Ci fu un tempo in cui ci si sentiva pervasi da una gioia vera, profonda, sincera, quando il calendario avvisava che, di lì a poco, sarebbe arrivata una festività.
Sembra essere tutto così lontano…lontano nel tempo ma vicino nel cuore, perché ciascuno di noi avrà sentito raccontare dai propri nonni o bisnonni storie di famiglie che cullavano nell’animo l’attesa di una vigilia da vivere con il cuore colmo di gioia.
Tra poco sarà Pasqua e ho deciso, così, di dedicare alcuni reportage sulle tradizioni regionali di questo periodo dell’anno. Oggi partiamo dalla Campania.
Lo faremo grazie ai racconti di Maria Umili, una signora casertana che ci racconterà quello che accadeva nelle case tanti anni fa, quando l’attesa della festa rappresentava un grande momento di convivialità da serbare, una volta passata la festa, per sempre nell’animo.
Maria ha tutto stampato nella mente, ma soprattutto nel cuore, dove albergano i ricordi più cari e, al tempo stesso, è una donna che onora, così come le sue sorelle, ancora le antiche tradizioni, preparando Casatiello e Pastiera seguendo il ricettario familiare.
“Tanti anni fa , le famiglie si riunivano nelle casa dove c’era il forno a legna che veniva acceso e del quale si monitorava il momento per mettervi gli impasti preparati, gettando qualche goccia d’acqua nella bocca del forno stesso, per vedere se era arrivato alla giusta temperatura”.
Attraverso le parole di Maria sembra di vederle queste grandi famiglie di una volta, quando, il Giovedì Santo si riunivano e cominciavano ad impastare: “Casatielli dolci e salati, pizza chiena e pastiere”-racconta Maria, la quale aggiunge -“Sulle torte rustiche ciascuna donna incideva un segno per riconoscerle dalle altre, una volta sfornate. Il Casatiello, che qualcuno preferisce preparare nella sue versione meno ricca di ingredienti, quella delle “pepe e ‘nzogna” (pepe e sugna n.d,r) custodisce al suo interno salumi e formaggi e la sua forma è quella di una ciambella che richiama la corona di Cristo. In superficie vengono incastonate delle uova intere, racchiuse tra due striscioline di pasta che vanno a formare tra loro una croce”.
Simbologia cristiana unita ad antiche tradizioni: ecco il significato di una delle torte rustiche più famose del periodi pasquale in terra campana.
“Il Casatiello aprirà le danze del Pranzo di Pasqua ma se si vuole mangiarlo caldo, appena sformato, si verrà inebriati da una cascata di sapori. L’uso della sugna , in questa torta rustica, era giustificato dal fatto che non solo lo si gustava a Pasqua, ma era l’alimento “principe” anche della scampagnata del Lunedì in Albis, la Pasquetta, quindi, la sugna permetteva di mantenerlo morbido per molti giorni”.
Altra torta rustica caratteristica della Campania è: “ ‘A pizz chien, al cui interno, fatto di pasta sfoglia, vi si versa la ricotta arricchita di uova, scamorza e salsiccia. Il tutto viene poi ricoperto da altra pasta sfoglia”.
Dopo ore trascorse in cucina, ecco giungere la Pasqua: è l’ora di pranzo e tutti attendono la prelibata sfilata delle portate: “Si inizia con la Fellata (dal nome fella che nel dialetto campano significa fetta, n.d.r), trionfo di affettati, formaggi e mozzarella, seguita dall’immancabile Casatiello. Anche se oggi si prepara, come prima portata la lasagna, un tempo in tavola arrivava la “Minestra Maritata” connubio di verdure di campo, tra i quali spiccava la cicoria, e di tagli di scarto della carne. Il dolce pasquale per eccellenza, è invece sempre lei: la Pastiera, trionfo di ricotta, grano, fiori d’arancio e canditi”.
La Pastiera non è un semplice dolce, la Pastiera è tradizione, è leggenda, non a caso si narra che la Sirena Partenope, che aveva scelto come sua dimora proprio il golfo di Napoli, a primavera usciva dalle acque per salutare gli abitanti della costa. E loro, per ringraziarla di tanta devozione, un giorno le donarono la farina, la ricotta, le uova, il grano bollito nel latte, l’acqua di fiori di arancio, le spezie e lo zucchero, dolce come il suo canto. Partenope portò, poi, questi ingredienti agli dei che, mescolandoli insieme, diedero vita alla Pastiera.
Tipico della tradizione campana è anche la versione dolce del casatiello, conosciuto come: “Pigna di Tarallo, un gustoso impasto di uova e zucchero il tutto ricoperto da un glassa decorata con tanti confettini”
E dopo Pasqua, il Lunedì in Albis ci si ritrovava a mare o in campagna “E le donne potevano finalmente riposarsi dopo tutte le ore trascorse in cucina, infatti il giorno di Pasquetta, ieri come oggi, era esente dall’uso dei fornelli ma si portava come pranzo, tra le altre cose, il Casatiello e la Pastiera” che di nuovo avrebbero regalato tutto il loro sapore, un sapore di antiche tradizioni strettamente legate alla simbologia della Resurrezione.
Alessandra Fiorilli