Con il freddo che fa, la torta non impiegherà poi tanto tempo a raffreddarsi, ma, intanto, ogni due minuti chiedo alla nonna se posso mangiarla.
“Se sei così impaziente, tra qualche istante te ne taglierò una bella fetta così potrai farci colazione”, mi dice la nonna.
Ah, la colazione!
Quanto mi manca quel momento iniziale della giornata che fa da cornice a un nuovo giorno che è impaziente di iniziare, proprio come lo sono io nel voler mangiare la torta di mele della nonna.
Quando vivevo con lei in questo casolare di collina, la facevamo sempre assieme, anzi, lei per non scontentarmi faceva colazione due volte.
La prima, quando si alzava e beveva il suo caffè appena macinato, la seconda con me, davanti ad una bella tazza di latte caldo accompagnato da una fetta di ciambellone o di crostata.
A Chicago è molto raro che io possa fare colazione con i miei genitori, loro escono sempre prima di me e a me tocca stare in cucina con la donna che la mamma ha assunto nel ruolo della “tuttofare”: si occupa delle pulizie di casa, della spesa, di prepararmi la colazione.
Questa signora ha i capelli corti rossi, il volto pieno, un po’ di pancetta e le gambe troppo magre per la sua stazza.
Mi osserva sempre quando faccio colazione con il latte e i cereali che odio.
Una volta le ho detto che avrei tanto voluto mangiare, di primo mattino, una bella fetta di torta e lei, proprio il giorno successivo alla mia richiesta, si è presentata con un involucro trasparente dal quale ha tirato fuori una specie di ciambella gigante con sopra dello zucchero sciolto e dei pezzettini di una cioccolata insipida.
Ho apprezzato il suo tentativo di soddisfare la mia richiesta ma poi…poi ho deciso di mangiare i cereali…tanto nessuno mi avrebbe più potuto regalare le torte della nonna.
Che poi, a pensarci bene, non erano tanto la torta di mele o la crostata di albicocche a mancarmi, quanto la nonna e l’amore che metteva tra gli ingredienti che impastava con tanta maestria.