpone- non trovo giusto che uno come me, che si è fatto in quattro per aiutare a mandare avanti una famiglia debba essere, in vecchiaia, trattato così da questa scarpina sciocca e senza valori!”

La scarpina si risentì non poco di quest’osservazione e rispose a tono.

“Io non sono per niente sciocca e senza valori….”

E così dicendo cominciò a piagnucolare sempre più forte.

I Racconti di Mila e Pila- 23 Dicembre: scarpone e scarpina- 2° Parte

“Buongiorno” le dico queste parole mentre l’abbraccio cingendole la vita.

Lei mi risponde ma la sua voce è rotta dal pianto.

“Che cosa hai nonna? E’ successo qualcosa?” le chiedo preoccupata.

“Niente, piccola, stavo solo pensando al nonno” mi risponde con un filo di voce.

“Anch’io stavo pensando a lui, proprio qualche minuto fa, ma ho dovuto ributtare indietro la sua immagine perché altrimenti avrei pianto per chissà quanto tempo”.

La nonna sembra sollevata da questa mia confessione e mi dice:

“E’ normale pensare, nei giorni di festa a chi ci ha lasciato, però tra qualche ora, come di consueto, arriverà il signor Luigi con la cassetta di pesce, non rattristiamoci più!”

Capisco da questa frase che la nonna si sta per trasformare, come per magia, nella signora Mila e allora mi accomodo sulla sedia dondolo mentre lei comincia a parlare così.

“Signora Pila, non può neanche immaginare quello che mi è successo qualche giorno fa, mentre stavo sistemando l’armadio a muro. Volevo mettere un po’ d’ordine tra quelle  scarpe vecchie che non riesco però mai a buttare, perché sono troppo piene di ricordi, quand’ecco che all’improvviso, sento una voce stridula che dice queste parole:

“Ma guarda cosa devo sopportare, io, una scarpina da ballo, delicata, ornata di perline…ma guardi dove va, brutto scarpone che non è altro!”.

Allorché un vocione cupo rispose così:

“Io sarò anche un vecchio scarpone, ma ho permesso al mio padrone di vangare, di zappare, di coltivare ogni tipo di piante e di raccogliere tanti frutti. Vede queste incrostazioni di terra? Non vanno più via, ma sono fiero di ciò, perché rappresentano il grande valore del lavoro, mentre lei, signora scarpina, cosa ha fatto di così importante di cui andare fiera?”.

La scarpina perse la pazienza e cominciò a dire frasi su frasi incomprensibili perché la sua voce, a furia di urlare, era diventata stridula.

“Un po’ di silenzio e di rispetto per me che sono costretta a sopportare il vostro bisticcio!”

Dissi io allo scarpone e alla scarpina che si era calmata.

I Racconti di Mila e Pila-23 Dicembre: scarpone e scarpina- 1° Parte

23 DICEMBRE: SCARPONE E SCARPINA

Tra due giorni è Natale, e non posso proprio fare a meno di pensare al nonno…oh, lo ricordo come se fosse ieri quando, terminati i lavori in campagna, d’estate, portava addosso l’odore dei pomodori appena colti oppure d’inverno, quando il suo ingresso in casa, dove la nonna ed io lo attendevamo trepidanti, faceva entrare con sé anche l’aria fredda di questa collina.

Il 23 dicembre…se penso all’ultimo 23 dicembre trascorso con il nonno, mi viene quasi da piangere…potrei anche farlo, tanto sono ancora a letto e la nonna non mi viene a svegliare quindi potrei bagnare di lacrime queste candide lenzuola che sanno ancora di bucato, ma la nostalgia sarebbe troppo forte e diventerebbe impossibile mandarla via.

No, ho deciso, non piangerò, non oggi, perché oggi è il 23 dicembre e come ogni antivigilia che si rispetti, il signor Luigi ci porterà il pesce che la nonna preparerà per il cenone di domani.

Il signor Luigi è un tipo un po’ buffo, lo ricordo sempre vestito da marinaio, anche quando andava nel bosco a spaccare la legna.

Lui era nato in un paese, dove l’odore della salsedine riempiva le case, dove il rumore della risacca cantava la più bella ninna-nanna ai bambini e quando si trasferì qui, portò con sé anche una grande nostalgia di quei luoghi, ecco perché il suo abbigliamento preferito ricorda quello di un vecchio marinaio.

Continua ad avere attraccato al porticciolo della sua città, una barca bianca e blu che porta il nome di GINETTA, ma ormai, dato l’età e gli acciacchi, va a trovarla sempre meno.

Ecco perché il 23 dicembre, e sono anni ormai, il signor Luigi ci porta dell’ottimo pesce che i suoi amici marinai, quelli veri, quelli che escono alle due di notte con la propria imbarcazione, provvedono a pescare.

Abbandono il mio letto e vado giù dalla nonna.

I Racconti di Mila e Pila-22 Dicembre: la foglia di città e la foglia di collina- 4° Parte

“Sono io, sono la foglia di collina, sto nel tuo libro di favole. Sono anni che mi conservi tra sue pagine, da quel giorno che mi raccogliesti durante la passeggiata nel bosco.”

“Ma certo, foglia rossa e arancione!” dissi ciò mentre presi il libro nel quale era gelosamente custodita.

La liberai e la misi vicino alla foglia di città e così si misero a parlare tra di loro.

“Non essere triste, qualcuno ti avrà voluto bene di sicuro, solo che non te ne sei mai resa conto” disse la foglia di collina a quella di città.

“Non cercare di consolarmi, non è come dici tu” le rispose con aria rattristata.

“Pensaci bene, nessuno ti ha mai preso tra le sue mani e ti ha mai detto che eri bella?”

“Fammi pensare- rispose la foglia di città- ma certo, quel giorno, al parco, quando una bambina toccò le mie nervature e chiese alla sua baby-sitter cosa fossero. Solo che lei non seppe risponderle nulla.  Ma la bimba continuò a cullarmi tra le sue mani e le chiese se poteva portarmi a casa, ma la ragazza le disse di buttarmi via perché ero sporca, invece ero appena caduta dall’albero e mi ero posata sulla panchina dove c’era anche la piccola”.

“Ecco lo vedi, non è vero che nessuno non ti ha mai notato.”

“Sì però la vita in collina è diversa” rispose la foglia di città.

“Non posso negarlo- disse la foglia di collina- noi lì abbiamo la fortuna di respirare l’aria pura e quando arriva l’autunno, nessuno ci spazza via con quelle lunghe scope per gettarci nel cassonetto della spazzatura. Ci trasformiamo in humus che servirà alla terra per rimanere fertile. E poi, ascoltiamo le voci dei bambini e vediamo gli animali liberi di correre dove vogliono. Vivere in collina è stato bellissimo. Sono stata molto fortunata, solo che…”

“Solo che…”rispose la foglia di città.

“Solo che era da un po’ che mi sentivo molta sola in quel libro di favole, vorresti diventare mia amica, così parliamo e ci raccontiamo un po’ delle nostre avventure?” propose la foglia di collina.

“Mi piacerebbe tantissimo” disse la foglia di città.

E da quel giorno le due foglie diventarono amiche per la pelle.

 

 

 

 

 

 

 

I Racconti di Mila e Pila- 22 Dicembre: la foglia di città e la foglia di collina- 3° Parte

La mia storia di fantasia inizia così.

“Un pomeriggio, di ritorno da scuola, mentre ero nella mia cameretta intenta a fare i compiti, sentii una vocina:

“Sono proprio sfortunata, sono una delle migliaia di foglie di una grande città, dove tutti vanno sempre di fretta e nessuno si interessa a me. Ecco, guarda, adesso ci mancava solo di essere intrappolata sotto questa scarpa!”.

Mi girai più volte ma non c’era nessuno, andai per tutta casa ed anche lì neanche l’ombra di essere vivente.

Ovunque andassi, però, questa vocina mi seguiva.

“Basta, fermati, te ne prego, mi stai facendo troppo male!”

“Ma dove sei, non vedo nessuno!” chiesi io.

“Sono qui, sotto la suola della tua scarpa, sono una foglia portata via dal vento”.

Alzai il tacco della scarpa e mi accorsi di questa foglia che non voleva saperne di staccarsi dalla suola.

“Sono rimasta attaccata perché poi tu sei passata su quella striscia d’asfalto che non era ancora del tutto asciutta”.

“Ah, scusami tanto, non me ne ero neanche accorta! Adesso cercherò di staccarti dalla suola” dissi io.

“Sì però con delicatezza, altrimenti mi fai male” rispose la foglia.

Mi tolsi la scarpa e con grande maestria, riuscii a liberare la foglia che mi ringraziò e sospirò.

“Cosa c’è che ti rattrista così tanto? “ le chiesi.

“ Nessuno mai mi ha mai degnato di uno sguardo. Noi in città siamo sopra gli alberi sino a quando le prime folate autunnali non ci separano dalla nostra casa e noi andiamo vagando per le strade. Nessuno mi ha mai voluto bene”.

Proprio nell’istante in cui la foglia di città smise di parlare, ecco che sentii un’altra vocina.

“Io invece sono stata fortunata, non solo mi hanno amata ma hanno voluto che io vivessi per sempre”.

“Hai sentito anche tu quello che ho sentito io?” mi chiese la foglia di città.

“Certamente, chi sarà stata a parlare?” le risposi incuriosita.

I Racconti di Mila e Pila-22 Dicembre: la foglia di città e la foglia di collina- 2° Parte

“Scusami per quello che ti ho detto, nonna, è che mi manchi tanto, specie la sera, quando io mi metto a guardare fuori le grandi vetrate del nostro soggiorno e vedo tante luci fuori. Non perché io non voglia bene ai miei genitori ma sai che abbiamo trascorso tantissimo tempo assieme, dato che loro due erano sempre fuori per lavoro. Devo confessarti che qualche mese fa ho incontrato, durante una delle tante cene che la mamma organizza per i suoi nuovi colleghi di Chicago, le persone responsabili della scelta del loro trasferimento. Terminata la cena, sono andata in camera mia, mentre gli altri erano seduti sui candidi divani del soggiorno, e alitando sul vetro della finestra ho scritto:

“Perché tutto ciò? Ma non sono riuscita a trovare la giusta risposta a questo interrogativo”.

Vedo la nonna rattristata e mi sento in colpa allora ecco che in aiuto arriva la signora Pila, nella quale mi trasformo.

“Signora Mila, ma non sa quello che mi è successo qualche mese fa, una foglia di città che si è messa a parlare con una foglia di collina. Mettiamoci sedute. Vuole signora?”

“Certamente, con grande piacere” risponde la nonna, visibilmente sollevata per questo gioco che sta piacendo tanto a entrambe.

I Racconti di Mila e Pila- 22 Dicembre: la foglia di città e la foglia di collina- 1° Parte

“Nonna, ti ricordi quando, ogni Natale, c’era da mettere la punta sull’albero, io mi offrivo sempre come volontaria ma poi, davanti ai gradini della scala di legno, rinunciavo? Ecco, andare ad abitare a Chicago mi ha almeno fatto passare questa paura, figurati, stiamo al 57° piano: non solo ho dovuto vincere la paura degli ascensori ma anche quella dell’altezza. Quindi, nonna passami il puntale dell’albero di Natale che quest’anno ci penso io”.

Siamo in grande ritardo, è il 22 dicembre e ancora dobbiamo finire di addobbare l’abete che la nonna ha acquistato, come sempre, dal signor Mario.

Sino allo scorso anno, gli addobbi natalizi li facevamo l’8 dicembre, ma adesso che la nonna è sola non se la sente più di a scegliere quello che dovrà mettere sui rami del verdissimo abete.

Ma adesso siamo di nuovo insieme e grande il desiderio di far finta che non è successo nulla, anche se è difficile pensarlo: tra meno di due settimane io dovrò partire di nuovo per Chicago e lei rimarrà di nuovo sola in questo casolare in collina.

Ho un lampo di genio, e comunico a nonna Angela la mia brillante idea.

“Quando dovrò preparare la valigia tu la farai con me” dico con un tono squillante di voce.

“Ma cosa stai dicendo, Ludovica, vuoi davvero che io, alla mia età, mi trasferisca a Chicago, in una nazione così diversa dalla nostra, dove si parla una lingua che non capisco e che non so… non diciamo sciocchezze!”

“ Se tu partissi con me noi due, staremmo sempre insieme. La casa che abbiamo in città ha altre due stanze che la mamma tiene sempre chiuse. Perché non ci pensi un po’ sù?” le chiedo con un velo di tristezza.

“Non c’è nulla su cui riflettere, io non me la sento di lasciare questo casolare” risponde con tono fermo la nonna.

“Il casolare no e me sì, allora è più importante questa casa che me?” dico quasi piangendo.

“Ludovica, tu sei ancora una bambina ma quando diventerai anziana, come lo sono io, capirai che a una certa età, tutto fa parte di te, e sarebbe troppo doloroso separarsene. Noi due possiamo sentirci, scriverci, ma una volta che io sprangassi questo casolare, come potrei stare senza il mio camino, le mie tendine di pizzo sangallo, la mia scala in legno?” risponde con infinita dolcezza la nonna mentre mi accarezza i capelli.

Io l’abbraccio forte forte, come quando tornavo da scuola, come quando sono tornata qui qualche giorno fa.

I Racconti di Mila e Pila- 21 Dicembre: il vecchio macinacaffé- 4° Parte

“La nostra compagnia…-rispose la nonna con le lacrime agli occhi…-ormai sono andati tutti via da questo casolare. Più nessuno mi chiede di preparare il prelibato caffè”.

Allorché il macinino, sentendo la nonna così triste e avvilita, la consolò dicendo che lei doveva ritenersi una persona fortunata perché per molti anni era stata circondata dall’amore dei suoi cari.

“Portami sopra con te, te ne prego” implorò il macinino.

“ Va bene, ma decidi tu dove vuoi essere messo”.

“Sul camino e ospiterò, con la mia bocca aperta, i fiori di campo che ogni mattino di primavera vai a cogliere sul prato” gli rispose.

“Va bene, farò come vuoi tu” disse la nonna, mentre con una mano prendeva il macinino e con l’altra stava cercando di non far cadere a terra la manovella penzolante.

E così da quel giorno il macinino, anche se non macina più i chicchi di caffè, prende comunque parte alla vita di tutti giorni.

Appena la nonna termina il suo racconto, io mi avvicino al vecchio macinino, lo accarezzo come fosse una bestiolina ferita e gli prometto che quando la prossima estate tornerò, provvederò io a riempirlo di fiori di campo, in segno di ringraziamento per tutto ciò che di bello è riuscito a regalarci in tanti anni trascorsi assieme.

 

I Racconti di Mila e Pila- 21 Dicembre: il vecchio macinacaffé- 3° Parte

“Non potrei mai disfarmi di te, sai bene che sei stato per noi sempre un oggetto di buon augurio, capace com’eri di allietare e sottolineare con l’inconfondibile aroma del caffè macinato i risvegli al mattino o la visita di un amico caro il pomeriggio. Ma vedi, io ho cercato in tutti i modi di salvarti ma non c’è stato nulla da fare”, risposi con la voce rotta dal pianto.

Allorché il macinino, dopo essersi calmato un po’, continuò il suo discorso.

“So bene che non servo più però tu devi capire il mio dolore nel vedere un altro macinino nel posto che era stato il mio, nella stessa credenza dove ho vissuto per tanti anni, accanto al mio fedele amico caffè. Quando l’ho visto entrare in casa, quel macinino elettrico, senza anima, senza ricordi, senza una storia, mi sono sentito dilaniare da un dolore grandissimo. Ti sei limitata a mettermi sul tavolo ed io sono stato costretto a vedere quel nuovo macinino occupare il mio posto. Lui, tutto lucido e senza nemmeno un segno, avrebbe accompagnato le vostre giornate mentre io…io sarei stato il vostro passato e nulla di più. Poi, il passo dal tavolo alla cucina è stato breve, e adesso sono qui, al buio, tra cose destinate a essere gettate via, un giorno o l’altro”, disse il macinino mentre fu preso da un attacco di tosse.

“Non era nelle mie intenzioni allontanarti così dalle nostre vite, non l’avrei mai fatto, ma ho pensato che forse qui in cantina avresti sofferto di meno invece che vedere ogni giorno il nuovo macinino nella credenza”, risposi mentre accarezzai dolcemente la manovella ferita del vecchio macinino.

E continuai a parlare.

“Nessun macinino potrà mai cancellare i bei momenti trascorsi insieme. Ricordi quel pomeriggio d’estate, quando arrivarono i nostri parenti? Io li feci accomodare e chiesi loro quello che volevano da bere. Pensai subito a qualche bibita fresca, ad un’orzata con il latte, a un bicchiere di menta, a della succosa amarena, ma loro dissero che volevano il caffè, quello speciale, quello i cui chicchi li macinavi tu…”  fui poi interrotta dal macinino.

“Quanti chicchi ho macinato perché eravate in tanti e quanta felicità provai nel sapere di essere stato capace di accompagnare quel pomeriggio così pieno di letizia…” mi disse.

“Che cosa posso fare per farti comprendere che sei ancora importante per me?” gli chiese la nonna.

“Riportarmi sopra casa e mettermi in un posto dove io possa ancora godere della vostra compagnia…”.