L’Alfabeto dei Ricordi – Lettera M

Oggi è lei la protagonista del nostro “Alfabeto dei Ricordi”: la M, M come MAMMA…perché se l’amore che una madre nutre verso i propri figli non è mutato con lo scorrere del tempo, la figura familiare ha risentito dei cambiamenti che hanno riguardato il ruolo delle donne nella società. Ma a noi, stasera,  piace pensare alla MAMMA di un tempo lontano, di quando era il suo bacio lieve sulle guance la più dolce delle sveglie mattutine, alla MAMMA  che ci accompagnava a piedi, mano nella mano, sostenendo anche il peso della cartella che ci toglieva dalle spalle…ed era lei che salutavamo prima di entrare a scuola e sempre lei era lì ad aspettarci, fuori al cancello e noi, sulla strada del ritorno, saltellavamo con il cuore gonfio di una gioia talmente grande che a stento riuscivamo a trattenere. E si pranzava insieme a lei, a lei che per gran parte del mattino era stata ai fornelli e aveva cucinato con amore, ingrediente senza il quale l’intera vita è insipida. E poi, dopo aver svolto i compiti, ci si metteva a guardarla mentre stirava o metteva ordine nei cassetti. E quanto erano lievi e soavi quei gesti e quanto non avevano mai il gusto della consunta abitudine… ogni volta sembravano sempre nuovi, rinnovati dall’amore e dalla dedizione che solo una MAMMA sapeva donare all’intera famiglia. E quando si avvicinava il momento di andare a letto, le si chiedeva la fiaba per addormentarsi e lei era sempre lì, sarebbe rimasta sino a quando i nostri occhi sarebbero scesi sui sogni…e al mattino era lei la prima persona a dirci “Buongiorno!”, con un sorriso che solo la MAMMA ha…

 

L’Alfabeto dei Ricordi- Lettera L

 

 

Riprendiamo, carissimi amici,  il nostro “Alfabeto dei Ricordi”: stasera ecco arrivare lei, la L, L come “La LONTANANZA”, canzone, questa, del 1970 cantata da un Domenico Modugno che seppe trasmettere, con il suo inconfondibile timbro e le sue eccelse capacità canore, tutto lo struggente messaggio d’amore di un uomo verso una donna  che si stavano salutando forse per l’ultima volta, mentre il suono di una sirena stava riempiendo l’aria intorno. La canzone, che parte con il parlato per poi andare in crescendo con la musica, riesce a condensare il profondo significato di un amore non vissuto completamente, forse lasciato a metà, o forse non apprezzato abbastanza. Ma la vita è anche questo: la vita sono scelte, decisioni, percorsi che si iniziano e che poi si abbandonano, ragioni della razionalità che si scontrano con quelle del cuore. Non sempre si vive la favola del: “E vissero felici e contenti”, così come non sempre si può vivere un amore, anche se è grande, sconfinato… però, il rimpianto di non averlo vissuto sarà sempre più grande dell’amore stesso, come canta Modugno in queste strofe: “Non ho capito niente del tuo amore ed ho gettato via inutilmente l’unica cosa vera della mia vita: l’amore tuo per me” ….

 

L’Alfabeto dei Ricordi-Lettera I

 

Oggi il nostro “Alfabeto dei Ricordi” celebra la I: I come IMBUTO, un oggetto largamente usato nelle case degli italiani perché il travasare, dal contenitore più grande a quello più piccolo, era un gesto abituale: eccolo, dunque, il grande bottiglione di vetro verde scuro che custodiva il prezioso olio usato con grande parsimonia…un olio denso, dal gusto pieno, rotondo che veniva poi travasato, grazie all’IMBUTO, nella bottiglia e poi, da quest’ultima, nell’oliera che si portava a tavola.  Si travasava anche il vino, l’aceto…ma soprattutto si “travasavano”, dal più anziano della famiglia al più piccolo di età, anche antichi gesti e tradizioni, nonché valori, conoscenze e storie che venivano trasmesse con dolcezza e soavità e che  sarebbero state tramandate di generazione in generazione…

 

Castel dell’Ovo: tra storia e leggenda, la bellezza di una fortezza che rapisce il cuore

 

Lungo via Partenope, scendendo dal quartiere San Ferdinando, o dopo aver percorso il lungomare Caracciolo, non si può fare  a meno di notarlo:  lui spicca sulla distesa di acqua salata, in tutta la sua elegante maestosità e già il nome serba in sé elementi di una leggenda antica. “Castel dell’Ovo”, difatti, si chiamerebbe così per quell’uovo che  il poeta Virgilio avrebbe nascosto nei sotterranei dell’edificio e al quale avrebbe consegnato non solo il destino dell’intera fortezza, ma di tutta la città di Napoli.

Il Castel dell’Ovo al tramonto (Foto di Lorenza Fiorilli)

L’isolotto di tufo, il cui nome è  Megaride, e sul quale svetta il castello,  è unito alla terraferma da un delizioso ponte illuminato, al momento del crepuscolo,  da une serie di lampioni che donano alla fortezza quel senso di magica ebbrezza che ti cattura e ti fa provare quasi un senso di smarrimento.

La magia dell’antica fortezza in uno scatto di Lorenza Fiorilli

Castel dell’Ovo visse poi alterne vicende nel corso dei secoli: complesso conventuale dei monaci benedettini, sede della corte di Ruggiero il Normanno, avamposto militare all’epoca dei Borbone, che procedettero a fortificarlo ulteriormente.

Il tramonto dalla terrazza di Castel dell’Ovo (Foto di Lorenza Fiorilli)

Attualmente Castel Dell’Ovo è visitabile e, dopo aver superato la scalinata d’ingresso, si sale fino alla terrazza dell’ultimo piano che ospita ancora, intatti, i cannoni, terrazza dalla quale il panorama è mozzafiato, specie al tramonto, quando il cielo si trasforma in una tavolozza di colori che vanno dal giallo intenso all’arancione, a quel rosso che incanta i sensi.

Un volo di uccelli salutano il sole che sta lasciando Napoli (Foto di Lorenza Fiorilli)

E quando si scende di nuovo  e si supera il ponte, non si può andar via senza vistare il delizioso Borgo dei Marinari proprio ai piedi della fortezza che vorrai rivedere ogni volta che tornerai a Napoli.

 

Alessandra Fiorilli

 

L’Alfabeto dei Ricordi- Lettera H

 

E’ strano come una consonante priva di suono, sia così carica di significato per l’”Alfabeto dei Ricordi”…oggi parliamo proprio di lei, dell’H…H come HOTEL. E i ricordi vanno alle coppie di giovani sposi che partivano per il viaggio di nozze, non in luoghi lontanissimi o esotici, quanto piuttosto nella romantica Venezia. E così, dopo la celebrazione del matrimonio e il saluto ai parenti, si partiva e si era per la prima volta soli, senza gli sguardi di qualche padre o fratello, senza il controllo di una mamma apprensiva. Marito e moglie: come era dolce pronunciare queste parole e con quanto pudico imbarazzo si superava la soglia di quella camera nella quale ci si trovava non più come fidanzati ma come  uomo e  donna, finalmente insieme, lungo il cammino di una vita che li avrebbe visti fianco a fianco, per sempre…

 

L’Alfabeto dei Ricordi- Lettera G

 

Sulle note di una musica che sapeva di amore, ecco arrivare la protagonista del nostro “Alfabeto dei Ricordi la G, G come GIRADISCHI.  Ah il giradischi! Parlare di lui è come ricordare un amico caro, complice, negli anni ’60, di quei lenti che tutti attendevano per stare guancia a guancia, per sentire l’altrui respiro sul proprio collo, per poggiare la testa sulla spalle del ragazzo che tanto faceva battere il cuore. Il giradischi era lì, testimone dei primi amori, di quella libertà che negli anni ‘60 i ragazzi cominciavano ad assaporare. E chi ha avuto il privilegio di sentire quel piacevole gracchiare che la puntina produceva sul disco, continua ad avvertirne l’eco nel proprio cuore…

 

L’Alfabeto dei Ricordi- Lettera F

Oggi la protagonista del nostro “Alfabeto dei Ricordi” è la F: F come FAMIGLIA.

Ci fu un tempo in cui la famiglia aveva il gradevolissimo odore di quelle pizze e di quelle torte impastate dalla mamma o dalla nonna e che sapevano di buono, di caldi abbracci, di attesa…

Ci fu un tempo in cui la famiglia avevo il gusto del pranzo domenicale e di quel sugo nel quale cercavamo sempre di intingere un pezzetto di pane…

Ci fu un tempo in cui i papà, la domenica pomeriggio, portavano con sé le radioline e le tenevano attaccate all’orecchio per ascoltare i collegamenti dai vari stadi di calcio.

Ci fu un tempo in cui la famiglia aveva i colori dei plaid che i nonni mettevano sulle ginocchia.

Ci fu un tempo in cui la famiglia era sinonimo dell’unico televisore domestico, anche se il più straordinario spettacolo non lo si vedeva nello schermo, ma era quella mamma ancora indaffarata, nonostante l’ora tarda, era quel papà in pantofole e quei figli che preferivano sistemarsi sul tappeto del soggiorno di una casa che strabordava di amore…

L’Alfabeto dei Ricordi-Lettera E

Continuiamo, carissimi amici, a ripercorre insieme il nostro “Alfabeto dei Ricordi”…siamo giunti alla E: E come “L’EDERA”,  canzone d’amore cantata da Nilla Pizzi con Tonina Torrelli al Festival di Sanremo del 1958, anno del trionfo di “Nel blu dipinto di blu”, interpretata magistralmente  da Domenico Modugno insieme a Dorelli. La canzone “L’edera” si classificò al secondo posto con i suoi 41 voti, ma pur se quell’anno non riuscì a competere con la forza travolgente della novità rappresentata da Modugno, la melodia cantata dalla Pizzi divenne il simbolo di un amore forte, viscerale, di un amore totale verso l’altro, verso l’altro del quale non si può più fare a meno. Di seguito, una delle strofe più famose: “Son qui tra le tue braccia ancor avvinta come l’edera, sono qui respiro il tuo respiro son l’edera legata al tuo cuore” …una dichiarazione più chiara di questa non credo possa esistere…

L’Alfabeto dei Ricordi_Lettera D

Ripercorrendo il nostro “Alfabeto dei Ricordi” ecco arrivare la D: D come DADAUMPA, canzone che divenne la sigla di apertura del programma televisivo ”Studio Uno”. Siamo negli anni ‘60 e le gemelle Kessler, direttamente dalla Germania, rubano i sogni degli italiani con la loro bellezza nordica… le lunghe gambe delle due tedesche verranno persino censurate dalla RAI che imporrà loro di indossare non più le calze velate ma quelle pesanti, completamente coprenti. DADAUMPA, con il suo ritornello che verrà cantato e ricantato e che ancora oggi in moltissimi ricordano, sarebbe diventato il simbolo di un’epoca, di un’Italia che si appassionava ai nuovi programmi televisivi di intrattenimento con cantanti e attori brillanti dell’epoca che sul palco si  “punzecchiavano” tra loro in modo sempre garbato e rispettoso. DADAUMPA per dire che si era felici, DADAUMPA per dire i problemi sarebbero stati risolti con l’ottimismo e con l’entusiasmo, DADAUMPA per dire che una nuova era stava bussando non solo alle porte della società ma anche a quelle degli italici cuori…

L’Alfabeto dei Ricordi-Lettera C

Ecco arrivare la C, C come CARNEVALE: prima ancora dei famosi personaggi degli attuali cartoni animati  e prima ancora delle varie fate e principesse degli anni ’80 e ’90 con i loro sontuosi abiti, ecco arrivare, sospinti dalla grande fantasia dei piccoli di tantissimi anni fa, lenzuola bianche che non si usavano più in casa,  cappelli da cowboy fatti in cartone, penne lasciate in terra da qualche animale da cortile messe “strategicamente” sulla testa per vestirsi da indiani…sembra di vederli questi bambini che, con pochissimi mezzi, riuscivano a trasformare un momento dell’anno in attimi preziosi, da trascorrere con gli amici, con i quali non facevano a gara per il  vestito più bello perché a vincere era sempre e soltanto lei: la fantasia che aveva ispirato e guidato la creazioni dei loro singolari abiti di Carnevale…