La tradizione è quell’anello che unisce due sponde egualmente importanti nella vita dell’uomo: il passato e il futuro. E così, ciò che è appartenuto agli avi diventa di nuovo nostro, nel presente, ed è pronto a tuffarsi nel futuro, laddove le nuove generazioni raccoglieranno il testimone fatto di sapori, emozioni, momenti di convivialità che si vivono, si assaporano, si ricordano.
E cos’è il Natale se non la massima espressione di condivisione e di tradizioni che strizzano l’occhiolino e che ci chiamano, ci ammaliano, ci rapiscono?
L’articolo di oggi apre una serie di storie legate alle tradizioni natalizie italiane: iniziamo con quella napoletana, fatta di un pranzo del 24 “di magro”, dove la pizza di scarola è la protagonista, pronta, poi, a passare il testimone ai dolci il cui nome fa subito Natale: struffoli, roccocò e mostaccioli.
Ma iniziamo dalla prelibata pizza di scarola che affonda le sue radici in centinaia e centinaia di anni fa, quando le donne di Napoli, per il pranzo della Vigilia, impastavano gli ingredienti della classica pizza con friarielli (che verranno poi abbandonati) e scarola, le due verdure più diffuse sulle tavole dei napoletani. Il cenone che sarebbe arrivato in tavolo la sera richiedeva stomaci sgombri da ogni prelibatezza e così all’ora di pranzo, le famiglie erano solite mangiare la pizza di scarola arricchita da uvetta passa, pinoli, olive, capperi, e anni dopo, anche con acciughe sotto sale debitamente diliscate.
E così il classico piatto povero per eccellenza, ovvero la verdura condita accompagnata dal pane, si era trasformata in una pizza alta, soffice, umida e morbida che solo chi l’ha gustata almeno una volta ne conosce l’inconfondibile sapore.
Ma Natale è anche e soprattutto dolci…dolci che non sono solo da gustare ma da ammirare, quasi fossero opere d’arte le quali nascono, ancora oggi, non solo in tutte le pasticcerie, ma anche e soprattutto nelle case dove le mamme non hanno mai relegato in un angolo le tradizioni della propria famiglia, ma la continuano a portare avanti, con gioia e pienezza d’animo.
Proprio come le sorelle Maria, Rita e Rosa le quali, in prossimità delle feste natalizie, inondano le proprie case di odori e sapori che non sanno solo di zucchero, miele, cioccolato ma di tradizioni, di desiderio di voler continuare a fare ciò che la madre e le nonne erano solite fare per loro.
Immancabile ad arrivare sulle loro tavole, la pizza di scarola :” Che dava la possibilità alle donne, di impiegare tutto la giornata del 24 nella preparazione del cenone”, come dichiara Maria.
Ma l’aria si riempie di buonissimi odori molti giorni prima di Natale, con quei dolci che:” Vengono preparati con largo anticipo in quanto, essendo secchi e senza creme al loro interno, si conservano senza problemi”.
E quando si parla di dolci natalizi, immancabile sulle tavole, il re: gli struffoli : “Palline di pasta con farina uova, zucchero che vengono fritte e poi, una volta raffreddate, colate di miele e decorate con confettini colorati”.
La tradizione vuole che il nome struffoli derivi dal greco, ma non si esclude un legame anche con la lingua e la tradizione spagnola che ha tra i suoi dolci la pinonate, che molto ricorda i nostri struffoli.
Francese sembra invece essere l’origine del nome roccocò, altro famosissimo dolce natalizio campano: “Un impasto di farina, zucchero, mandorle o nocciole e pisto, ovvero un mix di spezie”.
Delizia per il palato e “uno tira l’altro” i mostaccioli, rombi di pasta morbida con la variante al rum e cosparsi di glassa al cioccolato.
E così, quando arriva Natale, con lui giungono da un remoto passato anche quegli antichi gesti, sapori, odori, sapori che ci prendono ancora per mano, accompagnandoci verso il futuro.
Alessandra Fiorilli