Lungo via Partenope, scendendo dal quartiere San Ferdinando, o dopo aver percorso il lungomare Caracciolo, non si può fare a meno di notarlo: lui spicca sulla distesa di acqua salata, in tutta la sua elegante maestosità e già il nome serba in sé elementi di una leggenda antica. “Castel dell’Ovo”, difatti, si chiamerebbe così per quell’uovo che il poeta Virgilio avrebbe nascosto nei sotterranei dell’edificio e al quale avrebbe consegnato non solo il destino dell’intera fortezza, ma di tutta la città di Napoli.
L’isolotto di tufo, il cui nome è Megaride, e sul quale svetta il castello, è unito alla terraferma da un delizioso ponte illuminato, al momento del crepuscolo, da une serie di lampioni che donano alla fortezza quel senso di magica ebbrezza che ti cattura e ti fa provare quasi un senso di smarrimento.
Castel dell’Ovo visse poi alterne vicende nel corso dei secoli: complesso conventuale dei monaci benedettini, sede della corte di Ruggiero il Normanno, avamposto militare all’epoca dei Borbone, che procedettero a fortificarlo ulteriormente.
Attualmente Castel Dell’Ovo è visitabile e, dopo aver superato la scalinata d’ingresso, si sale fino alla terrazza dell’ultimo piano che ospita ancora, intatti, i cannoni, terrazza dalla quale il panorama è mozzafiato, specie al tramonto, quando il cielo si trasforma in una tavolozza di colori che vanno dal giallo intenso all’arancione, a quel rosso che incanta i sensi.
E quando si scende di nuovo e si supera il ponte, non si può andar via senza vistare il delizioso Borgo dei Marinari proprio ai piedi della fortezza che vorrai rivedere ogni volta che tornerai a Napoli.
Alessandra Fiorilli