Rimangono così per dei minuti, io non oso dire niente mi limito a guardarmi intorno per salutare, nell’anima, uno per uno, tutti gli oggetti che mi hanno fatto compagnia in queste due settimane.
Arrivederci vecchio macinacaffè dalla manovella rotta, caro paiolo di rame, carissimo camino, compagno di tante serate.
Non sono triste perché sono certa che non è un addio ma è solo un arrivederci.
Abbraccio anch’io la nonna ed esco da casa con mio padre che non si gira neanche una volta lungo il viale che ci conduce alla strada dove ci sta aspettando il taxi.
Io invece mi giro verso il casolare e posso scorgere la nonna che, intanto, alitando sul vetro della finestra, ha scritto queste parole: “E’ giusto che sia così”.
Non è passato neanche un anno da quando, invece, aveva scritto sul vetro:
“Non è giusto”.
Oggi, dopo che papà è riuscito dopo tanti anni a esprimere alla nonna tutto il suo profondo amore, ha capito che le cose stanno andando com’è giusto che vadano.
E così noi tre a Chicago, e la nonna in questo casolare, in attesa, però, che lei riesca a vincere la paura del volo e ci venga a trovare nella città del vento.
Salgo sul taxi e senza farmi vedere da papà, alito sul vetro, poi, però, non scrivo più nulla, allora penso di essere cresciuta, finalmente.
Basta messaggi sul vetro, sono grande ormai, e quando sentirò la necessità di dire qualcosa la dirò e non lo affiderò a un vetro appannato.
Il taxi parte e dietro di noi il casolare della nonna diventa sempre più piccolo, sino a scomparire del tutto.