Positano: tra miti e leggende, una bellezza che incanta il mondo intero

Quando ci si trova davanti ad una bellezza che sembra sfuggire ad ogni umana definizione, tanto  che nessuna parola è in grado degnamente di circoscriverla, allora, in nostro aiuto, giungono le leggende, dove spesso, il sacro e il profano  si intrecciano e  convivono felicemente.

Lo splendido panorama in avvicinamento a Positano (foto di Lorenza Fiorilli)

E’ il caso di Positano, uno tra i più caratteristici paesi che imperlano la meravigliosa costiera sorrentina ed amalfitana.

L’inconfondibile profilo d Positano (foto di Lorenza Fiorilli)

Il legame che la cultura italica ha con quella della Magna Grecia, lo ritroviamo in molte leggende che vedono come protagonisti paesi e città costiere del sud Italia, e anche Positano ne è una testimonianza: pare che il nome di questo centro marino,  arroccato sulle pendici dei Monti Lattari che si protendono verso il mare, sia legato al nome del dio del mare, Poseidone, il quale lo fondò in nome dell’amore da lui nutrito per la ninfa Pasitea.

L’Italia, però,  non è solo cultura classica ma anche cristiana, e la seconda leggenda sul nome di Positano è proprio legata all’effige della Madonna che si trovava su una nave, la quale fu colta da una tempesta proprio nei pressi della costa dell’attuale Positano e la leggenda vuole che i marinai sentirono la voce della Madonna dire loro: “Posa, Posa”, e la interpretarono come la volontà dell’effige di rimanere per sempre su quel tratto di costa.

Non è un caso che a Positano la chiesa più importante e anche quella universalmente conosciuta ed immortalata nelle foto, sia proprio quella dedicata a Santa Maria Assunta, la cui cupola è rivestita con le tipiche maioliche della zona. I colori sono il giallo e il verde, che ricordano il colore di un sole, il quale,  difficilmente, anche d’inverno, si scorda di baciare  Positano e il verde, che incornicia questo paese magicamente arroccato sulla roccia.

E i miti classici e le leggende avvolgono anche i tre isolotti ben visibili da Positano, noti con il nome di Isole Li Galli, o Le Sireneuse, per via della storia mitica che le vede protagoniste.

Le Isole Li Galli ben visibili mentre ci si avvicina a Positano (foto di Lorenza Fiorilli)
In lontananza, Le Isole Li Galli (foto di Lorenza Fiorilli)

Si narra, infatti, che proprio su quest’arcipelago formato da tre isolotti, Gallo Lungo, La Rotonda e La Castelluccia, vivessero delle Sirene, pronte ad ammaliare, con i loro canti, i marinai che transitavano  con le loro imbarcazioni. Sembra che di lì passò anche Ulisse, il quale riuscì a resistere alla soave bellezza di quel canto, facendosi legare all’albero della sua nave, evitando così il naufragio certo.

Di nuovo le Isole Li Galli (foto di Lorenza Fiorilli)

 

Le case bianche, i rampicanti, la spiaggia di Marina Grande, il colore di un mare che ti accoglie come in un abbraccio: tutto rende Positano un luogo magico, e non è un caso che il cartello di benvenuto reciti “Positano città romantica”.

La spiaggia di Marina Grande (foto di Lorenza Fiorilli)
Il cartello di benvenuto a Positano (foto di Lorenza Fiorilli)

A Positano sembra che l’estate non vada mai via: le foto che corredano questo mio articolo sono state scattate un fine novembre: chi potrebbe affermare, tranne che per la spiaggia priva di ombrelloni e di bagnanti, che mancasse solo  qualche settimana a Natale?

Alessandra Fiorilli

I racconti di Mila e Pila- 30 dicembre: la romantica sedia a dondolo- 6° Parte

“Vedete- riprese a parlare la sedia a dondolo con un tono dimesso che non somigliava per nulla a quello di qualche istante prima- la soddisfazione maggiore che ho, non sta nel legno pregiato di cui sono fatta, non sta nella mia solidità e nella mia bellezza, quanto nei ricordi di cui sono testimone.”

Tutti gli oggetti le si avvicinarono incuriositi e si misero a cerchio intorno a lei perché capirono che la storia si stava facendo interessante.

“Sono in questa sala da più di mezzo secolo. Su di me la signora Mila ha cullato il suo figliolo quando non voleva saperne di addormentarsi, e sempre su di me si riposava lei dopo che il suo lavoro di mamma era finito. Il marito della signora adorava cullarsi sul mio andirivieni dopo una giornata trascorsa nei campi. Quante storie ho ascoltato, ho assistito al primo sorriso di Ludovica, ai suoi passi, ma ho anche dato conforto alla signora Mila quando il marito volò via in cielo. E quanti ospiti si sono dondolati su di me mentre il camino scoppiettava. Sono felice e fiera di ciò che ho potuto regalare a questa famiglia. Grazie signora Mila per avermi voluta sempre con lei spero di regalarle altri momenti felici. E se potessi, le asciugherei le lacrime quando sedendosi su di me piange perché pensa a Ludovica che è così lontana”.

La sedia a dondolo fu capace di dare, quel pomeriggio, con il suo racconto, un grande insegnamento: sono le emozioni che restano, quelle e null’altro.

 

I racconti di Mila e Pila. 30 dicembre: la romantica sedia a dondolo- 5° Parte

“Bene, nasco tra queste colline. Il legno che è stato usato per darmi la vita proviene proprio da questi boschi. Ricordo ancora le parole del falegname quando disse che quell’ottimo legno avrebbe costruito la più bella sedia a dondolo della sua vita…!” a queste parole seguì un BUU di disapprovazione da parte degli altri oggetti della casa che stavano, insieme con me, ascoltando in silenzio la storia della sedia a dondolo.

“Silenzio, fate silenzio per favore” dissi loro per acquietarli.

“Grazie, signora Mila. Bene, quando il falegname terminò il suo lavoro fu talmente soddisfatto che fece accorrere tutti i suoi parenti e amici nella sua bottega e tra questi c’era anche il marito della signora Mila che mi acquistò perché fu colpito dalla mia bellezza. E da allora sono il fiore all’occhiello di questa casa!” concluse la sedia a dondolo.

“Non credi di essere offensiva riguardo agli altri oggetti?” le chiesi io con un tono di voce che sapeva di rimprovero.

“No, perché il bello della storia deve ancora venire!”

Allorché tutti gli oggetti si sollevarono perché ne avevano veramente abbastanza di tutta questa boria.

“Calma, silenzio, lasciamola finire di parlare” intervenni io con voce ferma.

I racconti di Mila e Pila. 30 dicembre: la romantica sedia a dondolo- 4° Parte

La storia inizia così.

“Un pomeriggio, mentre ero andata fuori l’orto, sentii provenire dalla sala da pranzo un vociare fitto fitto. Prima di entrare casa, mi affacciai dall’esterno e vidi che tutti gli oggetti sulle mensole e sul camino erano intorno alla sedia a dondolo che stava andando su e giù per la sala con il suo incedere elegante.

Entrai con il mio cesto pieno di verdure e chiesi alla sedia a dondolo il motivo di tutto quel trambusto.

“Ho potuto notare che gli oggetti della casa si stavano annoiando allora per animare un po’ la situazione ho deciso di raccontar loro la storia della mia vita” disse la sedia a dondolo con la sua voce impostata da cantante lirica.

“La tua vita, perché cosa ha di speciale la tua vita?” le risposi incuriosita.

“Ma come, me lo chiede anche signora Mila? Io sono stata la testimone di tutte le persone che hanno vissuto in questa casa, di quelle che sono venute, negli anni, a farvi visita perché se lei ha la memoria corta e non è colpa mia, io sono stato l’oggetto più apprezzato di questo casolare!”, rispose piena di boria.

“E allora sentiamo un po’ cosa ha da raccontare di così interessante!” le dissi mentre mi accomodai sulla sedia di cucina.

I racconti di Mila e Pila. 30 dicembre: la romantica sedia a dondolo- 3° Parte

E’ strano potersi fermare a parlare in negozio, e stare lì anche più del dovuto, senza fretta, senza scadenze da rispettare, senza orari della metropolitana da controllare sul cartoncino colorato che la mamma ha provveduto a mettermi nelle tasche di tutte le giacche, di tutti i piumini, di tutti i giubbotti che ho nell’armadio della nostra casa di Chicago.

Tutta la mia vita è condizionata da quei numeri, seguiti da a.m. e p.m., che scandiscono il mio arrivo a scuola e il mio rientro a casa.

Sempre di fretta, senza mai avere la possibilità di fermarsi a parlare, senza che gli altri ti chiedano premesso per salire sul vagone della metropolitana.

Ma oggi non c’è fretta, oggi sto facendo la spesa con la nonna nel nostro paese, in quei negozi che sanno ancora di bottega.

Mentre stiamo rientrando a casa, nell’istante preciso in cui la nonna si sta stringendo nel suo cappotto, vedo dal suo sguardo che un po’ di tristezza le ha bussato alla porta del cuore, sta pensando, come lo sto facendo anch’io, che tra qualche giorno dovrò ripartire per Chicago.

Allora, stringendo forte la sua mano, mentre stiamo rientrando a casa, si trasforma in Mila e mi racconta la sua storia fantastica.

“Signora Pila, voglio proprio dirle ciò che mi è successo un po’ di tempo fa”.

“Con grande piacere signora Mila!”

I racconti di Mila e Pila. 30 dicembre: la romantica sedia a dondolo. 2° Parte

Mentre ci incamminiamo verso il centro del paese, mi vengono incontro e sembrano quasi prendermi per mano, tutti quegli odori e quei sapori che, nonostante fossero mesi non li sentissi più, li riconosco subito, uno per uno non appena li avverto nell’aria.

Più ci avviciniamo al paese, più ci stringiamo nei nostri cappotti, tanto il freddo di stamattina è prepotente e vuole avvolgere ogni parte del corpo.

Ma il mio desiderio di rivedere il paese nel quale sono nata e cresciuta è più forte del freddo, supera il vento di tramontana, sfida la neve.

Eccoci qua, siamo arrivate: tutto intorno alle viuzze c’è un grande brulichio di persone indaffarate nelle ultime compere, domani si festeggerà l’arrivo dell’anno nuovo e, come sempre, ci si accorge all’ultimo minuto che in casa manca qualcosa per salutare degnamente l’anno vecchio che ci sta lasciando.

Entriamo nei negozi portando con noi l’aria fredda che sta soffiando sulla vallata sin dalle prime ore del mattino, senza tregua.

“Buongiorno signora Angela.ma vedo che c’è anche Ludovica, fatti vedere…ma come sei cresciuta….”

Ed io mi faccio vedere come chiedono loro, giro su me stessa e cerco anche di sollevare un po’ i talloni per far vedere che sono più alta di quanto non lo sia realmente.

Mi fa piacere incontrare la gente di questo paese che porterò per sempre nel cuore, anche se dovessi diventare, questo è il desiderio di mamma e papà, uno dei migliori avvocati di Chicago.

Credo proprio che non si possano mai dimenticare le proprie origini, perché ciò che siamo è la somma di tutti i frammenti di vita vissuta.

AUGURI DI BUON FERRAGOSTO!

Carissimi lettori di EmozionAmici, che ci leggete e seguite con tanto affetto da tutte le parti d’Italia, vi auguro una  Buon Ferragosto con questa mia poesia scritta all’età di nove anni.

A Ferragosto
non c’è posto
per i problemi …
e i patemi.
A Ferragosto
i contadini pensan già al mosto
della prossima vendemmia
che li aspetta.
A Ferragosto
l’estate sa di lasciar il posto
ai cieli rossi ottobrini
ma i bambini
lascian indietro
il pensiero
della scuola che riaprirà
quando tutto ricomincerà.
A Ferragosto sembra tutto sospeso
tutto senza peso.
Ferragosto é una parentesi
dai pensieri
perché tutto quello che si vuole
è mare, montagna, sole

Alessandra  Fiorilli

Venzone: il simbolo di una rinascita, della forza, della collaborazione cittadino- istituzioni

 

Corre l’anno 1976: sono le 21 di giovedì 6 maggio.

La terra trema: una prima scossa pari al grado 6,5 della Scala Richter sconquassa il Friuli Venezia Giulia.

Dalle televisioni giungono immagini di devastazioni, distruzioni, strade squartate a metà, case  sbriciolate e delle quali non rimangono che macerie e ricordi sepolti.

Occhi gonfi di lacrime, mamme piegate a metà dal dolore, uomini impolverati che si danno da fare per tornare alla vita, o a quella che resta.

Da tutta Italia giungono aiuti e in molti si chiedono cosa ne sarà di Gemona, Osoppo, Venzone e degli altri centinaia di centri devastati dal sisma.

Invece, proprio da questi luoghi arriverà una grande lezione di buona amministrazione e di una volontà ferrea che farà di questi paesi, specie di Venzone, il simbolo di una ricostruzione che non conoscerà lentezze burocratiche, né intoppi, né freni.

2100 abitanti circa, Venzone, in provincia di Udine, sorge a 230 metri d’altitudine, tra due valli che lì vi confluiscono.

Il cartello di benvenuto a Venzone (foto di Lorenza Fiorilli)

Conosciuto sin dall’epoca dei Celti e divenuto con i Romani un punto strategico per i commerci, nel XIII secolo il centro storico viene munito di una doppia fila di mura attorno alle quali corre un sentiero di impronta celtica.

Il camminamento intorno alle Mura (foto di Lorenza Fiorilli)
L’ingresso del Duomo  (foto di Lorenza Fiorilli)
Particolare del Duomo (foto di Lorenza Fiorilli)
Il campanile
Il Duomo di Sant’Andrea Apostolo (foto di Lorenza Fiorilli)
La piazza dove si affaccia il Palazzo Comunale (foto di Lorenza Fiorilli)
Bifore del Palazzo Comunale (foto di Lorenza Fiorilli)

 

Nel 1965 Venzone è dichiarato “Monumento nazionale di grande interesse storico ed artistico” ma quando arriva il terremoto del 1976 tutto cade giù, si sbriciola, si disgregano vite e case, chiese e strade.

Ma i friulani vogliono che Venzone sia ricostruito “Dov’era e com’era”: seguiranno anni di sacrifici, abnegazione, e una proficua e strettissima collaborazione tra gli abitanti e le amministrazioni pubbliche.

Ce la fanno.

Venzone rinasce…rinasce con le sue case, le sue strade, la sua chiesa, della quale, dopo il terremoto, si riescono a salvare 9000 pezzi che verranno poi usati per la ricostruzione fedele, il più possibile, al pre-sisma.

Visitare Venzone è un’esperienza che ti accompagnerà per sempre, anche dopo aver lasciato alle spalle il cartello che dice:” Benvenuti a Venzone”.

Tra il Duomo e Via Albero Del Colle,  c’è una piccola area giochi perfettamente tenuta, pulita ed ordinata, proseguendo lungo Via Glizoio Di Mels si giunge al Palazzo Comunale e proseguendo per Via Mistruzzi si può visitare, presso il Palazzo Orgnani-Martina una mostra permanente sul terremoto del 1976, con video, filmati originali, foto d’epoca, a testimonianza che più forte della morte, della distruzione e della disperazione, fu la volontà di rinascita.

Un particolare dell’area giochi (foto di Lorenza Fiorilli)
Il Palazzo Comunale (foto di Lorenza Fiorilli)
Il porticato  sotto il  Palazzo Comunale (foto di Lorenza Fiorilli)
Porta  San Genesio (foto di Lorenza Fiorilli)
Mura di cinta (foto di Lorenza Fiorilli)

Una rinascita che è sotto gli occhi di tutti e che si chiama Venzone, dichiarata nel 1991 dalla Comunità Europea “Villaggio ideale dove vivere”  e che nel 2017 è stato incoronato il “Borgo più bello d’Italia” dalla trasmissione trasmessa dai Rai 3 “Alle falde del Kilimangiaro”.

Alessandra Fiorilli

I racconti di Mila e Pila. 30 dicembre: la romantica sedia a dondolo- 1° Parte

 

Oggi scendiamo giù in paese.

Sono emozionata, perché passerò davanti alla mia scuola, quella che frequentavo quando stavo qui con la nonna.

Mi manca molto la vita di qui, mi manca che a Chicago nessuno mi chiami più per nome mentre transito per la strada affollata e sempre troppo trafficata.

E poi sento la nostalgia delle mie amiche, con le quali facevamo la passeggiata domenicale sotto l’occhio vigile di qualche mamma che camminava a 20 metri da noi.

Ma ci sentivamo ugualmente importanti perché ci telefonavamo, dopo pranzo, mettendoci d’accordo su quale vestito avremmo indossato.

Poi ci fermavamo al bar centrale del paese e se era autunno e inverno sorseggiavamo una buonissima tazza di cioccolata calda, se estate e primavera, ci sedevamo fuori, sotto gli ombrelloni bianchi e gustavamo un bicchiere di fragole alla panna o l’insuperabile gelato artigianale, gusto nocciola e cioccolato.

Sono cose, queste, che mi mancano terribilmente e che a Chicago non c’è verso di poter fare.

Siamo pronte.

Oggi tira un forte vento di tramontana che sembra tagliarci la faccia, tanto è pungente.

Ma usciamo ugualmente, ho troppo voglia di rivedere quella piazza sulla quale si affacciano ancora le vecchie botteghe artigianali.

C’è la panetteria della signora Anna, che ogni mattina regala il profumo invitante del pane cotto a legna, della pizza bianca, delle ciambelle al vino, e poi c’è il negozio di generi alimentari della signora Luigia, dove trovi del prosciutto crudo che non chiede altro che di sposarsi con una bella fetta di pane appena sfornato, e poi c’è la frutteria di Beppe, dal quale trovi solo i frutti di stagione e tutti rigorosamente del luogo.

I racconti di Mila e Pila- 29 Dicembre: la macchina da cucire a pedali e quella elettrica- 5° Parte

“Ma che c’entra, erano altri tempi, io, però ero molto brava nel mio lavoro…” disse l’anziana macchina per cucire.

“Brava… ma chi vuoi ingannare eh? L’ho sentita la tua padrona mentre una sera si stava lamentando ad alta voce del fatto che ormai il tuo ago si bloccava e faceva attorcigliare tutto il filo. Un disastro, avevi combinato un vero disastro…”.

Appena terminate di sentire queste parole, la mia fedele amica scoppiò in un pianto dirotto.

“Allora non sono proprio più utile a nessuno, combino solo guai…tanto vale…” e lasciò a mezz’aria queste parole.

“Tanto vale…” chiesi io

“Tanto vale rinchiudermi per sempre in questo mobile e non tirarmi più fuori. Anzi, questo mobile è solo d’impiccio e non serve altro che alla polvere per depositarsi. Portami giù in cantina, te ne prego” così disse la vecchia macchina per cucire, ormai senza più una speranza.

“No, non ti porto in cantina, tu rimani qui. Però…vedi tu non funzioni più tanto bene e per un’anziana donna come me, è più facile farsi aiutare da una giovane macchina per cucire, veloce e precisa. Ma non ti lascio andare via, non posso dimenticare e cancellare quei lunghi pomeriggi nei quali il rumore del tuo pedale e dell’andare su e giù dell’ago mi hanno fatto compagnia. Rimarrai qui, in questa stanza” gli dissi io.

“Ma cosa resto a fare, non sono più d’aiuto a nessuno”.

“Non è vero, sarai d’aiuto alla nuova macchina per cucire perfetta sì, ma senza anima e le insegnerai il rispetto per gli altri, per quelli più anziani, per chi ci ha preceduto. “

“Se è così, allora vado via” rispose la nuova macchina per cucire.

“Non devi offenderti, vedi nella vita non è sufficiente saper fare bene il proprio lavoro ma è necessario saper riconoscere i giusti meriti agli altri e non essere borioso, pieno di arie inutili perché il valore di un oggetto e di una persona non si misura con la quantità delle cose che sanno fare, piuttosto con l’umiltà con la quale si fanno” dissi.

La nuova macchina per cucire capì dalle mie parole di aver sbagliato e dopo aver chiesto scusa alla mia fedele compagna di tanti lavori, accettò l’idea che la vecchia macchina sarebbe stata per lei una preziosa guida per vivere”.