I Racconti di Mila e Pila- 21 Dicembre: il vecchio macinacaffé- 2° Parte

“E’ accaduto tutto la scorsa estate, quando, in preda ad un caldo africano, mi venne voglia di un caffè freddo. Aprii la credenza, lo presi e comincia a girare i chicchi, sino a quando sentii uno strano rumorino. Si era rotta la manovella. Corsi subito da Giuseppe, il fabbro, ma lui mi disse che non ne faceva più di questi lavori e che sarebbe stato impossibile ripararlo. L’unica cosa che mi rimaneva da fare era di comprarmene uno nuovo. Ma di macinini così non ne fanno più allora fui costretta a portarmi a casa un macinacaffè elettrico, uno di quelli senza anima e senza storia. Il vecchio macinino lo portai giù in cantina ma nell’istante stesso in cui chiusi dietro di me la porta, sentii un lamento soffocato e dei singhiozzi. Tornai indietro e quello che vidi ha dell’incredibile: il vecchio macinino si era messo a parlare con me e mi stava chiedendo di poter tornare nella cucina dove aveva trascorso tanti bei momenti in nostra compagnia. Signora Pila, le racconterò questa storia, vuole?” mi chiede la nonna.

“Certamente, signora Mila, sono proprio curiosa di sapere cosa le ha detto il suo macinino” rispondo, accomodandomi sul gradino in mattoncini del camino in pietra.

E la nonna comincia il suo racconto.

“Avevo portato il mio macinino in cantina, dopo che il signor Giuseppe mi aveva comunicato la notizia che nulla avrebbe più potuto riportare in vita il fedele amico di tanti bei momenti.

Appena chiusi la porta sentii un lamento strozzato, seguiti da alcuni singhiozzi.

“Che cosa ha fatto di male…sono stato sempre vicino a voi, ho accompagnato i vostri momenti più belli, ho macinato il caffè che hai preparato per gli ospiti accorsi in occasione della prima comunione di tuo figlio, i chicchi che sono andati a riempire d’aroma e di fragranza tutta casa li ho frantumati io. Non mi sono mai tirato indietro di fronte al lavoro e adesso, tu che fai? Mi getti via in cantina, dimenticandoti così di me?”.

Capii dalle parole che era stato proprio il vecchio macinino a parlare e così tornai sui miei passi, accesi la luce della cantina e mi misi ad ascoltare ciò che voleva dirmi il macinino.

“E’ vero, ora non ti servo più, ma ti  prego, non dimenticare i bei momenti trascorsi assieme”.

Disse queste parole mentre cominciò a singhiozzare dal pianto dirotto.

I Racconti di Mila e Pila- 21 Dicembre: il vecchio macinacaffé -1° Parte

 

“Come si mangia a Chicago? E’ vero, come fanno vedere nei film, che negli Stati Uniti vanno pazzi per gli hot-dog, che la gente adora mangiare durante la pausa pranzo, e per quelle ciambelle glassate?” chiede la nonna mentre sta facendo sposare tra loro la farina e le uova per preparare la sua prelibata pasta fatta a mano.

“E’ così, nonna. La seconda cosa che più mi è mancata a Chicago, dopo di te, sono stati i tuoi piatti. Una mattina sono entrata dal panettiere, che si chiama baker, e ho notato che dietro la vetrina era esposta una torta al caffè. L’ho acquistata, credendo di poter assaporare il gusto lontano di casa ma non è stato così”.

“Non ti è proprio piaciuta?” dice la nonna mentre l’aiuto a tirarsi su le maniche del vestito.

“No, non mi è piaciuta. A parte che lì il caffè è molto diverso dal nostro, loro dicono che lo fanno lungo ma secondo me converrebbe loro accorciarlo un poco, visto mai che diventa un pò più saporito!!!” rispondo io, con lo sguardo rivolto verso la credenza mentre le chiedo di poter preparare insieme la sua imbattibile torta al caffè.

Lei non riesce proprio a dirmi di no, così m’invita a prendere tutti gli ingredienti.

“Mettili sul piano della cucina, perché devo prima finire di preparare  la pasta all’uovo”.

Uova, zucchero, farina e il macinino del caffè, il compagno di tante avventure in cucina.

Indugio per un paio di minuti davanti alle ante aperte della credenza, ma non riesco proprio a vedere il vecchio macinino.

“Nonna, ma dov’è? Gli hai fatto cambiare posto, per caso?”.

La nonna non risponde subito.

“Non mi dire che l’hai buttato… no, nonna, lui era parte di noi…”

Nonna Angela lascia l’impasto a metà e pulendosi le mani, mi racconta cosa è successo al macinino da caffè.

I Racconti di Mila e Pila- 20 Dicembre: un vento un pò birbantello -3° Parte

Iniziai a raccontargli la mia storia.

“Io abito, o meglio, abitavo in un casolare di collina, insieme a mia nonna Angela e ai miei genitori che però non stavano mai con noi perché viaggiavano sempre. Da qualche settimana siamo qui a Chicago e se proprio lo vuoi sapere la prima cosa che ho pensato quando una folata di vento mi ha fatto andare negli occhi un po’ di polvere, è stata che eri proprio fastidioso…”

“Ecco, lo vedi, ho proprio ragione…” disse queste parole mentre il vento si stava piegando a metà dalla tristezza.

“Non ti preoccupare, non essere così triste. Facciamo un gioco e pensiamo a quello che di bello il vento fa per tutti gli uomini”.

“Sì, sì, dai facciamo così…” la folata sembrava contentissima e stava muovendo la sua chioma.

“Allora…vediamo…senza il vento non ci sarebbe l’impollinazione di molte piante, gli amanti del windsurf non potrebbero più andare sulle loro tavole. E poi, proprio qui vicino, ho visto che c’è una centrale eolica, è importante sai, perché così la gente può utilizzare l’elettricità senza inquinare. Quindi vedi, il tuo lavoro è prezioso, non ti abbattere!”.

Il vento sembrava più sereno di prima, però, mi confessò che gli mancava tanto suo fratello.

“Tuo fratello? E dove abita tuo fratello?” gli chiesi incuriosita.

“In Italia, ecco perché mi piacerebbe andarci. Lui sta in collina e si diverte tanto a rumoreggiare nei camini della gente e a far ondeggiare le chiome degli alberi secolari della collina lì vicina”.

M’incuriosirono le sue parole e  gli chiesi se suo fratello abitasse proprio nel paese dove sta mia nonna.

Lui si alzò di scatto dalla panchina e disse:

“Sì, allora l’hai conosciuto! Ma dimmi, dimmi, come sta? Tutto bene, ha qualche acciacco?”

“Sta bene, sta bene, non preoccuparti, è un po’ birbantello, proprio come te ma sta bene. E adesso che non sto più con la nonna mi fa piacere sapere che sia lui a tenerle compagnia nelle lunghe sere d’inverno”.

“Buffo, vero? Ci siamo incontrati per caso e abbiamo scoperto che siamo quasi parenti…” rispose il vento, il quale aggiunse:

“Dovrei chiederti una grande cortesia…”

“Dimmi pure”.

“Tanto, nessuno sentirà la mia mancanza se mi assento per una decina di minuti. Faccio un salto da mio fratello, il tempo di abbracciarlo e torno qui a Chicago.”

“E va bene, ti aspetto qui ma se proprio vai in Italia, ricordati di salutare la nonna da parte mia”.

“Agli ordini!” e in un battibaleno scomparve.

Dopo sette minuti e ventinove secondi era già di ritorno e aveva gli occhi lucidi:

“Sta bene mio fratello, ma ho avuto solo il tempo per abbracciarlo”.

“E la nonna come sta mia nonna?” gli chiesi con insistenza.

“Ha lo sguardo triste e mio fratello dice che guarda sempre le tue foto. Gli ho detto di soffiare più forte stasera nel suo camino per farla sentire meno sola”.

“Grazie, vento sei un vero amico”.

Ci alzammo dalla panchina e dopo esserci abbracciati, gli chiesi di venirmi, ogni tanto, a bussare alle grandi vetrate del soggiorno.

“Stasera io soffierò per te e mio fratello per tua nonna e così vi sentirete meno lontani”.

“ E fu così che quella notte non mi sentii poi così triste per la sua assenza, signora Mila”.

La nonna ed io ci abbracciamo proprio mentre il vento sembra gioire della nostra felicità.

 

 

I Racconti di Mila e Pila- 20 dicembre: un vento un pò birbantello- 2° Parte

“Che strano, nonna, pensa che Chicago la chiamano “Windy city”, la città del vento, perché lì il vento accompagna ogni momento della giornata e ogni stagione dell’anno”, le dico ciò tra una cucchiaiata e l’altra dell’ottimo zabaione che solo la nonna sa preparare con così tanta maestria.

“La città del vento eh…?” e mentre la nonna si allunga sulla sedia a dondolo davanti al camino, capisco che è arrivato il momento di trasformarci in Mila e Pila.

“Sa signora Mila- dico mentre mi asciugo gli angoli della bocca- mi è accaduto un fatto molto strano nella nuova città, dove adesso risiedo. Vuole che glielo racconti?”

“Certamente, signora Pila, sono tutta orecchie”, risponde la nonna.

Inizio con la mia storia fantastica.

Mentre stavo tornado a casa da scuola, una sferzata di vento freddo mi si mise davanti e cominciò a parlarmi.

“Ma le pare che non ho un attimo di tempo per me, eh? Sempre a soffiare, mattina, pomeriggio, sera, notte, inverno, primavera, estate, autunno. Guardi, guardi se uno può andare in giro così, con i capelli lunghi e incolti e con le scarpe da risuolare! E poi dopo tanto lavoro, la gente non fa altro che lamentarsi di me!!!”.

“Hanno ragione gli abitanti di Chicago, caro il mio vento, sei proprio fastidioso, non ci lasci un attimo in pace!” gli risposi mentre mi stavo mettendo seduta su una panchina.

La folata fredda si accomodò vicino a me e mentre stava sbirciando i miei libri, tenuti insieme da un elastico doppio e coloratissimo, mi disse:

“Sarei voluto tanto andare a scuola e imparare cose nuove ma da lassù mi hanno detto che avrei dovuto solo soffiare e soffiare perché ero staro assegnato a Chicago, la “Windy City”, la città del vento. Io ho cercato di protestare ma non c’è stato nulla da fare, la decisione era stata ormai presa!”.

“Ma non ti piace il tuo lavoro?” gli chiesi mentre si stava sistemando la chioma scompigliata.

“Mi piace quando in autunno, con le mie folate, le foglie secche e rosse degli alberi sembrano rincorrersi per le strade, mi piace in estate, quando la gente, in riva al lago Michigan, si stende sulla sabbia e si gode la mia brezza, ma mi dispiace dare tanto fastidio l’inverno, quando le persone devono uscire da casa tutte imbacuccate e quando con le mie sferzate di aria gelida, faccio arrossire i loro volti. Io volevo anche dare le dimissioni, ma non le hanno accettate. Sarei tanto voluto andare in Italia, una nazione meravigliosa, come dicono molti che l’hanno visitata”.

“Io vengo proprio da lì..” gli risposi mentre il vento si stava agitando contento davanti a me.

“Racconta, ti prego, racconta…”

I Racconti di Mila e Pila- 20 Dicembre: un vento un pò birbantello-1° Parte

“Certo che oggi fa proprio freddo!” penso, mentre cerco di tirarmi il più possibile il piumone vicino al viso.

Poi accendo la luce sul comodino e, con mia grande sorpresa, vedo che sul soffitto non ci sono quelle stelle blu che i miei genitori hanno voluto, a tutti i costi, dipingere con lo stencil.

No, nessuna Stella Polare, nessun Grande Carro, il soffitto, che sto fissando in questa mattina così fredda, è quello della camera che la nonna ha lasciato intatta per me nel suo casolare di collina.

“Sono da nonna Angela, sono da lei!” grido queste parole mentre scosto il piumone dal mio corpo e m’infilo le ciabatte.

Corro nella stanza della nonna ma il suo letto è già sistemato, guardo l’orologio: sono le nove e mezzo, sarà di sicuro già in cucina.

Mi precipito per le scale, sono fortunata, le ciabatte da camera non fanno rumore e così posso sorprenderla alle spalle, abbracciandola forte forte.

“Ecco la mia Ludovica!” esclama queste parole mentre anche lei mi abbraccia.

“Nonna, sai cosa mi è successo? Quando mi sono svegliata non ci stavo pensando più che ero qui da te, e quindi la gioia che ho provato ieri l’ho provata nuovamente stamattina, quando fissando il soffitto, mi sono accorta che non ero a Chicago”.

“Chicago…Chicago…non mi hai mai scritto niente su questa città, non dirmi che non ti piace?”, mi chiede la nonna mentre sta aprendo un uovo nella tazza per prepararmi l’immancabile zabaione.

“Sarebbe bella solo se ci fossi tu, nonna”.

“Non ci credo che non hai fatto amicizia con nessuno lì!”

“Amicizia…l’amicizia è una cosa importante, diciamo che ho stretto delle conoscenze…” rispondo mentre con impazienza aspetto lo zabaione.

“Parlami della tua nuova città” proprio mentre pronuncia queste parole la fiamma nel camino in pietra, s’inarca perché il vento, oggi, soffia proprio forte.

L’endometriosi: la Dottoressa Francesca Sagnella ci parla di questa patologia, della diagnosi, delle cure e degli effetti sulla fertilità della donna

La percentuale delle donne italiane in età fertile che soffre di endometriosi è compresa tra il 5 e il 10%. Purtroppo spesso vengono sottovalutati i sintomi tipici di questa patologia, che possono orientare verso una diagnosi precoce: dolore mestruale intenso (dismenorrea), spesso associato ad episodi di vomito e svenimento, rapporti sessuali dolorosi (dispareunia), dolore al retto e durante l’evacuazione.

Il dolore è invalidante: “Molte donne affette da endometriosi sono costrette a pianificare la propria vita in base al ciclo mestruale” , afferma la Dottoressa Francesca Sagnella, Specialista in Ginecologia e Ostetricia, Dottore di Ricerca in Fisiopatologia della Riproduzione Umana la quale, dopo averci parlato, sulle pagine di “EmozionAmici”, di infertilità e di menopausa, ci illustra cosa sia l’endometriosi.

La Dottoressa Francesca Sagnella

 “Innanzitutto partiamo dalla definizione di endometrio : è la mucosa che riveste la superficie interna della cavità uterina e che si rinnova ogni mese con il ciclo mestruale, nel caso non avvenga la fecondazione dell’ovulo. Parliamo di endometriosi quando il tessuto endometriale, che normalmente viene espulso con il mestruo, va a localizzarsi fuori dall’utero. Si formano quindi delle isole di endometrio ectopiche (ossia fuori dal sito fisiologico), prevalentemente nella pelvi e nell’addome, che vanno ad attaccarsi, in maniera piuttosto aggressiva, agli organi e alle sierose (intestino, ovaie, peritoneo); in casi molto rari, è stata descritta addirittura endometriosi sulle pleure e nei polmoni”. Il tessuto endometriale può risalire le tube per via retrograda durante il ciclo mestruale ma, mentre viene naturalmente eliminato dal sistema immunitario nelle donne sane, in quelle affette da endometriosi persiste, attacca la superficie di organi e sierose formando cisti o placche e continua a sanguinare: “Si instaurano, quindi, piccole emorragie nell’addome o laddove si siano formate isole di tessuto endometriale ectopiche, con conseguente infiammazione. Possiamo dire che questo tessuto endometriale ha degli aspetti in comune con le metastasi tumorali, anche se di natura benigna” , dichiara la Dottoressa Sagnella alla quale chiedo quali siano i fattori legati all’insorgere di tale patologia:

“Si tratta di una patologia ad eziologia ancora ignota. Sappiamo che esiste una predisposizione ereditaria sulla quale vanno ad incidere fattori ambientali , come ad esempio alcune sostanze chimiche contenute in alcune plastiche, definite interferenti endocrini, che svolgono azioni simili a quelle degli ormoni.

L’endometriosi è una patologia che negli ultimi decenni si sta riscontrando più frequentemente: “Oggi le donne hanno più eventi mestruali rispetto al passato  perché si fanno meno figli. Inoltre, grazie alla maggior conoscenza di questa patologia, viene anche diagnosticata con maggior frequenza”.

Cosa può fare la donna quando avverte sintomi quali quelli sopra descritti? “Purtroppo sono in molte a sottovalutarli, non a caso tra l’insorgenza dei sintomi e la diagnosi, si stima che possano trascorrere anche diversi anni. Nel nostro paese, probabilmente grazie alla maggior diffusione della diagnostica ecografica, la diagnosi è spesso tempestiva. L’ecografia rappresenta, infatti, uno strumento indispensabile nella diagnosi di endometriosi” dichiara la Dottoressa Sagnella, alla quale chiedo quali siano le cure da intraprendere.

“Dato che i sintomi dell’endometriosi sono, come abbiamo già visto, strettamente correlati alla mestruazione, uno dei rimedi è quello di prescrivere alla paziente la pillola contraccettiva in continuo , ovvero senza la settimana di sospensione, in modo da non farla mestruare. Tra le terapie più recenti anche quella della pillola progestinica e, nei casi più gravi, può essere necessario indurre una menopausa farmacologica. Molto spesso, però, diventa indispensabile la terapia chirurgica, specialmente quando le lesioni endometriosiche coinvolgono strutture anatomiche importanti come gli ureteri (con conseguente rischio di danno renale) e l’intestino. Per quanto riguarda le cisti endometriosiche ovariche (endometriomi), l’indicazione alla chirurgia va molto ben ponderata, soprattutto se la paziente desidera avere una gravidanza. L’intervento stesso, infatti, può danneggiare la riserva ovarica della donna attraverso il danno termico che viene esercitato sull’ovaio per rimuovere la cisti. Quando possibile, infatti, si rimanda l’intervento dopo che la donna abbia concepito e partorito”.

E qui si apre un altro capitolo molto delicato: l’endometriosi , infatti, oltre a causare i sintomi invalidanti di cui abbiamo già parlato all’inizio dell’articolo, è anche una delle principali cause di infertilità, specie quando si riscontra un quadro aderenziale che coinvolga le tube e le ovaie:

“ Non è escluso che donne affette da endometriosi possano avere delle gravidanze naturalmente; qualora però ciò non avvenga, può essere di aiuto la medicina della riproduzione , in particolare la fecondazione in vitro. Nel caso in cui le ovaie risultino impoverite e la riserva ovarica insufficiente a causa delle cisti endometriosiche o di ripetuti interventi chirurgici (si tratta infatti di una patologia che tende a recidivare), una possibile soluzione all’infertilità è rappresentata dalla fecondazione in vitro eterologa, ovvero il ricorso a ovuli donati da un’altra donna. La gravidanza, per le donne affette da endometriosi, ha un forte potere terapeutico ”- conferma la Dottoressa Sagnella –”Spesso, infatti, favorisce la riduzione delle lesioni prodotte dall’endometriosi grazie al quadro ormonale gravidico e all’assenza di ciclo mestruale per 9 mesi ed anche oltre (in caso di allattamento prolungato). Attenzione quindi a non sottovalutare i sintomi-  raccomanda la Dottoressa Sagnella-  e a parlarne subito con il proprio ginecologo di fiducia”

Alessandra Fiorilli

I RACCONTI DI MILA E PILA-19 Dicembre: Mila e Pila di nuovo insieme- 4° Parte

A qualcuno potrà sembrare sciocco, ma parlare di Mila e Pila in quell’istante del nostro incontro, significava dire che avevamo entrambe voglia di stare insieme divertendoci, come avevamo fatto ormai tante volte.

“Nonna, ti devo dire una cosa: Pila è rimasta senza la sua sciarpa a quadri rossa e senza le sue scarpe marroni con la fibbia!”.

La nonna si fa una gran risata e mi dice:

“Non ti preoccupare, da oggi in poi Mila e Pila non avranno bisogno di nulla per incontrarsi, sarà sufficiente la nostra fantasia. E poi, basta con i racconti sui nostri mariti, figli e nipoti immaginari, giacché siamo destinate a trascorrere poco tempo insieme durante l’anno, ho pensato che sia arrivato il momento di trasformare queste due strambe signore dal nome di Mila e Pila in due sagge anziane che raccontano qualcosa che rimarrà per sempre nei loro cuori. Ora sei stanca, ti preparo qualcosa da mangiare e poi ce ne andiamo a letto ma da domani, per tutte e le due settimane che passerai qui con me, ogni giorno, ci inventeremo un racconto, uno di quelli che quando entrano nell’anima non vogliono più andarsene via”.

Mi piace l’idea, ma ha ragione la nonna, sono troppo stanca e sbadigliando vado in camera mia.

A domani nonna Angela, a domani signora Mila.

I RACCONTI DI MILA E PILA-19 Dicembre: Mila e Pila di nuovo insieme- 3° Parte

Sono vicinissima a lei, allungo le braccia e affondo il mio viso sulle sue spalle coperte dal suo inseparabile scialle di lana grigia.

“Nonna, nonna cara….” neanche un minuto e la lana s’impregna di lacrime.

La nonna mi scosta il viso da sé, lo stringe tra le sue mani e senza dire nulla, mi accompagna dentro casa.

“Buongiorno mamma, come stai?” dicendo queste parole scontate, il papà si avvicina alla nonna.

Lei non risponde perché è troppo impegnata a guardarmi, a scrutare il mio sguardo, per fissare quest’attimo del mio ritorno a casa per sempre nella sua memoria.

“Mamma, allora, tutto bene, c’è qualcosa che non va?”

Lei non risponde e il papà non capisce il perché di tanto silenzio.

“Mamma, se non c’è nulla che devi dirmi, io vado, l’aereo partirà tra qualche ora. Sono sfinito, non ho neanche il tempo di bere un caffè”.

Si avvicina alla nonna e la abbraccia, anche lei lo abbraccia ma continua a guardare me.

“Scusaci per questo Natale ma ci è stato impossibile ottenere dei giorni di ferie. Il progetto al quale la mia equipe ed io stiamo lavorando deve essere assolutamente consegnato non oltre il 28 dicembre. Tanto, poi ci sentiamo per gli auguri. Ciao mamma, ciao Ludovica e mi raccomando comportati bene!”.

Papà si china sul volto della nonna, poi sul mio e va via, facendo entrare una folata di aria fredda.

Non ricordo per quanti minuti siamo rimaste in silenzio, a guardarci e ad abbracciarci.

“Com’è sta signora Pila?” mi chiede la nonna con uno dei suoi dolci sorrisi.

Queste parole mi fanno capire che anche a lei, come a me, in tutti questi mesi, è mancata la sua grande amica.

Mila ha sentito nostalgia di Pila non meno di come Pila abbia sentito la nostalgia di Mila.

I RACCONTI DI MILA E PILA-19 Dicembre: Mila e Pila di nuovo insieme- 2° Parte

Non rispondo, lo abbraccio soltanto e anche lui mi abbraccia.

Non glielo dico né glielo dirò mai, ma a voi posso svelarlo, avevo scritto:

“Mila e Pila: tra quattro giorni di nuovo insieme”.

Mio padre mi sta accarezzando i capelli, ha quella ruga in mezzo alla fronte che sembra essere diventata profondissima, si vede che è molto stanco.

“Papà sei emozionato all’idea di rivedere la nonna?”

“Ci sentiamo tute le sere” e lascia cadere lì il discorso.

“Sì, ma poter stringere una persona, abbracciarla, stringerle le mani è tutta un’altra cosa!”

“Sì, sì…”

Com’è diverso papà dalla nonna, da sua madre.

Io ho preso tutto da nonna Angela e sono proprio contenta di somigliarle così tanto perché è bello nella vita lasciarsi trasportare dalle emozioni, senza vergognarsi.

“Siamo arrivati. Vi fermo qui o volete che vi porti fino sopra il casolare?” ci chiede il tassista-pasticciere.

“Ci porti fino sopra, grazie”, dice papà.

“Ci fermi qui, grazie” dico io.

“A chi devo dare retta?” chiede il tassista.

“A lei” risponde papà che si affretta a dire al tassista di non andare via, di aspettarlo dieci minuti, il tempo di salutare la nonna e poi dovrà ricondurlo nuovamente in aeroporto, dove lo aspetta il volo di ritorno per Chicago.

Corro lungo la stradina sterrata che mi sta portando dalla nonna, la quale è lì: la vedo, proprio sull’uscio del casolare.

E’ ferma, non mi sta venendo incontro, sono io che lo sto facendo, come quando tornavo da scuola e la abbracciavo con tutta la forza di cui ero capace

Quando i libri diventano strumenti di inclusione: il grande successo della mostra “Vietato Non Sfogliare” organizzata da Area onlus presso l’Ospedale Pediatrico Gaslini di Genova

In un mondo dove il cartaceo sembra perdere il suo fascino, specie per i più giovani, scrivere di iniziative come la mostra “Vietato Non Sfogliare”, organizzata dall’associazione Area onlus di Torino (www.areato.org) e che si è tenuta presso l’Ospedale Gaslini di Genova, fa ben sperare.

L’aspetto più importante di questa mostra itinerante, che dal 2011 sta girando sia per le scuole e le biblioteche piemontesi sia fuori regione, è stato quello di evidenziare quanto possano fare concretamente i libri per i bambini affetti da varie forme di disabilità. “Vietato Non Sfogliare– dichiara Elena Corniglia, referente del suddetto progetto- è un percorso espositivo all’interno del quale sono ospitati circa 120  volumi, nazionali ed internazionali. I testi, con i quali sono entrati in contatto i piccoli degenti e i visitatori della mostra, sono accomunati dal fatto di essere accessibili anche per chi ha bisogni di lettura speciali, poiché sono volumi multicodice. Si tratta di libri tattili, libri in simboli (CAA), libri in Lingua dei Segni Italiana, audiolibri, libri digitali e libri ad alta leggibilità, libri senza parole, quindi testi che presentano una pluralità di linguaggi, fruibili con tutti i cinque sensi. La mostra itinerante, che viene aggiornata di anno in anno, ha preso parte anche al Salone del Libro di Torino, in cui è presente dal 2013”

Le caratteristiche casette della mostra itinerante “Vietato Non Sfogliare” (per gentile concessione di Area onlus di Torino)

Rossella Bo, psicoterapeuta e Consigliere Delegato di Area Onlus, sottolinea la grande importanza che ad accogliere la loro mostra sia stato un Ospedale Pediatrico come il GasliniLa trasferta genovese di Vietato Non Sfogliare è stata realizzata grazie al sostegno di YARPA Investimenti, che ancora ringraziamo  per aver fortemente voluto l’incontro tra la nostra Associazione e il Gaslini, due realtà che hanno  dimensioni ben diverse, ma che sono accomunate dall’intento di prendersi cura a 360 gradi e con la massima professionalità del benessere dei bambini. Con grande soddisfazione abbiamo realizzato questo primo passo, in verità un grande traguardo per noi, ovvero quello di portare in un centro di eccellenza medica libri che garantiscano a tutti i piccoli lettori, nessuno escluso, il diritto alla lettura e all’immaginazione, certi del valore, anche terapeutico, che le storie possono avere per loro. Da notare che alla mostra itinerante è collegato un catalogo online (https://dito.areato.org/ricerca_libri/) in cui si possono  trovare indicazioni e caratteristiche di oltre 600 libri pensati e realizzati per bambini con disabilità e con  difficoltà di apprendimento”.

Un angolo di una precedente mostra (foto per gentile concessione di Area onlus di Torino)

I libri della mostra sono contenuti in espositori a forma di casette, a simboleggiare l’accoglienza verso i piccoli lettori, cui sono offerte, attraverso linguaggi differenti, esperienze concrete di scambio e di inclusione.

Il Dottor Paolo Moretti, primario dell’UOC Medicina Fisica e Riabilitazione dell’Ospedale Gaslini, così si espresso in merito alla mia domanda su cosa abbia rappresentato l’evento  per i bambini che vi hanno preso parte: “La mostra “Vietato non sfogliare” per la cui presenza al Gaslini ringraziamo l’Associazione Area di Torino ed in particolare la presidente Gianna Recchi e la dott.ssa Rossella Bo, ha rappresentato per i bambini che hanno avuto l’opportunità di partecipare, una straordinaria occasione per comprendere come i libri e la “lettura” possano trasformarsi in esperienze diverse da vivere veramente con tutti i sensi e in tutti i sensi.  Leggere, sfogliare, giocare, apprendere, comunicare, esplorare, interagire con le parole, con i simboli, con il tatto, con le immagini liberamente o accompagnati dai laboratori e dalle attività organizzate: tutto ciò  ha coinvolto i bambini ed i loro accompagnatori che si sono sentiti accolti e guidati attraverso le casette raccoglitori in un percorso pieno di sorprese”

La mostra “Vietato Non Sfogliare” allestita all’Ospedale Gaslini di Genova ( per gentile concessione del Laboratorio Fotografico del Gaslini di Genova)

La  mostra è stata  fruibile anche dai visitatori esterni, come sottolinea il Dottor Moretti “ La presenza di visitatori esterni è stata costante anche se non preponderante. Bimbi e famiglie in visita o in ospedale solo per poche ore per brevi accertamenti   hanno avuto l’opportunità di incontrare bimbi “ospedalizzati” e conoscere e confrontarsi con la disabilità e con situazioni difficili così diverse dal loro mondo di tutti i giorni. Insegnanti ed operatori hanno apprezzato la possibilità di avere un quadro ben organizzato e completo dell’editoria accessibile per l’infanzia e trarre così spunti per le loro attività con i bambini”

 

 

 

Le casette della mostra al Gaslini (per gentile concessione del Laboratorio Fotografico del Gaslini di Gemova)

Il ricovero in ospedale è sempre un momento molto delicato, ancor più se il degente è un bambino, quindi iniziative come “Vietato Non Sfogliare” rivestono sicuramente un alto valore simbolico come conferma il Dottor Moretti : Il soggiorno in ospedale per un bambino rappresenta spesso un momento di apprensione, di disagio, di paure e per i familiari un momento di ansia e difficoltà. Iniziative come queste all’interno dell’ospedale rappresentano un’occasione di scambio ed incontro, incontro con altri bimbi e famiglie che stanno vivendo un’esperienza di malattia, di difficoltà. In particolare un’iniziativa di questo tipo li può aiutare a raccontare, immaginare costruire storie, storie di altri, la propria storia ed ad esprimere, liberare così sentimenti ed emozioni. Per altri bimbi ricoverati può rappresentare anche una semplice occasione di svago ed intrattenimento. Comunque l’iniziativa ha avuto un grande successo e abbiamo già richieste dalle famiglie e dagli operatori perché possa diventare un appuntamento fisso da replicare”

Alessandra Fiorilli