L’incanto del Castello “Miramare” di Trieste

E’ il 1855 quando l’arciduca Massimiliano d’Asburgo sceglie il promontorio di Grignano, a circa 6 chilometri da Trieste, come luogo per far sorgere una residenza dove la distesa d’acqua salata sarà la principale protagonista del castello il quale verrà chiamato, non a caso,  “Miramar”, che in spagnolo significa, appunto, “guarda il mare”.

E il mare ti accompagna sin dal momento in cui ci si incammina per raggiugere l’ingresso del Castello stesso.

Quando il cielo è terso, lo spettacolo che offre la distesa d’acqua salata e la natura circostante, ti avvolge in un girotondo di emozioni fortissime, intense, che non ti lasceranno per tutta la durata della visita, terminata la quale il ricordo di quelle sale, del parco, della scalinata che collega i due piani, degli oggetti appartenuti a Massimiliano e a Carlotta, sua moglie, ti faranno compagnia, per sempre.

Oltre al mare, l’altra protagonista della residenza, è il verde che si estende per 22 ettari e che costituisce il Parco del Castello, voluto fortemente dall’arciduca austriaco.

La natura che, infatti, Massimiliano trova, al momento dell’acquisto dei vari lotti, è  una natura scarna ma, grazie alla consulenza di un grande botanico, l’intera area  si arricchirà di alberi e piante da tutto il mondo che conviveranno insieme, in armonia.

Il progetto del parco sarà  affidato, come quello dell’intero Castello, all’architetto austriaco Carl Junker.

Il piano terra ospita le camere dove Massimiliano risiedette con la moglie Carlotta, mentre il primo livello è il piano di rappresentanza, dove venivano accolti gli ospiti.

Chi ha la fortuna di visitare il Castello, ne può ammirare gli arredi originari, mentre la distesa del mare che si perde a vista d’occhio è una presenza, al tempo stesso, discreta e travolgente, in tutte le stanze.

Tra le varie sale in cui si articola il percorso della visita, spicca  quella che ricorda l’arredamento tipico di una nave: fu, infatti, proprio Massimiliano d’Asburgo a volere che una stanza fosse lo specchio fedele dell’arredamento della fregata sulla quale era imbarcato, mentre assolveva il servizio per la Marina d’Austria.

Ai piedi del Castello, un piccolissimo porticciolo dotato di un pontile di circa 7 metri, al quale si accede da una scalinata.

E dopo aver indugiato sul profilo di “Miramare” che si staglia all’orizzonte in tutta la sua magnificenza, ti accorgi che non riesci proprio a lasciarti alle spalle cotanta bellezza, e, così, ti giri più volte, e sembra quasi di vederli Massimiliano e Carlotta i quali, come narra la storia, proprio in questo castello, vissero i momenti più felici della loro vita.

                                                 Alessandra Fiorilli

“Tiere Motus” a Venzone: un Museo, un Sacrario della memoria, un grande esempio di come si rinasce dopo un terremoto disastroso.

Entrare nel Museo “Tiere Motus”, ospitato nel Palazzo Orgnani- Martina, a Venzone, borgo a circa 30 km da Udine, è entrare nell’animo, nei cuori, nelle menti, persino in ogni singolo battito del cuore di coloro i quali hanno vissuto il tremendo terremoto del 6 maggio 1976.

Appena se ne varca la soglia, le foto, alcune in bianco e nero, altre a colori, nonché i titoli a caratteri cubitali dei principali quotidiani nazionali, sembrano accoglierti nel loro grembo, fatto sì di dolore, ma anche di tanta dignità, e di una volontà ferrea che farà del Friuli terremotato un simbolo per tutta Italia.

Una delle sale del percorso espositivo del Museo “Tiere Motus” di Venzone (Foto per gentile concessione di “Tiere Motus”- Centro di Documentazione Venzone), dove campeggia una significativa frase: “Il Friuli ringrazia e non dimentica”

“Tiere Motus” è un Museo, ma anche una sorta di Sacrario della memoria e quando sei lì, ad osservare l’esposizione fotografica, quasi ti verrebbe spontaneo chiedere il permesso di osservare tutte quelle immagini, perché trasudano una sofferenza unita ad una forza che permetterà al Friuli di risorgere.

A raccontarci la storia di questo Museo è la Direttrice dello stesso, la Dottoressa Floriana Marino, architetto, siciliana d’origine, veneziana per studio, avendo frequentato l’Università nel capoluogo veneto, e friulana per amore verso questo popolo che tanto le ha insegnato.

“Sono arrivata a Venzone quando ancora si stava compiendo la ricostruzione e da allora non sono andata più via. Prima di questo incarico, sono stata responsabile del gruppo di lavoro e ho partecipato alla codirezione del Centro di Documentazione sul Terremoto del 1976, dal quale poi nascerà il Museo grazie alla volontà dell’Associazione Comuni Terremotati e Sindaci della Ricostruzione del Friuli. “Tiere Motus” è un luogo  dedicato alla memoria storica, dove tutta l’esperienza del terremoto e degli anni successivi al sisma, trova qui la sua sede.”

“Tiere Motus” viene inaugurato nel 2009: Dopo anni di un lavoro molto intenso con un gruppo operativo molto qualificato con il quale abbiamo collaborato bene. E’ stato indubbiamente un grande lavoro e ha richiesto un grande sforzo, ma siamo stati molti soddisfatti del risultato”.

Un’altra Sala (foto per gentile concessione di “Tiere Motus”- Centro di Documetazione, Venzone)

Nella mostra fotografica: “Che ha richiesto due anni e mezzo per l’allestimento”, le immagini scelte “Tra migliaia e migliaia di foto,   sono corredate da didascalie non messe in evidenza, questo perché abbiamo deciso che sarebbero state le foto a parlare, foto che esprimono, pur nella loro drammaticità, il carattere e la determinazione della gente friulana”.

Il lavoro certosino svolto: Ci ha visti impegnati nel volere raccontare gli accadimenti del ’76 e della ricostruzione, facendo attenzione a non essere autoreferenziali e sforzandoci di essere, nella narrazione, il più obiettivi possibili. Abbiamo cercato un continuo confronto e condivisione, proprio per far emergere le diverse voci”.

 E così nel museo di Venzone, il terremoto: Come evento intimo di tutti quei friulani che hanno perso case e congiunti, è diventato un luogo della memoria, depositario di ricordi individuali, che necessariamente sono diventati collettivi. Abbiamo voluto far conoscere come il Friuli e la sua gente abbia saputo voltare pagina e raccogliere la sfida della ricostruzione”.

Nonostante l’immane distruzione causata dal sisma del 1976 : Che ha interessato ben 137 comuni, 45 disastrati nella cosiddetta area cratere, con 989 vittime”, le foto esposte testimoniano il grande desiderio di tornare alla normalità : “Tra le tante, c’è una immagine che riguarda la fabbrica di arredamento Fantoni, anch’essa, come moltissime, pesantemente danneggiata dal terremoto, e che ritrae un documento, datato luglio 1976, dove si invitano gli operai ad un brindisi per il primo mobile nato dopo il sisma. Questo è uno dei tantissimi esempi della  determinazione e della grande forza d’animo di persone che, dopo aver perso tutto, si sono ritrovate a ricominciare daccapo, impegnandosi e lottando. Aggiungo, che la ricostruzione è stato un periodo intenso ma anche duro, fatto di scontri e discussioni accese.”.

 Prima la forza, dunque, poi la partecipazione collettiva al grande processo di ricostruzione che è testimoniato sempre dalle foto esposte al museo, visitato anche da molti turisti stranieri, i quali :“Possono, così, vedere da vicino e comprendere  una delle pagine di storia recente del Friuli, fatta di macerie, distruzione, dolore ma anche di impegno, ordine, compiutezza”.

“Tiere Motus” non è solo un percorso espositivo, ma si compone anche di una sala molto particolare: La sala del simulatore  è nata ancora prima del museo. Ricostruire in realtà virtuale il crollo del Duomo di Venzone la notte del 6 maggio 1976 e gli effetti sonori del terremoto  ha richiesto circa 2 anni di lavoro. Il visitatore viene catapultato, nell’istante stesso in cui cade giù il duomo di Venzone, a quella notte. Il suono assordante delle migliaia di pietre che vengono giù, delle vetrate della chiesa che vanno in frantumi,   ha un grande impatto sui visitatori. Ma l’effetto sonoro più rilevante è dato dal terrificante boato che nasce dal cuore della terra, l’ “Orcolat” per i friulani, il terribile mostro. La sala di proiezione è dotata di un impianto di diffusione in grado di generare frequenze infrasoniche che fanno rivivere la spaventosa voce del terremoto. Una curiosità: la prima volta che lo mettemmo in funzione, tutti uscirono fuori spaventati, ecco perché il volume è tenuto  al minimo per non creare panico tra la gente di Venzone”.

La Sala Simulatore (foto per gentile concessione di “Tere Motus”, Centro di Documentazione, Venzone)

Ringrazio la Dottoressa Floriana Marino non solo per la disponibilità, ma anche per la grande capacità di raccontare un dolore così grande: “Non dimentichiamo che  quasi tutte le famiglie dei comuni disastrati hanno pianto la perdita di un proprio congiuntocon garbo, sensibilità per far capire come “Dietro la lucidità del disastro ci sia stata una forza così grande”.

Alessandra Fiorilli

 

 

“Gusti di Frontiera”: a Gorizia, dal 26 al 29 settembre, 413 espositori da tutto il mondo per gustare cibo e tradizioni dei Cinque Continenti.

 

Anche quest’anno Gorizia, nell’ultimo fine settimana di settembre, grazie a “Gusti di Frontiera”, si trasformerà in una vetrina internazionale, dove il cibo e le tradizioni gastronomiche di tutto il mondo accoglieranno i visitatori di una manifestazione che sta crescendo di anno in anno. Non una semplice “fiera”, ma un vero e proprio grande evento di respiro internazionale che taglia il traguardo, proprio quest’anno, della sua 16° edizione.

Uno scorcio del caratteristico borgo medievale di Gorizia e, sulla sinistra, il Castello su cui sventola la bandiera italiana(Foto di Lorenza Fiorilli)

413 gli stands che quest’anno attenderanno i visitatori da giovedì 26 settembre a domenica 29. Una festa di colori, un tripudio di odori, sapori, un’ occasione imperdibile per gustare specialità gastronomiche e per passare, senza aerei né  e treni, da una  nazione all’altra.

Uno stand dell’Europa Orientale, con le tipiche focacce lievitate cotte su piastra (foto di Lorenza Fiorilli)

La manifestazione “Gusti di Frontiera”,  nata 15 anni fa,  è maturata nella consapevolezza che, dopo la caduta della cortina di ferro,  Gorizia non era più solo l’estremo avamposto del blocco dell’Ovest contro quello dell’Est, ma una città nuova, come ci conferma Arianna Bellan, Assessore dei Grandi Eventi, Lavoro e Urbanistica del capoluogo friulano: “Da un punto di vista geografico, Gorizia è ancora una città di confine, ma se per decenni questo ha rappresentato un momento di divisione, oggi si sta cercando di trasformarlo in un’occasione di crescita e di modello di cooperazione europea. Anche una manifestazione come questa, che mette al centro le cucine di tutto il mondo, valorizzando contestualmente quella locale, va in questa direzione”.  

Uno scorcio del Borgo dedicato ai Paesi anglosassoni: in foto uno storico bus rosso inglese (foto di Lorenza Fiorilli)

Nei primi anni “Gusti di Frontiera”, una kermesse il cui motto è “Il Mondo in Tavola”, riuniva nelle vie centrali soltanto: “Espositori provenienti dall’ Italia, dalla Slovenia, dall’ Austria, dall’Ungheria. Poi l’interesse è cresciuto moltissimo e sono pervenute richieste anche da altri Paesi, ciascuno dei quali ha portato a Gorizia proprie specialità gastronomiche che fanno parte integrante della cultura delle singoli nazioni”.

Il Borgo dell’America Latina e il tipico cibo messicano (foto di Lorenza Fiorilli)

Il 2018 è stato un anno importante, una pietra miliare per “Gusti di Frontiera”, in quanto davvero erano presenti, con i propri stands, tutti i Cinque Continenti . Ogni anno, quest’evento così importante per Gorizia, regala ai suoi visitatori una novità, come ci svela l’Assessore Bellan: “Nel  2018 è stata l’Australia, quest’anno sarà l’Africa”.

Lo stand dove gustare l’originale yogurt greco (foto di Lorenza Fiorilli)

L’interesse crescente verso questa manifestazione di respiro internazionale, non si è avuta solo tra “gli addetti ai lavori”, ma anche e soprattutto tra i visitatori che, di anno in anno, affollano sempre più numerosi le vie centrali e le piazze di Gorizia, come ci conferma, numeri alla mano, l’Assessore Bellan:” Lo scorso anno si stima ci siano stati 800000 partecipanti da giovedì, giorno di apertura degli stand, sino alla domenica. Una crescita importante, considerando che, ad esempio, nel 2012 sono accorse a Gorizia 200000 persone”.

Un evento come  “Gusti di Frontiera”, significa non solo una scrupolosa analisi preventiva degli spazi da assegnare alle centinaia e centinaia di espositori, ma anche una valutazione successiva, quando gli stand vengono smontati: “ I sopralluoghi iniziano dal mattino successivo, insieme a tutti gli addetti e al personale coinvolto nella manifestazione. Sono del parere che si lavora meglio quando lo si fa a mente fresca”, dice l’Assessore Bellan.

Un pò di Olanda… (foto di Lorenza Fiorilli)

Un grande sforzo organizzativo che inizia già dal mese di gennaio: “E’ proprio dalle prime settimane del nuovo anno che si comincia a pensare all’edizione successiva”.

Accurata e scrupolosa l’organizzazione della sicurezza: “Che coinvolge non solo le Forze dell’Ordine, ma anche l’Associazione Carabinieri in congedo, la Protezione Civile. Vogliamo offrire la massima serenità alle centinaia di migliaia di persone che accorrono in città nei quattro giorni di Gusti di Frontiera”.

Focacce dell’Europa Orientale da riempire con i tipici grandi hamburger e salse tipiche (foto di Lorenza Fiorilli)

E così Gorizia, durante questa manifestazione, diventa davvero la capitale mondiale del gusto, non solo perché ci sono stands dai cinque continenti, ma  perché arrivano :” Corriere su corriere da tutta Italia e moltissimi da ogni angolo della terra, grazie alla possibilità di raggiungere Gorizia da Trieste, dove c’è l’Aeroporto Ronchi dei Legionari”. Chi preferisce il treno, invece, ci sono collegamenti con i treni Alta Velocità  che raggiungono le vicine città di Udine e Trieste.

il Kurtoskalacs, tipico dolce ungherese dalla tipica forma a cono, cotto su uno spiedo cilindrico  che viene fatto girare sul fuoco. (Foto di Lorenza Fiorilli)

La città di Gorizia, dominata dall’alto dal suo bellissimo castello, (la cui visita, così come quella ai Musei della città, è gratuita durante Gusti di Frontiera) in occasione del grande evento internazionale, è divisa in tanti “Borghi”, ciascuno dei quali ospita gli stands relativi ai Paesi: avremo così il Borgo Francia “Con tante luci sugli alberi”, il Borgo dei Paesi  latini, con la loro paella e la sangria, il Borgo Orientale fino a coprire, così, l’intero globo terrestre.

Non mancherà, anche quest’anno, durante i quattro giorni dell’evento, il “Salotto del Gusto”, con ospiti e talk show sulle mille sfaccettature del cibo.

Alessandra Fiorilli

 

 

Il fascino discreto di Udine, perfettamente immersa tra  tradizioni friulane e architetture venete

Udine è il suo castello, che sorge su un colle dal quale si vedono i tetti della città e, in lontananza, le Alpi.

Udine  è Piazza Libertà, che sembra abbracciarti con la Loggia del Lionello, di spiccato gusto veneto.

Udine è la sua gente, dal cuore gentile.

Udine è anche “frico”, il piatto tradizionale friulano a base di patate e formaggio, accompagnato spesso da un’ottima polenta.

Udine è lo stupore che ti fa suo, quando cammini per le vie centrali e ti fermi ad ammirarne i palazzi.

Udine è sorpresa.

Udine è la città che non ti aspetti, perché se capiti in Friuli Venezia Giulia, la prima cosa che pensi di andare a visitare è la pure straordinaria e mitteleuropea Trieste, con le sue piazze e il Castello Miramare.

Invece Udine è lì, non ti dice “Vienimi a trovare” perché è pudica ed orgogliosa allo stesso tempo, eppure se la vai a visitare lei ti prende subito e la ricorderai per sempre.

Piazza Libertà ne è il cuore, non solo sotto il profilo toponomastico, ma anche per le ricchezze che lì si affacciano, primo tra tutte l’Arco Bollani, sul quale spicca il Leone di San Marco. Il legame che Udine ha con il confinante Veneto è molto forte da un punto di vista architettonico, non è un caso che lo stesso Arco sia frutto del grande estro creativo di Andrea Palladio, il quale ha realizzato le famose ville attorno  Vicenza.

L’Arco Bollani, dal quale si accede alla salita verso il Castello (Foto di Lorenza Fiorilli)

Superato l’Arco Bollani ci si incammina per la salita che, costeggiata dalla loggia del Lippomano,  conduce al Castello, posto sul punto più alto della città. Ma prima di arrivare allo spiazzale e di passare sotto un altro arco, l’Arco Grimani, si può ammirare la chiesa di Santa Maria di Castello, la più antica di Udine,  e il suo campanile alto 43 metri,  sul quale spicca l’Arcangelo Gabriele, in rame dorato, il quale non solo ha il compito di proteggere la città, ma anche di indicare  la direzione dei venti. 

Il Campanile della chiesa di Santa Maria di Castello, con l’Arcangelo Gabriele che svetta dall’alto dei 43 metri (foto di Lorenza Fiorilli)

La Loggia del Lippomano che costeggia la salita verso il Castello (Foto di Lorenza Fiorilli)

Un altro particolare della salita che conduce al castello (foto di Lorenza Fiorilli)

Tra i Musei Civici  ospitati proprio all’interno del Castello, spicca l’interessantissimo Museo del Risorgimento ma, nel corso dell’anno, sono allestite anche mostre temporanee.

Il castello che si intravede lungo la salita (foto di Lorenza Fiorilli)

Nonostante il nome ufficiale sia, appunto,  “Castello di Udine”,  l’edificio ha più le fattezze di un palazzo che quelle di una costruzione di difesa ed anche qui risiede il suo fascino particolare, che lo si assapora e lo si gusta durante la visita, terminata la quale, si  viene ammaliati dal panorama che si gode da lassù, dove sono ben visibili le Alpi.

La Casa della Contadinanza e, sullo sfondo, le Alpi (foto di Lorenza Fiorilli)

Sul prato posteriore al Castello, spicca la Casa della Contadinanza, che prende il nome proprio dal fatto che fu sede dell’assemblea dei contadini friulani i quali volevano tutelare, nel XVI secolo, i loro interessi di classe lavoratrice.

Una volta percorsa la strada in senso contrario, si può ammirare, alla sinistra dell’Arco Bollani, la Loggia di San Giovanni con la torre dell’Orologio e i due Mori, anche questi di spiccato gusto veneziano.

La Loggia San Giovanni e, in lontananza, il campanile del Duomo di Udine ( foto di Lorenza Fiorilli)

La torre del’Orologio con i due mori (foto di Lorenza Fiorilli)

Volgendo le spalle alla Loggia, eccone un’altra, la più famosa, quella vista tante volte quando sui libri di geografia delle elementari quando  si studiava Udine: la Loggia del Lionello.

La Loggia del Lionello (foto di Lorenza Fiorilli)

 

La sua facciata, in marmo rosa e bianco, il suo porticato, con il suo gioco di luci ed ombre ti avvolge, così come la bellezza della pavimentazione a scacchiera.

E quando ti addentri per le vie e le piazze di Udine capisci che il suo fascino discreto ti ha conquistato…ormai per sempre.

Uno scorcio del centro storico di Udine (foto di Lorenza Fiorilli)

Un altro scorcio (foto di Lorenza Fiorilli)

Alessandra Fiorilli

 

Venzone: il simbolo di una rinascita, della forza, della collaborazione cittadino- istituzioni

 

Corre l’anno 1976: sono le 21 di giovedì 6 maggio.

La terra trema: una prima scossa pari al grado 6,5 della Scala Richter sconquassa il Friuli Venezia Giulia.

Dalle televisioni giungono immagini di devastazioni, distruzioni, strade squartate a metà, case  sbriciolate e delle quali non rimangono che macerie e ricordi sepolti.

Occhi gonfi di lacrime, mamme piegate a metà dal dolore, uomini impolverati che si danno da fare per tornare alla vita, o a quella che resta.

Da tutta Italia giungono aiuti e in molti si chiedono cosa ne sarà di Gemona, Osoppo, Venzone e degli altri centinaia di centri devastati dal sisma.

Invece, proprio da questi luoghi arriverà una grande lezione di buona amministrazione e di una volontà ferrea che farà di questi paesi, specie di Venzone, il simbolo di una ricostruzione che non conoscerà lentezze burocratiche, né intoppi, né freni.

2100 abitanti circa, Venzone, in provincia di Udine, sorge a 230 metri d’altitudine, tra due valli che lì vi confluiscono.

Il cartello di benvenuto a Venzone (foto di Lorenza Fiorilli)

Conosciuto sin dall’epoca dei Celti e divenuto con i Romani un punto strategico per i commerci, nel XIII secolo il centro storico viene munito di una doppia fila di mura attorno alle quali corre un sentiero di impronta celtica.

Il camminamento intorno alle Mura (foto di Lorenza Fiorilli)

L’ingresso del Duomo  (foto di Lorenza Fiorilli)

Particolare del Duomo (foto di Lorenza Fiorilli)

Il campanile

Il Duomo di Sant’Andrea Apostolo (foto di Lorenza Fiorilli)

La piazza dove si affaccia il Palazzo Comunale (foto di Lorenza Fiorilli)

Bifore del Palazzo Comunale (foto di Lorenza Fiorilli)

 

Nel 1965 Venzone è dichiarato “Monumento nazionale di grande interesse storico ed artistico” ma quando arriva il terremoto del 1976 tutto cade giù, si sbriciola, si disgregano vite e case, chiese e strade.

Ma i friulani vogliono che Venzone sia ricostruito “Dov’era e com’era”: seguiranno anni di sacrifici, abnegazione, e una proficua e strettissima collaborazione tra gli abitanti e le amministrazioni pubbliche.

Ce la fanno.

Venzone rinasce…rinasce con le sue case, le sue strade, la sua chiesa, della quale, dopo il terremoto, si riescono a salvare 9000 pezzi che verranno poi usati per la ricostruzione fedele, il più possibile, al pre-sisma.

Visitare Venzone è un’esperienza che ti accompagnerà per sempre, anche dopo aver lasciato alle spalle il cartello che dice:” Benvenuti a Venzone”.

Tra il Duomo e Via Albero Del Colle,  c’è una piccola area giochi perfettamente tenuta, pulita ed ordinata, proseguendo lungo Via Glizoio Di Mels si giunge al Palazzo Comunale e proseguendo per Via Mistruzzi si può visitare, presso il Palazzo Orgnani-Martina una mostra permanente sul terremoto del 1976, con video, filmati originali, foto d’epoca, a testimonianza che più forte della morte, della distruzione e della disperazione, fu la volontà di rinascita.

Un particolare dell’area giochi (foto di Lorenza Fiorilli)

Il Palazzo Comunale (foto di Lorenza Fiorilli)

Il porticato  sotto il  Palazzo Comunale (foto di Lorenza Fiorilli)

Porta  San Genesio (foto di Lorenza Fiorilli)

Mura di cinta (foto di Lorenza Fiorilli)

Una rinascita che è sotto gli occhi di tutti e che si chiama Venzone, dichiarata nel 1991 dalla Comunità Europea “Villaggio ideale dove vivere”  e che nel 2017 è stato incoronato il “Borgo più bello d’Italia” dalla trasmissione trasmessa dai Rai 3 “Alle falde del Kilimangiaro”.

Alessandra Fiorilli