Dal soggiorno della casa al piano superiore, dove mi ero stesa un po’ sul divano in modo da regalare a quella stanchezza pesante, una via per farla defluire, potevo sentire la lavatrice in funzione, al piano inferiore. L’aveva caricata la nonna, con le tue lenzuola, le tue federe, il tuo pigiama: lei scelse di conservare tutto di te, anche gli abiti da malato, anche i vestiti intrisi di dolore e di sofferenza.
La centrifuga andava, andava… poi il bucato fu pronto per essere steso in giardino, su quei fili che correvano lungo tutta la lunghezza della casa e del viale mattonato, la nonna li aveva messi ad asciugare sempre lì, le piaceva abbassare ad alzare i fili aiutandosi con quei sostegni di ferro che andavano su e giù, adorava sporgersi dalla finestre, afferrare i panni e controllare se erano asciutti, se poteva ritirarli. Quando c’era vento, poi, quei panni stesi sembravano bambini felici che si rincorrevano: quante volte sei uscito in giardino, nonno per rimettevi al loro posto, dispiegando bene quelle lenzuola o quegli asciugamani che sembravano essersi abbracciati gli uni agli altri.
Ecco cosa rimaneva della tua lunga degenza nel letto, della tua malattia, delle tue sofferenze, del nostro dolore, del nostro sentimento di impotenza, delle nostre lacrime, della nostra tristezza: dei panni stesi, destinati, una volta ritirati, ad essere stirati, per poi scomparire nei cassetti del comò, sul lato destro che era quello destinato a te, e che nessuno, da quel giorno, avrebbe aperto più.
Quando affacciandomi dalla finestra della mia stanza al piano superiore, li notai su quei fili, nonno, sentii forte il bisogno di scendere in giardino.
Passai in rassegna tutti i tuoi panni, li accarezzai uno ad uno e per ciascuno ebbi un pensiero ed un ringraziamento: grazie alle lenzuola che ti erano scivolate sul corpo tanti anni, leggiadramente, come solo quelle di lino sanno fare, grazie a quelle federe che avevano reso sereni i sonni e belli i risvegli, grazie al tuo pigiama che avevi la gioia di sfilartelo seduto sul letto tutte le mattine, grazie a quelle magliette di cotone che ti avevano protetto dal caldo e dal sudore, mentre facevi i lavori in giardino e nell’orto. Grazie, grazie a tutte quelle cose, a tutti quegli oggetti che ti avevano reso bella la vita, felici le giornate, serene le notti.