“Per infarto del miocardio s’intende la morte cellulare causata da un restringimento delle coronarie che portano il sangue al cuore. Tale restringimento è legato a problematiche dell’aterosclerosi, una patologia cronica, che dà manifestazione acuta proprio durante l’evento infartuale. Nell’aterosclerosi il trombo è un aggregato di piastrine che forma una sorta di “tappo“, il quale, appunto, va ad occludere completamente, o in parte, le coronarie”.
A parlare è uno dei massimi esperti in campo internazionale, il Professor Paolo Calabrò, direttore della UOC di Cardiologia Clinica a Direzione Universitaria e direttore del Dipartimento Cardio-vascolare dell’A.O.R.N Sant’Anna e San Sebastiano a Caserta, Professore Ordinario della Cattedra di Cardiologia, presso il Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”.
Causa principale dell’insorgere del infarto, sono gli elevati livelli di colesterolo nel sangue: “Oltre il 60% dei pazienti con infarto del miocardio, presentano livelli elevati di colesterolo, ecco perché è quanto mai importante tenerlo sotto controllo” come il Professor Calabrò ha esaurientemente illustrato in una precedente intervista pubblicata sulla rivista online EmozionAmici., il 12 Febbraio scorso e che potete leggere al seguente link : https://www.emozionamici.it/2020/02/12/ipercolesterolemia-familiare-dislipidemie-e-sindrome-metabolica-ne-parliamo-con-uno-dei-maggiori-esperti-internazionali-il-professor-paolo-calabro/
“La restante parte dei soggetti che annualmente va incontro ad un infarto, non presenta elevati livelli di colesterolo anche se, l’evento legato all’infarto del miocardio, è indicativo che qualcosa, ovviamente, non va”
I sintomi più frequenti dell’infarto sono: “Dolore al torace, dispnea e astenia. Questa è la sintomatologia classica legata all’insorgenza improvvisa dell’infarto, anche se il soggetto diabetico e l’anziano, ad esempio, possono presentare un quadro atipico della manifestazione: si parla, infatti, di infarto silente che si verifica abbastanza di frequente. Ma anche in questo caso, il danno al cuore si riscontra comunque”
Dopo l’insorgenza dell’episodio infartuale: “Il paziente può riportare un danno minimo o un danno esteso al muscolo cardiaco, e nei casi più gravi, ne può conseguire un’insufficienza (o scompenso) cardiaco.”.
Coloro che dopo un infarto riscontrano danni più pesanti, di solito sono pazienti: “Con uno stile di vita errato, che fanno scarsa attività fisica, fumano, abusano di sostanze alcoliche, e non assumono correttamente la terapia che viene prescritta loro ”.
Oltre a tenere sotto controllo i livelli di colesterolo nel sangue, dopo i 40 anni d’età, è consigliabile anche sottoporsi annualmente ad un elettrocardiogramma, nell’ambito di una prevenzione che può aiutare particolarmente coloro che presentano un rischio elevato di andare incontro ad un infarto del miocardio: “L’elettrocardiogramma non salva la vita, certo, ma è comunque necessario effettuarlo”.
E dopo un infarto cosa deve fare il paziente? “Da un punto di vista alimentare, potrà assumere tutti gli alimenti, ma in quantità moderata e poi dovrà seguire, nel periodo che segue alla dimissione ospedaliera, una riabilitazione, necessaria sia per i giovani che per i meno giovani. Tali sedute di riabilitazione cardiovascolare possono essere messe a punto già nella stessa struttura, dove è avvenuto il ricovero, come avviene presso il Dipartimento Cardio-Vascolare che ho l’onore di dirigere all’interno dell’AORN Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta”.
Il paziente già colpito da un infarto ha spesso il timore di dover affrontare un secondo episodio: “Questa eventualità dipende dal soggetto, dalla sua aderenza a terapie e controlli che gli verranno prescritti e dalla sua attenzione ai fattori di rischio di cui abbiamo già parlato”.
E’ importante conoscere il proprio fisico e prestare attenzione ai segnali che esso ci manda, perché una presentazione tardiva al Pronto Soccorso può comportare conseguenze gravissime, come: “Il crepacuore, ovvero la rottura del cuore, che rientra tra le complicanze meccaniche più gravi dell’infarto, ma che oggi, per fortuna, risulta essere relativamente rara“.
Purtroppo di presentazioni tardive al Pronto Soccorso se ne sono registrate moltissime durante il periodo del lockdown, causato dall’emergenza sanitaria COVID-19: “I pazienti si sono tenuti l’”infarto addosso”, come si dice in gergo, e lo stesso infarto ha avuto, dunque, tutto il tempo di danneggiare il cuore. Nelle prime settimane del lockdown non solo i pazienti che avrebbero dovuto eseguire i controlli di ruotine non si sono presentati, ma, cosa ancora più grave, come abbiamo detto, le persone con sintomi legati all’infarto, hanno scelto di rimanere a casa, dove, purtroppo, sono morti di crepacuore per la mancata presentazione al Pronto Soccorso. Attualmente, dunque, nelle strutture ospedaliere si sta registrando un super lavoro, ma anche un aumento dei casi di aritmie dovute al fatto che in moltissimi si sono tenuti lontani dagli ospedali durante l’emergenza sanitaria”.
Alessandra Fiorilli