I RACCONTI DI MILA E PILA-19 Dicembre: Mila e Pila di nuovo insieme-1° Parte

Nel momento stesso in cui l’aereo tocca la terra italica, non riesco proprio a trattenermi, e come gli immigrati che tante volte ho visto sui libri di storia, gridavano, alla vista della Statua della Libertà:

“America, America”, anch’io urlo la mia felicità per quello che sembra essere l’inizio di una nuova vita:

“Italia, Italia, nonna Angela, Signora Mila!!!”.

Mentre grido queste parole, sto scendendo le scalette dell’aereo e tutti si girano incuriositi verso di me e mi guardano in modo strano.

Nessuno di loro può sapere che ho fatto il conto alla rovescia, in attesa che arrivasse questo giorno, dal mese di ottobre e nessuno può nemmeno immaginare la felicità che sento nel cuore al pensiero di riabbracciare mia nonna.

“Ma cosa fai, Ludovica, ti sembra questo il modo di comportarti in pubblico?” mi chiede mio padre, usando un tono che sa di rimprovero.

“Papà sono solo felice, tutto qua!” gli rispondo con una voce troppo alta, ben oltre la norma consentita dai miei genitori.

“Le persone educate sono in grado di mantenere sempre un atteggiamento equilibrato e corretto. Il segreto è di bilanciare la nostra parte emotiva con quella razionale, proprio come si fa nelle reazioni chimiche”.

Stavolta non replico nulla, anche perché sarebbe del tutto inutile: mio padre si è brillantemente laureato in chimica farmaceutica e lavora da tantissimo tempo come ricercatore presso la più importante multinazionale del mondo, il suo lavoro ha influenzato molto, forse troppo, anche il modo di gestire le emozioni.

La nostra conversazione finisce lì, in aeroporto, non parliamo più, né mentre siamo in attesa in fila di salire sul taxi, né nell’auto guidata da un simpaticissimo uomo sulla sessantina che si mette a parlare della sua passione per la cucina, dolci in particolare.

Papà sembra non ascoltarlo proprio e guarda fuori dal finestrino.

Anch’io guardo fuori dal finestrino e alitando, com’è mio solito fare, sul vetro, scrivo sull’alone che si è formato:

“Pila non ha più le sue scarpe, né la sua sciarpa”.

Ma cancello subito quello che ho scritto perché mi accorgo che mio padre sta tentando di leggere quello parole.

“Pila? Ma chi è Pila?” mi chiede papà mentre gira nervosamente la fede con l’altra mano, segno, questo, di stanchezza e di nervosismo.

“Niente papà, Pila è un nome così…tanto per scrivere qualcosa sul vetro…” rispondo io nella speranza che il discorso finisca qui.

“Comunque Ludovica, te lo dico una volta per tutte, smettila di scrivere frasi sui vetri. Ormai sei arrivato a farlo dappertutto, persino sulle vetrine dei prestigiosi negozi al centro di Chicago. Ancora ricordo l’occhiataccia che ti ha lanciato la commessa lo scorso sabato, non ho provato mai una vergogna così grande. Ma che poi si può sapere cosa avevi scritto?” chiede papà.

Non rispondo, lo abbraccio soltanto e anche lui mi abbraccia.

I RACCONTI DI MILA E PILA-Torno dalla nonna!-3° Puntata

A me non importava niente del lago Michigan sul quale poter andar a pattinare, delle strade vestite a festa, io ero solo impaziente di poter abbracciare nuovamente mia nonna Angela.

E così è stato.

Sto preparando la valigia e penso a Pila, vestita con quella sciarpa di papà e con quelle scarpe marroni con la fibbia dorata della mamma.

“Accidenti, senza di esse come faccio a incontrare la signora Mila?”, mi chiedo.

Allora invento una scusa con i miei genitori, in modo da avere da loro quello che mi occorre.

“Mamma, papà vi voglio tanto bene. Però non ci vedremo per due settimane, e così ho pensato di portare con me in Italia un oggetto che appartiene a voi, così, se sentirò la vostra mancanza, vedendolo, potrò sentirvi vicino”.

Mamma e papà si commuovono davanti alla mia richiesta e mi chiedono cosa voglio portare con me in Italia.

“La sciarpa a quadri rossi di papà e le tue scarpe marroni con la fibbia dorata, mamma”.

La mamma aggrotta le sopracciglia e dice:

“ Quelle cose che tu mi stai chiedendo ormai vecchie e fuori moda, le ho date via proprio appena arrivata a Chicago”.

“Date via? Ma come mamma date via? Ed io come faccio eh? E Pila? Chi glielo dice adesso a Pila che non può vestirsi più?”, rispondo un po’ nervosa e un po’ preoccupata.

La mamma non capisce, non può capire, non sapendo dell’esistenza di Mila e Pila.

“Ludovica, si può sapere cosa stai dicendo? Chi è questa Pila, una persona povera alla quale avevi promesso la sciarpa di tuo padre e le mie scarpe?”, chiede mamma.

Per fortuna che in mio aiuto, anche se lui non lo sa, arriva mio padre.

“Ludovica se non ci sbrighiamo, rischiamo di perdere l’aereo”.

Apriti cielo!

 

Non m’importa più della sciarpa o delle scarpe di Pila, voglio solo precipitarmi in aeroporto per tornare, anche se solo per due settimane, da nonna Angela.

Abbraccio mia madre, prendo la valigia e salgo sull’ascensore con papà.

Qualche munito e siamo già al piano terra di questo grattacielo.

La gente è imbacuccata per bene: oggi il termometro segna -11 gradi.

Salgo sul taxi e mi giro dietro: arrivederci Chicago, torno da Mila, sono finalmente arrivate le vacanze natalizie!

 

 

 

I RACCONTI DI MILA E PILA-Torno dalla nonna!-2° Puntata

Solo, che stranamente, non pensai mai di scrivere, come quel pomeriggio di Carnevale:

“Non è giusto”, ma scrivevo sempre:

“Come sta signora Mila tutto bene?”

Quanto mi mancava Mila e quanto mancava non solo a me ma anche a Pila, che si sentiva così triste e sola.

Papà mi aveva promesso, una volta sbarcarti a Chicago, che sarei tornata presto dalla nonna, io speravo di trascorrere con lei le vacanze estive ma, poiché erano solo pochi mesi che stavamo negli Stati Uniti, la mamma pensò bene di farmi andare in uno di quei campus estivi che tante volte avevo visto in TV.

“Devi rafforzare il tuo inglese, Ludovica, le insegnanti non saranno clementi con te il prossimo anno come lo sono state quest’anno. Devi socializzare, a scuola hanno detto che sei stata sempre in disparte e che, invece di fare gruppo, ti mettevi davanti alla finestra e scrivevi qualcosa sul vetro. Ma che modi sono questi?”.

E così non potei vedere nonna Angela, quell’estate, la nostra prima estate trascorsa a Chicago.

Ma a Natale no, a Natale sarei tornata in Italia, tra le braccia di mia nonna, tra le braccia della mia Mila.

Nessun campus, niente di niente, feci il conto alla rovescia sin dal mese di ottobre e oggi…oggi è finalmente il giorno della mia partenza.

Mi accompagna mio padre perché i miei genitori devono assolutamente portare a termine, entro la fine dell’anno, un’importantissima ricerca scientifica.

E così mamma e papà trascorreranno il Natale a Chicago ed io andrò dalla nonna.

“Sicuro che non vuoi rimanere qui, i nostri colleghi hanno detto che per le festività natalizie Chicago regala un’atmosfera magica!”

Mi aveva detto queste parole mia madre, qualche giorno prima della mia partenza per l’Italia, nel tentativo, del tutto vano, di farmi rimanere con loro.

I RACCONTI DI MILA E PILA-Torno dalla nonna!-1° Puntata

Sono trascorsi esattamente undici mesi e quattordici giorni dalla nostra partenza per Chicago.

Con nonna Angela ci siamo sentite spesso per telefono e lei, per starmi il più possibile vicino, ha anche imparato a usare la posta elettronica.

“Ma non è la stessa cosa che stare con te, seduta vicino al nostro camino….”

Chiudeva sempre con queste parole (o qualcosa di simile) le sue mail: anch’io la pensavo allo stesso modo ma non l’ho mai detto alla nonna che, una volta spento il computer, mi veniva da piangere e mi sentivo triste, come quel pomeriggio di qualche anno fa, quando mi misi alla finestra e assistetti alle felici corse delle altre bambine vestite con gli abiti del Carnevale.

Subito dopo aver comunicato con nonna Angela per telefono o dopo aver letto e risposto alle sue mail, io mi avvicinavo alle grandi vetrate del nostro bellissimo appartamento in centro e guardavo fuori.

Ma non c’erano i nostri pini che si piegavano secondo la volontà del forte e anche il camino che avevamo trovato in casa era molto, troppo diverso da quello che c’era nel nostro casolare.

Quello di Chicago era un buco nel muro, non aveva qual gradino fatto di mattoncini, dove potersi sedere.

E poi, poi, quel camino, non l’abbiamo acceso mai, così come la mamma ha solo raramente usato il forno della cucina che non ha mai ospitato una pizza fragrante come quelle che mi preparava nonna Angela.

Ma non sono mai stata dispiaciuta per ciò perché, tanto lo sapevo bene, che quella fiamma del camino non sarebbe stata la stessa di quella che ondeggiava nel camino della nonna.

E allora, in preda alla nostalgia, mi mettevo davanti alla nostra vetrata e ci alitavo sopra.

I RACCONTI DI MILA E PILA-La nascita di Mila e Pila- 5° Parte

E partimmo una mattina con la neve che piegava i rami del secolare abete al lato del casolare.

La nonna non ci accompagnò sino alla nostra macchina ma rimase in cucina e, come quel pomeriggio di febbraio quando fui costretta a rimanere a casa per quella fastidiosissima varicella, anche lei alitando sul vetro della finestra scrisse:

“Non è giusto”.

No, non era giusto separare una nonna e una nipote come noi due, non era giusto allontanare Mila e Pila e mettere tra loro un oceano.

Partimmo ugualmente.

E mentre ero in aereo, mi vennero alla memoria le foto di quegli emigrati costretti a lasciare l’Italia per andare alla ricerca di fortuna in America.

Viaggiavano su bastimenti carichi, erano stanchi del viaggio ma gridavano la loro gioia quando vedevano, da lontano, la Statua della Libertà.

“America, America!”

Sembrava di sentirli, erano tristi, disperati ma poi, diventavano all’improvviso felici per la nuova vita che li aspettava.

Noi tre, mio padre, mia madre ed io, non eravamo partiti per cercare fortuna ma perché qualcuno aveva deciso di offrire un prestigioso incarico ai miei genitori, tra i migliori al mondo nel campo della ricerca farmaceutica.

Ma ero triste anch’io e, contrariamente agli emigrati d’inizio ‘900, non esultai quando sbarcammo negli Stati Uniti.

Dell’arrivo a Chicago mi ricordo il freddo e della prima telefonata alla nonna mi ricordo che le chiesi:

 

“Signora Mila, come sta?”.

E capii dalla risposta della nonna che Mila e Pila sarebbero rimaste per sempre lì, in quel casolare, in attesa di un mio ritorno.

La nonna disse:

“Signora Pila non vedo l’ora di vederla, le devo raccontare tante cose”.

E così, da quel giorno del mio arrivo a Chicago, Mila e Pila, attendevano di potersi incontrare di nuovo, per raccontarsi, attraverso racconti fantastici, il significato profondo della vita e della vera felicità.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I RACCONTI DI MILA E PILA-La nascita di Mila e Pila-4° Parte

Fu un istante e acciuffai la sciarpa di mio padre che era rimasta appesa all’appendiabiti dell’ingresso perché, uscendo come sempre di fretta, l’aveva dimenticata, poi mi precipitai nella camera della mamma e presi dei mocassini marroni con la fibbia dorata e, scendendo festosamente le scale, m’impalai davanti alla nonna e stetti al gioco:

“Signora Mila, mi scusi per prima ma proprio non l’avevo riconosciuta. Sarà per il nuovo taglio di capelli? Comunque, sì, ha ragione io sono la signora Pila. Ma mettiamoci a sedere e mi racconti qualcosa di suo marito, dei suoi figli, dei suoi nipoti”.

Erano nate Mila e Pila, e sarebbero diventate parte di noi, delle nostre giornate, dei nostri pomeriggi, delle nostre serate trascorse davanti al caminetto.

Né mia madre, né mio padre seppero mai dell’esistenza di queste due signore un po’ strampalate che vestivano in modo un po’ strano ma alle quali piaceva tanto chiacchierare tra loro.

Mila e Pila uscivano solo quando a casa non c’era nessuno, e ora già m’immagino la faccia che faranno i miei genitori quando leggeranno questa storia.

I miei genitori…se ci penso a quando mi comunicarono la notizia che avremmo dovuto lasciare l’Italia per andare a Chicago, mi viene ancora da piangere.

La casa madre dell’azienda farmaceutica per la quale lavoravano, offrì loro l’incarico che avevano sempre sognato e questo, se per i miei genitori significò l’inizio di un sogno, per me fu la fine della mia vita trascorsa con nonna Angela.

“E Mila e Pila che fine faranno?”

Chiesi singhiozzando a nonna Angela mentre anche il vento aveva smesso di soffiare nella canna del camino perché stupito da questa notizia improvvisa quanto inaspettata.

“Mila e Pila esisteranno sempre e non moriranno mai perché loro abitano nella nostra fantasia”.

“Non voglio partire nonna, non voglio andar via”, dissi queste parole mentre abbracciai la nonna, anche lei in lacrime.

Però dovetti farlo.

I RACCONTI DI MILA E PILA-La nascita di Mila e Pila-3° Parte

Delusa dalla sua risposta, mi rimisi alla finestra ad assistere alla gioia delle altre bambine, libere di correre e di gettarsi addosso coloratissimi coriandoli.

Ma nonna Angela non si perse d’animo e tornò, dopo qualche minuto, con una buffa borsa nera lucida, delle scarpe con il tacco, indossate però con dei pesanti calzini di lana grigia e uno scialle che emanava il tipico odore della naftalina.

“Signora, buonasera, io sono Mila, si ricorda di me?”

La guardai senza sapere bene cosa rispondere e rimasi in silenzio, in attesa che continuasse quella che mi sembrava essere solo una sciocca recita improvvisata lì, tanto per farmi scordare che era giovedì grasso e che non sarei potuta uscire in maschera neanche l’ultimo giorno di carnevale, martedì grasso, perché il medico era stato chiaro:

“A casa per altri dieci giorni”.

La nonna continuava a stare lì e m’incalzava:

“Signora Pila ma come fa a non riconoscermi?”.

“Si sta sbagliando persona”, risposi con voce spenta.

“Signora Pila come fa a non ricordarsi di quel giorno in cui ci conoscemmo al mercato settimanale e ci mettemmo a battibeccare perché volevano entrambe quelle splendide castagne che ogni venerdì d’ottobre Giuseppe portava al suo banco?”

 

 

 

Nonna Angela per nessun motivo avrebbe mollato, sarebbe stata capace di rimanere lì, con quella buffa borsa e con quelle scarpe dal tacco alto che quasi sembrava si spezzasse, per l’intero pomeriggio, in attesa che io le rispondessi a tono.

I RACCONTI DI MILA E PILA- La nascita di Mila e Pila- 2° Parte

Mila e Pila erano nate un pomeriggio di febbraio di tanti anni fa, quando io, costretta a letto da una varicella che mi stava dando il tormento, mi misi a piangere perché quel bellissimo vestito da Fata Primavera che la nonna mi aveva cucito per la festa in paese del giovedì grasso, sarebbe rimasto chiuso nell’armadio, forse per sempre, perché io stavo crescendo e quell’abito giallo e bianco, forse, non avrei potuto indossarlo l’anno successivo.

Dalla finestra della cucina potevo vedere, in lontananza, tutte le mie compagne di scuola avviarsi festose verso la piazza del nostro paese mentre io sarei rimasta a casa, tormentata da quelle vescicole che si stavano aprendo e che m’impedivano persino di potermi coricare nel mio letto.

Ero lì, con le mani attaccate al vetro e con il mio alito che stava formando un alone, dove scrissi:

“Non è giusto”.

Poi passai all’altro vetro e anche lì, dopo aver respirato contro la finestra, scrissi:

“Non è giusto”.

La nonna mi guardò e mi rispose alitando contro l’ultimo spicchio di vetro lasciato vuoto dalla mia disperata considerazione che, appunto, non era giusto rimanere a casa il giovedì grasso mentre un bellissimo vestito di carnevale da Fata Primavera intristiva nel mio armadio.

 

Nonna Angela scrisse sul vetro:

“Potrebbe essere più divertente di quanto tu possa sperare”.

Allorché io incuriosita le chiesi:

“Cosa, nonna, cosa potrebbe essere più divertente di quanto io possa sperare?”

E lei, guardandomi con il suo sguardo dolce, più dolce delle castagnole che stava impastando solo per me, mi rispose:

“Potremmo inventarci due personaggi, ai quali assegnare un nome e poi costruirci attorno una storia”.

I RACCONTI DI MILA E PILA- La nascita di Mila e Pila- 1° Parte-

 

Mi chiamo Pila.

No, non stupitevi per questo mio nome così bizzarro: sulla carta d’identità, sul passaporto e su tutti i documenti ufficiali che mi riguardano, c’è scritto che io sono Ludovica.

Vi chiederete allora perché inizio a raccontarvi questa storia dicendovi che mi chiamo Pila.

Perché io sono Pila e lo sarò per sempre, così come mia nonna, che all’anagrafe è registrata con il nome di Angela, è stata, è, e sarà per sempre Mila.

Mila e Pila: una nonna e una nipote legati da un amore viscerale, grandissimo, indissolubile, che riesce a superare, ogni giorno, le immense distese d’acqua salata che ci separano.

Se avete del tempo, ve ne prego, leggete la mia storia e se proprio vi sembra di non potervi fermare neanche per un istante, per favore, trovate un paio di ore da dedicare a Mila, a Pila e ai nostri racconti.

Dunque, nasco in un paese di provincia, uno di quei paesi che da lontano, mentre si percorre la strada per arrivarci, sembra mollemente adagiato sui fianchi di una collina, quasi che quella vallata di pini secolari e sempreverdi, lo culli tra le sue braccia.

Mia madre e mio padre sono due ricercatori farmaceutici.

Nei ricordi di bambina me li ricordo sempre trafelati, con una valigia che non veniva più neanche messa a posto nell’armadio, ma veniva lasciata sempre lì, sulla poltrona della loro camera, in attesa di essere riempita del necessario per la trasferta internazionale.

Sono molto bravi nel loro lavoro, i migliori, dicono in azienda, dove hanno trascorso gran parte della propria vita.

E così, io rimanevo a casa con nonna Angela, la madre di mio padre, in quel casolare in pietra che tanto ho amato da bambina.

 

Nei lunghi pomeriggi d’inverno, quando il vento faceva sentire la sua voce attraverso la canna fumaria del camino e quando gli alberi gli rispondevano facendo ondeggiare vorticosamente le loro folte chiome, io, Ludovica, diventavo, quasi per magia Pila e nonna Angela si trasformava in Mila.

Dopo che io avevo svolto i miei compiti e dopo che la nonna aveva terminato le pulizie domestiche, nell’istante stesso in cui la pizza, impastata da nonna Angela, crepitava nel forno della grande cucina, ecco che ci guardavamo negli occhi noi due e dicevano all’unisono:

“Perché non giochiamo a Mila e Pila?”

Domani la pubblicazione a puntate del libro “I racconti di Mila e Pila”

Un ringraziamento a tutti i lettori di EmozionAmici che stanno mostrando di apprezzare la pubblicazione a puntate di romanzi e libri. Da domani troverete “I Racconti di Mila e Pila”, un libro al quale sono molto legata perché le protagoniste immaginarie sono state inventate da me e da mia madre un pomeriggio della mia infanzia.  L’importanza del leggere e del condividere insieme ai propri figli racconti e fiabe è stata sottolineata dalla Dottoressa Lorenza Fiorilli, Psicologa nella prefazione del libro che di seguito è riportata. 

 

L’abitudine di raccontare storie ai propri figli o nipoti si è andata perdendo con gli anni, sia per la vita sempre più frenetica che conducono gli adulti, sia per lo sviluppo della tecnologia che regala ai bambini giochi elettronici e computerizzati che li lasciano soli davanti ad uno schermo.

Eppure condividere la lettura di un racconto o di una fiaba, produce effetti positivi su entrambi, adulti e bambini.

Prima di tutto leggere insieme un racconto aiuta lo sviluppo di un linguaggio comune e facilita la costruzione di un rapporto affettivo profondo; inoltre si creano momenti di comunione tra genitori e figli: il bambino si “perde” nella storia aumentando la sua capacità d’immaginazione e la sua creatività, e l’adulto riesce a non pensare, per il periodo della lettura, ai suoi problemi e preoccupazioni.

Per il bambino ascoltare racconti è utile per suscitare in lui il piacere della lettura e diversi studi hanno dimostrato che leggere ad alta voce ai bambini stimola l’apprendimento e il ragionamento e, nei bambini che si trovano in età prescolare, ha effetti positivi sullo sviluppo del linguaggio e sul futuro apprendimento della lettura.

L’ascolto di racconti ha, inoltre, notevoli risvolti psicologici positivi per i bambini, i quali si identificano con i protagonisti della storia proiettando su di essi i propri sentimenti, le proprie speranze, le proprie paure; attraverso le peripezie che vivono i vari personaggi (che essi siano persone, animali o oggetti parlanti) i bambini riescono a capire meglio le proprie emozioni e a sperimentarne di nuove.  Tutto ciò  contribuisce a costruire il proprio mondo interiore e a risolvere eventuali conflitti interiori.

Le fiabe comunicano dei messaggi educativi; trasmettono sentimenti, ideali, valori. Esse, inoltre, tramite il modo in cui i protagonisti vivono e risolvono determinate situazioni, hanno la capacità di  suggerire soluzioni ai problemi che si possono incontrare più o meno spesso nel corso della vita, ma non prescrivono come comportarsi davanti ad un problema. Esse lasciano libero chi legge e chi ascolta di “fare propria” la storia permettendo diverse chiavi di lettura, lasciando libero il lettore di adattarla alla propria situazione personale.

Nei racconti, inoltre, i personaggi  possono  vivere situazioni problematiche o comunque non semplici da gestire, ma che comunque riescono ad essere superate; ciò fa capire al bambino che anche nella vita reale potrà trovarsi di fronte a situazioni non facili ma che comunque potranno essere affrontate in maniera positiva grazie alla propria forza di volontà, al proprio coraggio e all’aiuto di particolari persone.

Le fiabe hanno quindi un valore educativo e terapeutico, non solo per i piccoli ma anche per gli adulti che attraverso la lettura di un racconto possono riuscire a capire meglio alcuni tratti della propria personalità e a superare momenti particolari della propria vita”

Dott.ssa  Lorenza Fiorilli, Psicologa